La pagina web di Roberto Zanetti | ||||||||||||||||||||||||
Noi la pensiamo cos� ........................... | ||||||||||||||||||||||||
Votiamo oggi in condizioni diverse, dopo che il nostro sforzo per portare il Paese fuori dal malgoverno � stato reso vano da chi doveva sostenerlo: non vi propongo cose diverse. Nei tre mesi in cui il Polo ha avuto la maggioranza avevamo preso iniziative per il rilancio dell'economia, la lotta contro l'inflazione, l'uscita dalla giungla fiscale, l'occupazione giovanile. E avevamo posto il problema di come assicurare una pensione sicura a tutti coloro che ne hanno diritto. Tutto � tornato come prima, sono tornati gli uomini e i poteri di prima. Ora il Polo viene a voi con le stesse speranze che avete sostenuto, ma con la certezza che, se ci darete la maggioranza, nessun ribaltone sar� pi� possibile. Siamo una unit� politica. Nel '94 eravamo solo una convergenza elettorale. Ora conosciamo bene la potente coalizione di interessi economici, burocratici, politici e sindacali che si muove contro chi pu� contare solo sul voto e sul consenso. E sappiamo che imporre la tutela e la garanzia della libert� di tutti come criterio di buon governo, invece che l'interesse delle corporazioni, sar� compito difficile che chieder� un sostegno ancora maggiore. Noi vi offriamo questo contratto per l'Italia: il nostro programma. La nostra speranza � che in esso vi possiate riconoscere come uomini liberi che intendono rimanere tali. Ci poniamo di ricondurre la qualit� e i limiti della amministrazione pubblica a livello degli altri Paesi occidentali, in modo che sia possibile, anche agli italiani, vivere in un Paese dove lo Stato sia il riferimento certo per la loro sicurezza e la tutela delle loro libert�, non espropriatore di esse. Vogliamo ridare agli italiani il senso della patria, del bene comune, della appartenenza ad una famiglia solidale, aperta a feconde relazioni in Europa, nell'Occidente, nel mondo. Vogliamo dare potere alla libert� e togliere libert� al potere. SOMMARIO 1. ELEGGERE UN PRESIDENTE PER AVERE UN PROGRAMMA E UN GOVERNo DI 5 ANNI CHE REALIZZI LE RIFORME PER FAR FUNZIONARE LO STATO. ASSICURARE AI CITTADINI UN'AMMINISTRAZIONE PUBBLICA PI� EFFICIENTE E PI� AMICA. 1. Presidenzialismo, Federalismo 8 2. Referendum 13 3. Comuni, Province, Regioni 14 4. Voto agli italiani all'estero 18 5. Rappresentanza trasparente degli interessi 19 6. Consiglio Nazionale dellA Economia e del Lavoro (cnel) 20 7. Authorities 22 8. Conflitto di interessi 24 9. Modernizzazione dello Stato 25 10. Giustizia amministrativa 26 11. Pubblica Amministrazione 28 12. Pari opportunit� 31 13. Delegificazione e Testi Unici 33 2. CREARE NUOVI POSTI DI LAVORO, FAR NASCERE NUOVE IMPRESE E FAR CRESCERE LE IMPRESE GI� ESISTENTI. ASSICURARE UNA FORMAZIONE SCOLASTICA LIBERA, CHE PREPARI AL LAVORO. 14. Misure per favorire l'occupazione 36 15. Lavoro autonomo 38 16. Piccola e media impresa 40 17. Commercio e grande distribuzione 41 18. Artigianato 44 19. L'impresa agricola 46 20. Politica agricola 48 21. Professionisti 51 22. Lavori pubblici ed edilizia 53 23. Moda e design 56 24. Trasporto merci 57 25. Pesca 58 26. Turismo 60 27. Sistema dei media 62 28. Politica industriale 64 29. Scuola 66 30. Formazione professionale 70 31. Universit� 71 32. Ricerca 74 3. RIDURRE LE TASSE E RIDURRE LA SPESA PUBBLICA. RIDURRE L'INFLAZIONE PER RIDURRE IL COSTO DEL DENARO. VALORIZZARE LE RISORSE DEL MEZZOGIORNO, SVILUPPARE LE INFRASTRUTTURE NAZIONALI. 33. Tasse: semplificazione 80 34. Tasse: dal reddito ai consumi 82 35. Federalismo fiscale: vedo, pago, voto 83 36. Costituzione finanziaria e formazione del bilancio dello Stato 86 37. Banca d'Italia e Costituzione monetaria 88 38. Credito e mercati finanziari 89 39. Borsa 91 40. Aree depresse e zone di crisi 93 41. Mezzogiorno: formazione 94 42. Mezzogiorno: lavoro e incentivi fiscali per le imprese che lo creano 96 43. Mezzogiorno: legalit� 97 44. Mezzogiorno: infrastrutture 99 45. Privatizzazioni 101 46. Project financing 103 47. Grandi infrastrutture 105 48. Trasporti 107 49. Servizi di pubblica utilit� 109 50. Telecomunicazioni 111 4. DIFENDERE I CITTADINI NELLE CITTA', GARANTIRE UNA GIUSTIZIA PI� RAPIDA E PI� GIUSTA. PROMUOVERE UN MAGGIORE RISPETTO DELL'AMBIENTE E UNA MAGGIORE VALORIZZAZIONE DELLA CULTURA. 51. Sicurezza nelle citt� 116 52. Lotta alla criminalit� organizzata 118 53. Usura ed estorsione 121 54. Ordinamento giudiziario 122 55. Giustizia civile 125 56. Giustizia penale 127 57. Consiglio Superiore della Magistratura 129 58. Sistema penitenziario 130 59. Ambiente: la gestione dei rifiuti 132 60. Ambiente: il controllo dell'inquinamento 134 61. Ambiente: la gestione delle risorse idriche 136 62. Ambiente: l'energia 138 63. Ambiente: la gestione del territorio 140 64. Urbanistica 142 65. Protezione civile 144 66. Paesaggio come bene pubblico 146 67. Cultura e patrimonio artistico 147 68. Metropoli e citt� d'arte 150 69. Spettacolo 152 70. Sport 154 5. DARE SOLIDARIET�, SICUREZZA E AIUTO A CHI � MALATO, A CHI � ANZIANO, A CHI NE HA VERAMENTE BISOGNO. 71. Famiglia 160 72. Casa 161 73. Madri lavoratrici 163 74. Famiglie di carcerati 165 75. Portatori di handicap 166 76. Tutela dell'infanzia 168 77. Adozioni 170 78. Terzo settore e volontariato 172 79. Cooperazione, imprenditorialit� giovanile e impresa sociale 175 80. Anziani 176 81. Pensioni 178 82. Sanit�: riorganizza- zione dEL Sistema sani- tario Nazionale 181 83. Sanit�:medico di famiglia 183 84. Sanit�: emergenze 184 85. Sanit�: sistema farma- ceutico e farmacia 186 86. Sanit�: prevenzione e informazione 188 87. Sanit�: professioni sanitarie non mediche 190 88. Bioetica e donazione di organi 191 89. Aids 192 90. Droga 194 6. RILANCIARE IL RUOLO INTERNAZIONALE DELL'ITALIA PER VALORIZZARE IL LAVORO E LA CULTURA DEL NOSTRO PAESE. 91. Politica estera 198 92. Unione Europea 199 93. L'Italia al centro del Mediterraneo 203 94. Politica internazionale a sostegno delle imprese italiane 205 95. Forze armate e compiti internazionali di pace 206 96. OrganiZZAZIONI internazionali 209 97. Volontariato internazionale e cooperazione 210 98. Valorizzazione della cultura italiana nel mondo 212 99. Commercio estero 213 100. Immigrazione 215 ..CAPITOLO 1...... ELEGGERE UN PRESIDENTE PER AVERE UN PROGRAMMA E UN GOVERNO DI 5 ANNI CHE REALIZZI LE RIFORME PER FAR FUNZIONARE LO STATO. ASSICURARE AI CITTADINI UN'AMMINISTRAZIONE PUBBLICA PIU' EFFICIENTE E PIU' AMICA. Il Polo propone quello che tanti italiani si aspettano: un Presidente della Repubblica eletto direttamente dal popolo e che nomina un Governo capace di durare per cinque anni. Gli italiani chiedono la cosa pi� semplice, che tutti i Paesi europei hanno: un governo che non sia travolto dalla tempesta dei partiti e dei gruppi d'interesse. I partiti debbono essere uno strumento per la scelta dei cittadini, non i gestori del potere per conto proprio. Alla Camera dei Deputati sar� riservata la funzione legislativa e di controllo politico del Governo. Una seconda Camera delle Autonomie rappresenter� i vari tipi di governo locale. Il numero dei parlamentari sar� notevolmente ridotto. Il Polo ritiene che una Repubblica pi� forte possa convivere con autonomie locali pi� vigorose. I loro compiti, in una logica federalista, devono essere sostenuti da risorse finanziarie proprie con maggiori responsabilit� dirette e visibili verso i cittadini che amministrano. Il Polo chiede inoltre che il potere pubblico sia pi� efficace nel suo governo del Paese ma anche pi� controllato direttamente dai cittadini, per evitare scelte arbitrarie e non legittimate dal voto popolare. Sono quindici anni che in Italia si parla di riforme dello Stato. Qualcosa si � fatto, ma � poco. Il Polo pu� riuscire a farlo perch� � compatto nella sua logica presidenzialista e federalista, � aperto al dialogo e pronto a fare un accordo su questi temi con le altre forze, � pronto a ricorrere al popolo tramite un referendum per chiedere la conferma sulle proposte del Governo e del Parlamento. Il Polo vuole una Pubblica Amministrazione che tolga dal centro l'apparato politico burocratico e rimetta al primo posto le persone, le famiglie, le associazioni, e le imprese. La definizione delle leggi, delle normative, dei servizi in generale deve partire dai bisogni e dalle esigenze di questi soggetti e non dalle logiche e dagli interessi della classe politico burocratica. 1. Presidenzialismo, Federalismo ..IL.PROBLEMA...... Pi� di 50 governi, in meno di 50 anni, con la presenza in Parlamento di pi� di 25 partiti e partitini indipendenti: in queste abnormi quantit� sono praticamente racchiusi i due maggiori indicatori della crisi in cui versa tuttora la democrazia italiana, malgrado le speranze fiorite dopo il crollo della Prima Repubblica. Mentre i grandi Paesi industriali hanno "governi che governano", guidati da leader autorevoli sulla scena internazionale, l'Italia, pure con gli innegabili successi ottenuti, resta un "nano politico" che paga a duro prezzo questa sua inaccettabile inferiorit�. E' in questo scenario che si svolge il confronto tra chi, come il Polo per le Libert�, ha preso atto dei profondi mutamenti intervenuti anche sulla scena internazionale, e preme sull'acceleratore del mutamento, e chi, invece, come gli altri (con il loro ventaglio arlecchinesco di proposte contraddittorie), preme sul freno della conservazione. Bisogna quindi passare dall'attuale sistema centralizzato-parlamentare a un ordinamento federale-presidenziale. Questo non significa n� sopprimere, n� svalutare il Parlamento, ma anzi valorizzarne le funzioni proprie, facendolo diventare uno fra i pubblici poteri, ma non quello che decide tutto e da solo. Molto importante, a questo riguardo, sar� l'adozione di una chiara distinzione fra potere regolamentare, riservato agli organi di governo, e norma di legge, riservata ai corpi rappresentativi. E' prevista l'utilizzazione - nei rapporti fra esecutivo e legislativo - di alcuni istituti sperimentati in altre recenti costituzioni europee. Ci� di cui abbiamo bisogno � una Costituzione forte: sia alla base sia al vertice. Alla base ci sar� il trasferimento della maggior parte delle competenze di governo alle Regioni, opportunamente raggruppate secondo il modello gi� previsto nell'ambito della Commissione bicamerale nella XI legislatura (principi del federalismo solidale e competitivo, nell'ambito di una moderna economia di mercato). Tra le forze politiche si � gi� manifestato un largo consenso per il modello semi-presidenziale francese, ma questa soluzione deve essere opportunamente razionalizzata. Si propone che al vertice della Repubblica - cio� alla autorit� federale, guidata da un Presidente eletto da tutti i cittadini - spetti comunque la competenza primaria nella politica estera, nella difesa, nella politica monetaria e nell'amministrazione della giustizia. A livello federale, si proporranno inoltre le iniziative finanziarie per consentire il pieno sviluppo delle Regioni pi� disagiate (principio di solidariet�) e verranno disposte, d'intesa con le amministrazioni locali, le leggi-quadro destinate a coordinare l'attivit� di normazione e di governo riconosciuta ai corpi periferici. Il sistema bicamerale cosiddetto "perfetto" � ormai obsoleto. Verr� superato, facendo in modo che la struttura federale si inserisca pienamente anche nelle istituzioni rappresentative, e che la funzione legislativa diventi rapida e produttrice di certezze, soprattutto nella prospettiva di una piena integrazione con l'attivit� legislativa degli organi europei a ci� deputati. In linea generale si tender� poi a ridurre la consistenza numerica della classe politica e degli apparati burocratici, favorendo la competizione e quindi il ricambio di soggetti. .. LE PROPOSTE...... 1. Presidenzialismo Elezione diretta, a suffragio universale, del capo dello Stato con compiti di indirizzo politico e di supremo garante del buon funzionamento degli organi costituzionali. Il Presidente della Repubblica nomina il Capo del Governo e, su proposta di questi, nomina e revoca i vari ministri, ha facolt� di presiedere il Consiglio dei Ministri e sentito il Presidente del Consiglio e delle Camere di procedere allo scioglimento delle assemblee parlamentari, salvo nell'anno in cui sono state elette. 2. Federalismo 2.1 Al rafforzamento dell'Esecutivo centrale, da conseguire mediante la riforma in senso presidenzialista, dovr� corrispondere un ampio decentramento dei poteri, fino a trasformare la nostra forma di Stato in senso federalistico, con soluzioni che non mettano peraltro in discussione l'unit� e l'indivisibilit� della Repubblica. 2.2 Principali obiettivi di questa trasformazione dovranno essere quelli di una radicale ristrutturazione dei livelli di Governo, per cui le competenze saranno distribuite secondo il principio di sussidiariet�, in base al quale le decisioni vanno sempre assunte dall'organo decisionale pi� vicino al cittadino, salvo i casi di impossibilit� per i quali si debba ricorrere al livello superiore. In questa prospettiva dovranno essere valorizzati il nuovo ruolo europeo delle Regioni, nonch� gli attuali statuti speciali di autonomia, promuovendo - ovunque necessario - l'effettiva parit� delle varie componenti linguistiche, per mezzo di opportune misure di riequilibro volte a favorire la reciproca cooperazione fra i gruppi etnici e sociali. 2.3 La prospettiva di una riorganizzazione federalista della forma di Stato assume connotati di un processo di progressiva maturazione delle istituzioni dell'autogoverno, attraverso modalit� competitive e cooperative. Competitive, fra Regioni e loro aggregazioni create nel rispetto dei principi di autonomia, cos� da stimolare al massimo, mediante leggi che consentano libert� di scelta, uno spirito di emulazione e innovazione nell'amministrazione della cosa pubblica, che siano altres� in grado di valorizzare le varie tradizioni e le rispettive risorse locali. Cooperative in quanto le istituzioni del nuovo sistema dovranno essere capaci di rimuovere progressivamente, in un'ottica di profonda solidariet� nazionale, i molteplici fattori di "disuguaglianza" nei punti di partenza fra le varie Regioni. 2.4 Perci� parte delle risorse finanziarie dovr� essere destinata ad una politica di sostegno delle iniziative produttive, secondo criteri di solidariet� con le Regioni meno sviluppate, con particolare riferimento al Mezzogiorno. 2.5 Per quanto riguarda la ridefinizione dei poteri e delle funzioni istituzionali, si ritiene particolarmente utile rinviare alla esperienza messa a frutto nell'ambito della Costituzione federale tedesca del 1949, la quale provvede ad individuare le varie categorie di "beni pubblici" che devono essere offerti dai vari livelli di governo: nazionali, regionali, comunali, prevedendo inoltre tanto la "superiorit�" delle leggi federali (nell'ambito delle competenze riservate), quanto l'obbligo di "collaborazione" fra i diversi livelli governativi. 2.6 Sempre sulla scorta della recente esperienza tedesca occorrer� evitare il cosiddetto "parallelismo amministrativo" fra Stato e Regioni, fonte di considerevoli duplicazioni di competenze, sprechi finanziari, conflitti, confusioni, irresponsabilit� di spesa valendo perci�, il "principio di sussidiariet�", come criterio-base di organizzazione degli uffici pubblici, salvo quanto espressamente previsto dalle prerogative costituzionali. 3. Parlamento 3.1 Occorrer� modificare il bicameralismo cosiddetto "perfetto", creando una Camera delle Autonomie, in rappresentanza dei vari tipi di governo locale. La Camera delle Autonomie avr� il compito di raccordare le competenze europee in materia di sostegno delle aree deboli con quelle regionali. Essa favorir�, ovunque possibile, la cooperazione interregionale fra aree forti ed aree deboli o di crisi, in modo da responsabilizzare le Regioni pi� ricche nell'aiuto a quelle meno favorite e in modo da sottrarre le risorse al controllo della burocrazia di stato raccordando direttamente (per quanto possibile) il livello europeo con quello regionale. In questo modo il contribuente delle aree forti potr� controllare direttamente, per mezzo dei suoi rappresentanti locali, l'uso delle risorse destinate al sostegno delle aree pi� deboli. 3.2 Occorrer� invece riservare alla Camera dei Deputati la funzione legislativa e la funzione di controllo politico del Governo, attraverso l'istituto della fiducia e delle mozioni di censura. 3.3 La funzionalit� legislativa della Camera dovr� essere salvaguardata ponendo limiti ai decreti-legge, stabilendo la loro inemendabilit� ma nel contempo la loro non reiterabilit�; e ricorrendo in maggior misura alla delega legislativa. Si promuover� inoltre un'ampia delegificazione, cambiando la logica legislativa. Attualmente tutto ci� che non � permesso, rimane vietato; mentre nella logica liberale ci� che non � esplicitamente proibito, si intende liberalmente consentito. 3.4 Il numero complessivo dei parlamentari dovr� essere ridotto, portandolo alle dimensioni medie delle democrazie occidentali (circa 500-600). 3.5 Per l'elezione della Camera dei Deputati dovr� essere rivista la legge elettorale in senso pienamente maggioritario, creando al contempo le condizioni affinch� gli elettori possano con il proprio voto determinare la formazione di una maggioranza parlamentare sicura e stabile. 2. Referendum ..IL.PROBLEMA...... Le recenti esperienze hanno dimostrato una grande rilevanza dei referendum previsti nella Costituzione per la vita politica del nostro Paese, allo stesso tempo, la necessit� di riconsiderare l'insieme dei rapporti tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa, tra sovranit� del popolo e ruolo del Parlamento. In questo contesto si rende necessaria una revisione complessiva dell'istituto referendario alla luce delle grandi riforme costituzionali concernenti la forma di Stato e la forma di Governo. ..LE PROPOSTE...... 1. Si deve introdurre la previsione del referendum di indirizzo e del referendum consultivo, ad iniziativa popolare rafforzata, che, diversamente da quello abrogativo, non tendono a sopprimere o abrogare delle norme di legge, bens� a dare dei suggerimenti o indirizzi in positivo a cui le autorit� dello Stato si devono poi attenere. In tal modo il referendum abrogativo riacquista pienamente la sua valenza originaria. 2. Deve inoltre prevedersi sempre un referendum popolare di approvazione delle leggi costituzionali, e di revisione costituzionale, che riguardano libert� e/o doveri dei cittadini, nonch� modifiche organiche della forma di Stato o di Governo. 3. In questo contesto occorre sottolineare che la grande riforma costituzionale che proponiamo deve comunque ottenere il consenso popolare, secondo il suggerimento dell'allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, contenuto nel suo messaggio alle Camere del giugno 1991, che aveva a tal fine indicato sia la strada dell'elezione di un'apposita Assemblea per la revisione costituzionale, sia la strada di referendum d'indirizzo. 3. Comuni, Province e Regioni ..IL.PROBLEMA...... La Costituzione vigente ha operato una scelta soltanto parziale per uno Stato delle Autonomie. Niente federalismo da un lato, a favore di un regionalismo ancora fortemente centralistico; poco spazio a Comuni e Province, per il permanere di una struttura periferica dello Stato. La cultura autenticamente autonomistica, pur presente alla Costituente, tra cattolici e laici, fu dunque sconfitta, s� che l'attuazione della Costituzione ha rappresentato una serie di tentativi che non hanno dato i risultati sperati. E', infatti, soltanto con il Trattato di Maastricht che si afferma che gli obiettivi dell'Unione Europea saranno realizzati nel rispetto del principio di sussidiariet�. L'art. 3 del Trattato prevede che, nei settori che non sono di sua esclusiva competenza, l'Unione interviene secondo il principio di sussidiariet� soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri. Analogo principio deve essere applicato, in sede interna, per i rapporti tra lo Stato e i diversi livelli del sistema delle autonomie: Comuni, Province, Regioni, come gi� rilevato a proposito sul federalismo. Ne consegue che una nuova organizzazione del governo, in Europa e in Italia, deve articolarsi su pi� versanti: sul ruolo dei Parlamenti nazionali, sul ruolo dei Governi nazionali, ma anche e soprattutto sul ruolo e sullo spazio delle Regioni e degli Enti locali. Nel nostro Paese, poi, occorre tenere conto della storica presenza di una forte tradizione municipale e della conseguente necessit� di non comprimere le autonomie comunali a profitto di un neo-centralismo regionale. Nell'ambito della pi� generale riforma dello Stato, si pone l'esigenza di una revisione e rafforzamento del sistema delle Autonomie locali con l'obiettivo di accrescerne sensibilmente tanto la capacit� di servire pi� efficacemente i propri amministrati, quanto le abilit� a farlo nel modo economicamente pi� efficiente possibile. A tal fine � assolutamente necessario che tali riforme di natura istituzionale siano accompagnate da un effettivo decentramento anche per ci� che riguarda la sfera fiscale e la gestione delle finanze. Ciascuna Regione e ciascun Ente locale deve poter disporre il regime delle entrate e delle spese commisurandole alle risorse del territorio, contemperando questi principi con le esigenze di solidariet� nei confronti delle zone meno prospere. ..LE PROPOSTE...... Occorre premettere che il Polo indica nella grande riforma presidenzialista e federalista l'obiettivo della trasformazione dello Stato, finalmente basato sul principio di sussidiariet�. Ne consegue che tutti i problemi concernenti le autonomie locali - dai consigli di quartiere ai Comuni, dalle comunit� montane alle Province, da queste ultime alle Regioni - dovranno essere collocati in un'ottica di transizione dall'attuale Stato centralistico ad un effettivo Stato delle autonomie. In questo paragrafo si esaminano pertanto soltanto alcuni problemi pi� urgenti di carattere istituzionale rimettendo alle proposte del Polo sui temi pi� generali le indicazioni concernenti la loro concreta vita amministrativa. 1. Procedere alla costituzione delle aree metropolitane come previsto dalla legge 142 del 1990, con qualche opportuna modifica, per affrontare adeguatamente i complessi problemi di questi specifici territori. 2. Creazione di una Conferenza permanente "Stato/Autonomie locali" accanto alla gi� esistente Conferenza Stato/Regioni. 3. Ristrutturazione del sistema dei Comuni: per i piccoli Comuni si dovranno favorire gli accorpamenti (senza renderli obbligatori) e differenziare le funzioni, secondo le dimensioni degli Enti, ricorrendo anche alla promozione di appositi consorzi intercomunali. 4. Devolvere all'autonomia delle singole Regioni, con opportune integrazioni dei rispettivi statuti, la scelta del sistema di elezione dei Consigli regionali. 5. Realizzazione di un'adeguata autonomia finanziaria da conseguirsi attraverso la progressiva introduzione del federalismo fiscale. 6. Ridisegnare le funzioni del segretario comunale, confermando e rafforzando le sue attribuzioni di verifica della legittimit� degli atti del Comune. Conferire ad un "city manager", di fiducia del Sindaco, le funzioni di direzione dell'apparato burocratico. 7. Separazione dei ruoli tra il politico che propone e il tecnico che verifica le legittimit� e le condizioni di fattibilit� delle delibere. 8. Eliminazione del CORECO (Comitato Regionale di Controllo) e sua sostituzione con le sezioni regionali della Corte dei Conti. 9. Introduzione di criteri pi� liberali nella concessione delle licenze e per quanto concerne gli orari e le giornate di apertura degli esercizi comunali. L'apertura dei servizi (uffici comunali, U.S.L., uffici finanziari) e quella dei negozi dovrebbe essere coordinata, tenendo presente che la legge attribuisce ai Sindaci precisi poteri in materia. 10. Le aziende municipalizzate dovranno essere tendenzialmente privatizzate, innanzitutto trasformandole in societ� per azioni, con gli adempimenti della legge 142. La via autenticamente liberale per la privatizzazione � chiara: non vi � alcuna possibilit� di riformare efficacemente le aziende pubbliche tramite soluzioni tecniche e manageriali, n� tramite il solo ingresso di soci privati. Ci� che occorre � l'introduzione di meccanismi di concorrenza e, a tal fine, lo strumento pi� efficace resta quello del mercato, anche in questo settore. 11. Rendere effettivamente funzionanti gli Uffici per le relazioni con il pubblico e potenziare e pubblicizzare la figura del difensore civico. 12. Combattere la formazione dei residui passivi di bilancio degli Enti, quale grave sintomo di inefficienza e di lentezza burocratica, e destinandone l'eventuale ammontare (quale disincentivo alla loro stessa formazione) ad altre finalit� e ad altri assessorati. 4.Voto agli italiani all'estero ..IL.PROBLEMA...... L'Italia � uno fra i pochi Paesi con una grande storia di emigrazione che non conceda il voto ai propri cittadini all'estero. Vi � un popolo italiano che vive e opera oltre i confini del Paese. Questa Italia spesso misconosciuta, che ha donato al mondo intelligenza, capacit� di lavoro, onore e civilt�, meriterebbe di essere rappresentata in Parlamento. Attraverso il Consiglio Generale degli Italiani all'Estero (CGIE), sorto per legge nel 1989, venne posto il problema del voto nella seduta del 22 ottobre 1992 fatta in via straordinaria a Montecitorio. Il progetto, che comportava una quota fissa di 20 deputati e di 10 senatori e che era stato accolto dalla maggioranza delle forze politiche in un "Testo Unificato", venne per� bocciato a causa del voto contrario delle sinistre. ..LE PROPOSTE...... 1. Un progetto di legge ordinaria per l'elettorato attivo e il voto per corrispondenza, e un progetto di legge costituzionale che consenta alla Comunit� italiana all'estero l'elezione di deputati e senatori sulla base dei dibattiti svoltisi nella XI e nella XII legislatura. 5. Rappresentanza trasparente degli interessi ..IL.PROBLEMA...... Tutti i soggetti presenti nella societ� operano in funzione e in difesa dei propri interessi. Questo fatto non si pu� disconoscere. L'attivit� di lobbying non pu� essere lasciata senza regole e affidata alla sola capacit� di pressione dei singoli soggetti che, pertanto, � incoraggiata a seguire canali e procedure che favoriscono la corruzione. Il fenomeno delle pressioni sul Parlamento, che spesso si traduce nelle famigerate "leggine", ha causato distorsioni gravi nell'allocazione delle risorse, favorendo i soggetti pi� forti o con legami pi� stretti con singole forze politiche se non addirittura con singoli leader politici. La lobby che forse ha provocato le pi� gravi dispersioni di risorse � stata quella che ha unito - e in parte ancora unisce - l'economia di Stato con i partiti di Governo di opposizione. Il meccanismo, cui hanno partecipato largamente anche soggetti privati, ha prodotto il fenomeno della "privatizzazione dei guadagni" e della "socializzazione delle perdite" con danno per l'intera economia e societ� italiana. ..LE PROPOSTE...... 1. Bisogna introdurre e consolidare, a livello legislativo e regolamentare, l'istituto dell'audizione pubblica obbligatoria e previa dei soggetti imprenditoriali e sindacali, delle associazioni e degli enti direttamente interessati al contenuto della legge che si vuole proporre. 2. I testi di tali audizioni saranno registrati e pubblicati in appositi bollettini a cura del Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (CNEL). Altrettanto si far� per le "attivit� conoscitive" del Governo e del Parlamento che prevedono la formazione di leggi e di altri atti normativi. 3. Bisogna attuare integralmente, a livello statale e locale, la legge sulla trasparenza del procedimento amministrativo, con particolare riferimento all'accesso agli atti pubblici ed all'istituzione di uffici di relazioni con il pubblico presso ogni Amministrazione. 4. Bisogna regolamentare le attivit� di rappresentanza trasparente degli interessi, anche attraverso appositi registri, in modo tale da rendere il pi� possibile trasparente la titolarit� degli interessi e le ragioni che ne rendono legittima la rappresentazione al decisore pubblico, in accordo anche con la pi� recente legislazione europea. 6. Consiglio Nazionale delLA Economia e del Lavoro (CNEL) ..IL.PROBLEMA...... Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), previsto dalla Costituzione italiana e composto di esperti e rappresentanti delle categorie produttive, dovrebbe "contribuire alla legislazione economica e sociale" e svolgere attivit� di consulenza al Governo e alle Camere per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite per legge. Ma sia l'una che l'altra funzione, in pratica, non gli sono affidate: moltissimi sono i provvedimenti, che vengono redatti senza neanche consultare il CNEL. Il CNEL deve invece diventare il luogo della concertazione delle forze sociali dove le grandi leggi vengano preparate attraverso un dibattito con tutte le categorie, che tutte (e non solo i sindacati) hanno il diritto di interloquire e rappresentare in modo trasparente le proprie istanze. Oggi accade che spesso le leggi vengano "contrattate" dal Governo e da limitatissime rappresentanze escludendo le altre categorie. ..LE PROPOSTE...... 1. Il CNEL potrebbe svolgere un ruolo particolarmente importante nella predisposizione dei Testi Unici, che toccano da vicino gli interessi delle varie categorie economiche e sociali, da quelli in materia tributaria a quelli riguardanti le regolamentazioni e autorizzazioni amministrative nei vari settori dall'urbanistica, all'edilizia, all'informatica sul lavoro, alla legislazione del commercio, al credito agevolato. 2. Il CNEL dovrebbe essere esplicitamente coinvolto, con riferimento all'opera di delegificazione, rivolta ad alleggerire e snellire il sistema di regolamentazioni che opprime le attivit� economiche. 3. Il CNEL dovrebbe essere sentito sulla attuazione delle direttive comunitarie che coinvolgono le varie categorie produttive, in modo che il Governo nell'emanarne l'attuazione sia a conoscenza dei reali interessi degli operatori italiani. 4. Occorre inoltre attuare la revisione delle norme che regolano le nomine dei rappresentanti delle varie categorie, per assicurare una effettiva rappresentativit� democratica e competenza professionale. Oggi invece tali nomine avvengono con criteri politici e sottovalutando l'importanza e dei piccoli operatori economici e dei lavoratori autonomi. 5. Occorre che il CNEL eserciti effettivamente il potere di proporre al Parlamento disegni di legge, a differenza di quanto non sia avvenuto in passato. 7. Authorities ..IL.PROBLEMA...... Non si devono costituire nuove occasioni di dirigismo, conseguenti alle privatizzazioni, n� organismi di controllo dell'economia pubblica, gestiti da corpi separati, che tolgono ogni autorit� allo Stato o, peggio, spostano il potere esecutivo, dalla sua sede naturale (che � il Governo), al Parlamento, il cui compito � di fare le leggi e controllare il Governo, non di sostituirvisi. Queste sono le nostre pregiudiziali per le cosiddette Authorities. Esse debbono regolare le attivit� dei servizi pubblici e di pubblica utilit� privatizzati, come il telefono, l'elettricit�, l'acqua, i trasporti di servizio pubblico. Una seconda pregiudiziale riguarda la trasparenza dei deliberati e la possibilit� di controllo degli stessi da parte delle associazioni dei consumatori e, in genere, degli utenti. Una terza pregiudiziale riguarda la netta distinzione fra le autorit� di tipo amministrativo, che debbono occuparsi soprattutto delle tariffe e dei requisiti di chi chiede le concessioni di servizio pubblico, e le cosiddette Authorities di tipo quasi giudiziario, come il Garante della Concorrenza, quello della Borsa e quello dell'Editoria, che debbono applicare delle leggi relative alla eventuale violazione delle norme antimonopolio e di quelle sulla corretta informazione e sulla tutela dei diritti di propriet�. ..LE PROPOSTE...... 1. I poteri delle Authorities devono essere circoscritti con molta precisione per evitare nuove forme di appesantimento burocratico. 2. Le nomine dei membri e del loro presidente debbono esser fatte dal Presidente della Repubblica, come titolare massimo del potere esecutivo. Il Parlamento esprimer� solo un giudizio sui soggetti prescelti. 3. Le tariffe debbono essere informate ai criteri di aderenza ai costi e di sviluppo della produttivit�. Vanno contenute al minimo le enunciazioni di pubblico interesse e le clausole cosiddette sociali, per tutelare chi versa veramente nel bisogno e non per creare privilegi e rimborsi ingiustificati agli enti erogatori. 4. Per la tutela del piccolo utente e per l'adozione di tariffe che siano da esso sopportabili, anche se non svincolate dalle ragioni dei costi, e quindi dei bilanci, si dovr� provvedere anche mediante l'istituzione di un "Garante del cittadino". 5. Le tariffe non dovranno comprendere pi� di due voci, per essere comprensibili e chiare. 6. Ai fini del chiarimento sulla effettiva rispondenza delle tariffe ai principi di costo e produttivit�, i rappresentanti degli utenti potranno chiedere un dibattito, aperto al pubblico, presso il CNEL, in contraddittorio con le imprese proponenti e i Ministeri competenti. 7. Gli indirizzi generali dovranno, comunque, competere ai Ministeri a cui i servizi di pubblica utilit� considerati si collegano ( ad esempio quello dell'industria per l'elettricit�) secondo il principio che non prevede pi� di una sola Authority per ogni Ministero. 8. Conflitto di interessi ..IL.PROBLEMA...... Nel nostro Paese la legiferazione manca di sistematicit�, � antiquata e, spesso, persegue logiche di contenimento e controllo dei fenomeni, piuttosto che di incentivazione. Ci� � particolarmente vero per tre argomenti che si trovano oggi, nell'opinione comune, a mezza via tra il folclore e la sacralit�: antitrust, pluralismo informativo e conflitto di interessi. In realt� i tre argomenti, affrontati purtroppo separatamente in sede parlamentare, necessitano di un approccio unico. Il problema delle incompatibilit� e del conflitto di interessi presenta un ovvio punto di contatto con il riordino del settore radiotelevisivo. ..LE PROPOSTE...... 1. Prevedere per i titolari di cariche di governo (Presidente del Consiglio, Ministri e Sottosegretari), l'incompatibilit� con cariche o uffici pubblici diversi dal mandato parlamentare e non inerenti alla carica di governo, con cariche o uffici in enti di diritto pubblico, anche economici, o in imprese a prevalente partecipazione pubblica, o in imprese concessionarie di pubbliche amministrazioni o in enti soggetti al controllo pubblico, con attivit� professionali, con attivit� di impiego pubblico o privato, con la gestione di attivit� imprenditoriali private o, comunque, con incarichi di amministrazione o controllo in societ� aventi fini di lucro. 2. Stabilire che le attivit� economiche, e in special modo quella concernente i mezzi privati di comunicazione e diffusione delle notizie e del pensiero, di cui il titolare di cariche di governo, anche per interposta persona, ha la propriet� o il controllo, se risultano rilevanti per l'economia nazionale, debbano essere esercitate secondo criteri e in condizioni di effettiva separazione gestionale. 3. Rendere effettivo l'obbligo di denuncia, da parte di chi ricopre cariche di governo, delle attivit� svolte e degli uffici ricoperti, nonch� l'obbligo di mettere a disposizione i dati concernenti le attivit� economiche di cui gli interessati siano titolari o di cui controllino la gestione. 4. Prevedere il distacco della gestione delle attivit� economiche dall'influenza del soggetto interessato, attraverso la dismissione del controllo con mezzi adeguati. 9. Modernizzazione dello Stato ..IL.PROBLEMA...... Lo Stato italiano non ha purtroppo - e fin qui - proceduto con determinazione a modernizzare i servizi, le infrastrutture e le tecnologie del nostro Paese portandolo, cos�, ai livelli degli altri Paesi, nostri diretti concorrenti. Questa situazione ha prodotto gravi problemi nella funzionalit� dello Stato, sia per quanto attiene agli aspetti organizzativi che per quanto attiene alla produzione dei servizi per il cittadino. ..LE PROPOSTE...... 1. Occorre favorire, ovunque ci� sia possibile, nuovi e aggiuntivi investimenti privati per la modernizzazione dello Stato. 2. Vanno altres� privilegiate, anche e principalmente con oneri a carico dello Stato, tutte quelle attivit� che consentano una migliore qualit� della vita per il cittadino. Tra queste, sanit�, logistica e infrastrutture, informatizzazione dei servizi, che costituiscono la premessa per la costruzione di uno Stato pi� moderno. 3. Vanno incentivate tutte le forme di innovazione che vengono offerte dal soggetto privato a favore del servizio pubblico. 4. Occorre predisporre un progetto-quadro che utilizzi l'esistente, razionalizzandolo. Nel progetto-quadro andranno previste precise forme di agevolazione per tutti quei soggetti privati che, investendo per modernizzare, consentono una rilevante ricaduta positiva per la qualit� della vita dei cittadini. 5. Occorre sviluppare, nella gestione dei servizi, un importante sistema informatico e telematico, snellendo le pratiche burocratiche, e incentivando investimenti pubblici per la sua attuazione. 10. Giustizia amministrativa ..IL.PROBLEMA...... Ormai da tempo il processo amministrativo non risponde pi� alle finalit� di strumento di garanzia ed affermazione di legalit� tra cittadini e Pubblica Amministrazione: ci� soprattutto per la enorme dilatazione dei tempi processuali e per una sovrapposizione di funzioni che opprimono e ingolfano il lavoro dei giudici amministrativi. Si avverte l'esigenza di rendere effettive le pronunce della magistratura amministrativa e di ridare certezza al ruolo della stessa e al cittadino che vi si affida. Per quanto riguarda la Corte dei Conti occorre prendere atto delle insufficienze delle riforme parziali e disordinate, e porre finalmente mano ad un nuovo sistema di rapporto tra i controlli della amministrazione e la tutela del cittadino nei confronti dell'amministrazione stessa. ..LE PROPOSTE...... 1. Va riconsiderata la competenza del giudice amministrativo sulla base di criteri diversi affinch� la giurisdizione amministrativa diventi il luogo ove possano essere risolte tutte le controversie della Pubblica Amministrazione. 2. Vanno introdotti metodi processuali pi� rapidi che consentano di dare immediata ed effettiva risposta alle richieste di giustizia. Va riconosciuto alla fase cautelare un ruolo pi� marcato di ripristino di situazioni di legalit� ed introducendo, quanto meno con riferimento ad alcune materie (per esempio gli appalti), il pubblico ministero presso il giudice amministrativo con funzioni di difesa degli interessi generali. 3. Va prevista la rigida separazione delle funzioni giurisdizionali da quelle consultive del Consiglio di Stato con adeguata disciplina del transito da una funzione all'altra. 4. Va infine rivista l'attuale disciplina del reclutamento per i due gradi della magistratura amministrativa, oggi troppo settorializzata, e va riformato il Consiglio di Presidenza per consentirgli di avere una rappresentativit� che oggi non possiede. 5. Il riordino in atto della Corte dei Conti deve proseguire, con particolare attenzione sia alle sue essenziali funzioni giurisdizionali, sia alle funzioni di controllo, che vanno riesaminate nell'ottica del nuovo Stato delle autonomie e della necessit� di rendere i controlli sempre pi� aderenti al rendimento dell'amministrazione. 11. Pubblica Amministrazione ..IL.PROBLEMA...... Nel suo rapporto con la Pubblica Amministrazione il cittadino si sente quasi sempre solo e indifeso. Troppo spesso ci si dimentica che essa � al servizio del cittadino e non viceversa. Se, da una parte, i cittadini hanno il diritto, costituzionalmente protetto, di chiedere una Pubblica Amministrazione imparziale, efficiente e capace, dall'altra � necessario che lo Stato affronti seriamente il tema della riforma amministrativa convinto che l'organizzazione della Pubblica Amministrazione � strettamente funzionale all'obiettivo fondamentale di migliorare lo Stato. Non bisogna, infatti, mai dimenticare che i "tempi burocratici" finiscono col rappresentare altrettanti costi per il cittadino e per la collettivit�. I costi dell'inefficienza della Pubblica Amministrazione incidono sull'economia generale del Paese e costituiscono un vero e proprio onere indiretto per il sistema produttivo. La Pubblica Amministrazione � divenuta, cos�, l'anello debole del sistema-paese. La prospettiva di un mercato unico allargato rende la questione vitale e urgente. Bisogna tenere conto dell'Unione Europea con le cui strutture l'Italia deve essere in grado di avere un rapporto diretto e penetrante sia ai fini conoscitivi che operativi. La Pubblica Amministrazione, in tale quadro, potr� far aumentare la capacit� di dialogo comunitario delle aziende italiane influenzando la competitivit� globale dell'economia e il prestigio dell'Italia nella comunit� internazionale. Al momento, occorre riconoscere che la Pubblica Amministrazione italiana anzich� stimolare lo sviluppo economico e civile, frena e soffoca con mille lacci e lacciuoli burocratici le iniziative economiche, complicando non poco la vita delle imprese e dei cittadini. ..LE PROPOSTE...... 1. Applicare le Carte dei servizi pubblici, il patto scritto tra utenti e amministrazioni grazie al quale i cittadini hanno una concreta possibilit� di partecipazione e di controllo per migliorare la qualit� dei servizi. L'adozione di standard di qualit� di servizio obbliga le strutture pubbliche a sottostare alla valutazione della qualit� dei servizi, e riconosce agli utenti il diritto di rivalersi in caso di inefficienze. 2. Informatizzare la Pubblica Amministrazione. Il collegamento "in rete" (attraverso computer) della sfera pubblica centrale e locale dovr� essere attuato nei prossimi anni, rendendo finalmente possibile il dialogo tra le amministrazioni tra di loro e tra amministrazioni e i cittadini con il risultato di una maggiore efficienza, celerit�, risparmio e soprattutto di un migliore servizio ai cittadini stessi (attraverso "sportelli unici" in grado di offrire agli utenti documenti in tempi immediati). 3. Attivare gli Uffici per le relazioni con il pubblico, gi� istituiti nel 1993, con una legge dello Stato e rimasta pressoch� inattuata. 4. Istituire un Osservatorio su sprechi, abusi e corruzione nella Pubblica Amministrazione, con compiti di monitoraggio e controllo informativo. 5. Contemperare una adeguata presenza dell'intervento pubblico - nei settori che uno Stato moderno ritiene strategici e che riguardano, ovviamente, anche il settore sociale - con le attivit� in cui l'intervento della Pubblica Amministrazione debba essere invece svolto in forme assimilabili alle attivit� (lavorative e retributive) del settore privato. 6. Prevedere un nuovo modello di organizzazione della Pubblica Amministrazione (struttura, personale, attivit�) che sia espressamente rivolto al perseguimento di due obiettivi. Primo: valorizzare il lavoro di tutti gli attuali dipendenti, al fine di migliorarne la capacit� professionale. Secondo: valorizzare, al contempo, tutte le iniziative spontanee promosse dalla societ� civile (fondazioni, associazioni private, volontariato). 7. Favorire un nuovo patto dello Stato con i pubblici dipendenti, teso a realizzare precisi obiettivi di efficienza, cos� da realizzare il doppio risultato di facilitare nuovi investimenti nel settore, nonch� nuove opportunit� professionali e retributive. I cittadini devono denunciare i casi in cui ravvisano sacche o episodi di malcostume o di semplice inefficienza, ma non possono chiedere alla Pubblica Amministrazione il soddisfacimento di bisogni che negli Stati moderni sono affidati, invece, alla loro libera iniziativa. 8. Individuare i compiti, ora statali o comunque pubblici, che possono essere affidati al libero mercato, ferme restando tutte le prerogative di indirizzo e di controllo proprie ed esclusive della Pubblica Amministrazione. 9. A tale riguardo � necessario superare la frammentazione esistente tra area dirigenziale e area direttiva, esaltando il ruolo professionale di entrambe e attuando - in particolare - la delega legislativa prevista per la categoria, con l'obiettivo complessivo di accentuare l'autonomia della dirigenza rispetto al potere politico. 10. Valorizzare la categoria dei Quadri nel pubblico impiego quale importante strumento di efficienza dell'intero sistema gestionale. 11. Ampliare la figura del difensore civico dotandolo di maggiori poteri e di migliori strumenti di indagine. 12. Pari opportunit� ..IL.PROBLEMA...... A partire dagli anni '80 molto � stato fatto per eliminare ogni forma di discriminazione, ma le donne devono ancora percorrere una lunga strada per raggiungere l'obiettivo della vera ugualianza di diritti, per ottenere in tutti i settori "pari opportunit�" con gli uomini. Oggi si afferma il valore della diversit� in contrapposizione alla omogeneit�. Bisogna operare perch� l'organizzazione dello Stato consenta a tutti i cittadini di partire con le stesse possibilit� e di affermarsi secondo le proprie capacit�. Secondo quanto previsto dall'art. 3 della Costituzione, bisogna allargare il campo di intervento di tutti quegli organismi che fino ad ora si sono occupati di parit� limitatamente intesa alla parit� tra uomo e donna, estendendolo a tutti quei soggetti che devono ottenere pari opportunit� di partenza. ..LE PROPOSTE...... 1. Promuovere le politiche di pari opportunit� realizzando sinergie fra i diversi Ministeri competenti e la Commissione Nazionale per la Parit�. 2. Accrescere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, formulando misure di orientamento e di formazione professionale specifiche, dato che la crisi economica e occupazionale ha determinato per molte donne lavoratrici una disoccupazione di lungo periodo. 3. Migliorare la qualit� dell'occupazione delle donne, riducendo gli ostacoli allo sviluppo professionale e alla progressione di carriera, sia nel settore pubblico che in quello privato. 4. Rafforzare la promozione e lo sviluppo dell'imprenditoria femminile prevedendo un'apposita norma applicativa anti-discriminazione nella legislazione italiana. 5. Realizzare politiche volte a favorire una equa ripartizione tra uomo e donna delle responsabilit� femminili, con la possibilit� anche per gli uomini di usufruire dei congedi-parentali. 6. Realizzare un'azione di monitoraggio relativa all'applicazione della legge 142/92 in ordine agli orari nelle citt�. 7. Riconoscere alle lavoratrici autonome le stesse forme di protezione sociale previste per il lavoro dipendente nel rispetto delle normative comunitarie e nazionali. 13. Delegificazione e Testi Unici ..IL.PROBLEMA...... L'instabilit� dei governi e delle maggioranze parlamentari, le interruzioni delle legislature, il complicato sistema di formazione delle leggi in regime bicamerale, assieme ad una impostazione di dirigismo e regolamentazione interferente, hanno dato all'Italia il primato del numero di leggi e circolari esplicative. Esse vengono modificate generando un sistema di norme di ogni specie e di non facile lettura. Il complesso normativo italiano forma ormai un groviglio inestricabile. Le leggi in vigore sono stimate tra le 100 e le 150 mila, contro le meno di 8000 della Francia e le meno di 6000 della Germania. Per non parlare della miriade di regolamenti ed atti amministrativi che danneggiano le nuove iniziative imprenditoriali e l'efficienza economica delle imprese. ..LE PROPOSTE...... 1. Procedere ad un'ampia delegificazione per alleggerire il lavoro del Parlamento dall'esame di leggi di importanza minore e disciplinare per regolamento materie gi� regolate da leggi ordinarie. 2. Provvedere alla elaborazione di Testi Unici, in coordinamento con il CNEL, tanto per le materie finanziarie (fisco, borsa, mercati), quanto per quelle amministrative, culturali, urbanistiche, del lavoro, edilizie, scolastiche, sanitarie e ambientali. ..CAPITOLO 2...... CREARE NUOVI POSTI DI LAVORO, FAR NASCERE NUOVE IMPRESE E FAR CRESCERE LE IMPRESE GIA' ESISTENTI. ASSICURARE UNA FORMAZIONE SCOLASTICA LIBERA, CHE PREPARI AL LAVORO. In Italia tutti parlano di lavoro. Il problema � capire quale � la leva per creare il lavoro. C'� chi punta sugli investimenti dello Stato e chi sul rilancio dell'impresa. Il Polo � nato sotto la spinta dei cinque milioni di imprenditori piccoli e medi che hanno organizzato il lavoro di tanti italiani, e di tutti quei lavoratori che si sono rifiutati di chiudersi in logiche assistenzialiste sfidando, invece, il mercato, e affidandosi unicamente alla propria creativit� e capacit� imprenditoriale. Queste sono le forze che vanno premiate e incoraggiate. Dobbiamo superare la rigidit� nell'ordinamento del lavoro e trovare quelle flessibilit� che rendono possibile nuova occupazione: fine sociale e politico da sempre primario nel Polo. Solo utilizzando la formazione, la ricerca, la tecnologia e una maggiore flessibilit� nei rapporti di lavoro, potremo vincere la sfida che ci viene dai Paesi di nuova industrializzazione. Il Polo ha un progetto per valorizzare la creativit� italiana e renderla presente ed efficace nelle nuove forme imposte dall'unificazione del mercato mondiale. In questi anni decidiamo il nostro futuro nell'economia internazionale. Il Polo ha l'unica linea coerente di rilancio dell'impresa che pu� consentire al nostro Paese di esserci da protagonista. 14. Misure per favorire l'occupazione ..IL.PROBLEMA...... In Italia l'elevato tasso di disoccupazione � legato non tanto ai cicli dell'economia, quanto a cause inerenti alla struttura stessa del nostro mercato del lavoro, quali: l'eccessiva rigidit�, le restrizioni in materia di assunzioni e di mobilit�, l'enorme incidenza sul costo del lavoro degli oneri e dei contributi non salariali. A questo si aggiunge un mercato del lavoro di scarsa qualit�, in quanto non � mai stata elaborata una seria politica di formazione e aggiornamento professionale. Tutte queste restrizioni e vincoli normativi finiscono per creare una grande quantit� di lavoro nero o sommerso e, al tempo stesso, ostacolano, di fatto, le nuove assunzioni: impedendo la creazione di nuovi posti di lavoro e rendendo praticamente impossibile ai giovani lavorare. ..LE PROPOSTE...... 1. Gli effetti positivi sulla occupazione della Legge Tremonti - riconosciuti anche da varie categorie - costituiscono la prova pi� efficace della bont� delle proposte del Polo in materia di occupazione. Occorre dunque proseguire su questa strada cercando di completare questi interventi rendendo pi� flessibile il mercato del lavoro. Una maggiore flessibilit� nei rapporti di lavoro non significa precariet�, bens� possibilit� di creare nuove occasioni di impiego. 2. Proponiamo di detassare selettivamente le nuove assunzioni, riducendo il peso degli oneri fiscali e previdenziali sul costo del lavoro. Si pu� prevedere la sperimentazione, in zone ad alta disoccupazione di ogni parte del Paese, di forme di esenzione fiscale completa per un triennio e agevolazioni previdenziali destinate a tutte le attivit� che diano vita ad una creazione netta di nuovi posti di lavoro. 3. E' necessario favorire anche tutti i tipi di rapporto di lavoro flessibile (contratti a termine, lavoro a tempo parziale, lavoro interinale e rapporti di collaborazione coordinata e continuativa), attraverso la sospensione dell'esistente disciplina vincolistica e restrittiva. 4. Bisogna eliminare i meccanismi autorizzatori, tuttora esistenti per l'instaurazione del rapporto di lavoro, modificando la disciplina del collocamento obbligatorio e favorendo un accesso controllato dei privati nei servizi per l'impiego anche attraverso la revisione del regime vigente, che vieta l'intermediazione di manodopera. 5. Occorre redigere, ai fini della chiarezza dei diritti e obblighi delle parti, un testo unico, semplice, facilmente comprensibile sulla normativa del lavoro, riducendo drasticamente le voluminose raccolte di leggi attualmente vigenti in materia, che creano incertezze e sono di difficile comprensione anche per gli specialisti della materia. 6. Rendere pi� efficaci i corsi di formazione professionale, aprendo ai privati questo mercato, con una adeguata vigilanza pubblica. Al fine di qualificare la nuova forza lavoro con particolare attenzione per le aree depresse del Paese e per le esigenze indotte dalle innovazioni tecnologiche e dai nuovi modi di lavorare. 7. E' altres� necessario creare forme di uscita dallo status di disoccupazione verso una piena occupazione, rivitalizzando il rapporto di apprendistato e incentivando ulteriormente i contratti di formazione e lavoro. 8. Bisogna incentivare maggiormente la produttivit� e favorire la mobilit� introducendo, per via contrattuale, i premi di produttivit� e la partecipazione dei lavoratori ai risultati d'impresa. 9. Rivedere gli ammortizzatori occupazionali rendendoli efficienti, trasparenti ed equi; quelli attuali, infatti, favoriscono solo alcune categorie di imprese e i loro lavoratori. 15. Lavoro autonomo ..IL.PROBLEMA...... L'Italia, rispetto agli altri Paesi industrializzati, � caratterizzata da una situazione produttiva molto particolare, costituita da un esercito di piccoli imprenditori. Tramontato, infatti, il sistema basato sulla grande fabbrica, sono emerse in misura sempre maggiore le attivit� autonome e para-subordinate, che comprendono: lavoratori autonomi, consulenti, incaricati di vendita, titolari di collaborazioni coordinate e continuative e cos� via. I lavoratori autonomi nel loro complesso rappresentano il 30% dell'occupazione complessiva e danno lavoro ad un altro 20% di lavoratori dipendenti, raggiungendo quindi il 50% degli occupati. Questo grande numero di lavoratori, in continua crescita, rappresenta una larga quota del sistema occupazionale italiano, crea ricchezza e lavoro e sostiene, in gran parte, attraverso l'elevata propensione al risparmio, il finanziamento delle spese dello Stato, usufruendo, peraltro, in minima parte delle prestazioni pubbliche (copertura previdenziale e per la disoccupazione bassa o nulla). Lo Stato, per�, anzich� sostenere e difendere coloro che producono ricchezza e lavoro, finisce per accanirsi contro di loro, attraverso accuse generalizzate di evasione fiscale e addossando loro gli oneri della cattiva gestione delle risorse nazionali, attraverso una tassazione sempre maggiore. L'ultimo esempio, in termini di tempo, � costituito dal contributo del 10% posto, in maniera indistinta e generalizzata, a carico di coloro che esercitano attivit� di lavoro autonomo, libero professionale e di collaborazione coordinata e continuativa. Tale prelievo forzoso, previsto dalla nuova legge di riforma del sistema previdenziale approvata dal centro-sinistra, non � altro che una tassa a fondo perduto mascherata da contributo previdenziale, volta a colpire milioni di cittadini, che, nonostante le enormi difficolt� oggi esistenti, hanno come unica colpa quella di lavorare. ..LE PROPOSTE...... 1. Favorire la nascita di nuove attivit� di lavoro autonomo anche attraverso programmi locali di sviluppo di nuova imprenditorialit� e appositi corsi professionali, relativi alle attivit� innovative, soprattutto a favore dei giovani e dei cittadini delle aree depresse. Soprattutto in considerazione del fatto che l'Italia non utilizza che in minima parte i fondi FESR (Fondo Europeo Sviluppo Regionale) ad essa assegnati. 2. Eliminare tutte le restrizioni ed i vincoli normativi che rendono inutilmente oneroso e complesso l'accesso alle nuove professioni. 3. Tutelare e sostenere le attivit� di lavoro autonomo esistenti mediante servizi e incentivi. 4. Assicurare il diritto alla previdenza alle categorie di lavoratori autonomi che sono attualmente sprovviste di copertura previdenziale, garantendo la specificit� e l'autonomia della gestione pensionistica oltre che la scelta dello strumento previdenziale. Questo anche per evitare duplicazioni contributive a carico dei soggetti gi� pensionati o, comunque, forniti di altra copertura assicurativa. 16. Piccola e media impresa ..IL.PROBLEMA...... Le piccole e medie imprese rappresentano per consenso comune il motore del sistema economico italiano. Garantiscono la tenuta occupazionale anche nei momenti di crisi, contribuiscono al buon nome del sistema impresa del nostro Paese in tutto il mondo. Nonostante questo, c'� sempre stato nei loro confronti un grande disinteresse da parte di chi ha governato in passato il nostro Paese, salvo il ricorso ad esse per finanziare la voragine del debito pubblico creata senza ritorni significativi per la loro vita e il loro sviluppo. ..LE PROPOSTE...... 1. Mantenere, per il tempo necessario, la detassazione degli utili reinvestiti previsti dalla Legge Tremonti. 2. Procedere ad una significativa attivit� di de-legificazione e de-regolamentazione degli obblighi delle imprese, in particolare per le nuove iniziative. 3. Semplificare le norme sulla tenuta dei libri contabili. 4. Dare certezza dal punto di vista degli incentivi finanziari, in materia di credito agevolato, di investimenti nel Mezzogiorno, di sostegno alle esportazioni, snellendo le procedure e decentrando gli sportelli. 5. Consentire alle piccole e medie imprese di accedere concretamente ai fondi comunitari e di poterne usufruire mediante interventi delle loro associazioni per il recupero delle somme stanziate che non vengono erogate in tempi brevi. 6. Sviluppo di una politica del credito nei confronti della piccola e media impresa, favorendo tutti i tipi di consorzi gi� autonomi delle singole categorie produttive. 7. Misure volte a favorire la quotazione in Borsa e al mercato ristretto, in particolare detassando le plusvalenze che ci� comporta di fare emergere. 17. Commercio e grande distribuzione ..IL.PROBLEMA...... Il sistema distributivo italiano � interessato da una doppia transizione che investe sia la grande che la piccola e media impresa. La grande distribuzione e la distribuzione organizzata devono raggiungere un livello organizzativo che consenta loro di confrontarsi con i concorrenti internazionali francesi, tedeschi e inglesi investendo sugli aspetti pi� innovativi dell'attivit� di distribuzione, quali la marca commerciale, la logistica e la gestione delle informazioni. Questa sfida ha un rilievo particolare perch� consente di contenere e di contrastare la presenza di distributori non nazionali e quindi l'entrata di prodotti e derrate provenienti da altri Paesi, visto il diffondersi della prassi degli eurocontratti tra grandi produttori e grandi distributori europei. La piccola e media impresa, nel settore commerciale, rappresenta una parte rilevantissima del tessuto economico che consente al nostro Paese di "tenere" nei momenti di crisi e di passaggio. Sulle imprese commerciali si � abbattuta una mannaia fiscale che, negli ultimi anni, ha provocato la scomparsa di moltissime di esse con gravi danni per l'occupazione e la tenuta di un insostituibile bagaglio di conoscenze tutte italiane. ..LE PROPOSTE...... 1. E' fondamentale: - favorire il processo di internazionalizzazione delle aziende commerciali di medie-grandi dimensioni; - sostenere lo sviluppo del franchising e dell'affiliazione, nonch� di sistemi di servizi integrati nelle fasi a monte del consumo. 2. E' necessario un intervento nel settore del credito con l'istituzione di linee di credito per: - l'adeguamento dimensionale, la riconversione aziendale e la mobilit� sul territorio delle imprese commerciali per un pi� efficiente posizionamento sul mercato; - l'assistenza tecnica, l'innovazione tecnologica ed organizzativa e la qualificazione professionale; - lo sviluppo della qualit� e del livello dell'associazionismo tra imprese. 3. E' necessario, inoltre, incentivare le iniziative finalizzate alla promozione dell'attivit� dei Consorzi di Garanzia Fidi, quali sistemi specializzati per il credito alle piccole e medie imprese e quali diretti interlocutori della Unione Europea. 4. Inserire nella pianificazione urbanistica lo spazio per le attivit� commerciali. In tale ambito intervenire sulle aree dismesse riducendo oneri immobiliari; creare servizi per favorire la riorganizzazione delle piccole imprese; valorizzare il ruolo del centro storico, che caratterizza il profilo urbanistico e sociale del territorio italiano, come centro commerciale naturale; - affidare alle Regioni il compito di definire le politiche di indirizzo e di insediamento dell'attivit� commerciale sul territorio ed all'interno dei nuclei urbani ed individuare il ruolo del Comune, Area Metropolitana e Provincia per quanto riguarda la valutazione dell'impatto urbanistico territoriale delle varie tipologie di attivit� commerciale; - prevedere, per l'insediamento delle grandi superfici, la presentazione di un progetto di impatto urbanistico e quantificare il contributo dell'impresa alla realizzazione delle infrastrutture. 5. E' necessario giungere ad una riforma strutturale del sistema allo scopo di: - rimuovere le sperequazioni tra imprese (le forme di imposizione regressiva colpiscono pi� le piccole che le grandi imprese); - incoraggiare l'autofinanziamento attraverso la detassazione degli utili reinvestiti; - procedere alla riforma della finanza locale, superando la logica dell'improvvisazione che porta ad aree di "superprelievo" fiscale per la doppia incidenza di tributi erariali e locali. 6. Ridisegnare le caratteristiche richieste per l'apertura di nuovi insediamenti della grande distribuzione, favorendo la creazione di associazioni tra commercianti di piccole dimensioni destinate a nuovi insediamenti commerciali e all'utilizzo delle aree dismesse. 18. Artigianato ..IL.PROBLEMA...... Le reazioni sempre pi� allarmate con cui le imprese artigiane, ormai da anni, subiscono il susseguirsi di norme e provvedimenti che, in modo indiscriminato e generalizzato, le hanno assoggettate ad oneri economici, obblighi fiscali, adempimenti burocratici ed amministrativi oltrech� a vincoli di natura sindacale, per esse irricevibili ed innaturali, hanno costantemente evidenziato una situazione di progressiva gravit� che - dalla legge n. 108 alla minimum tax, all'ultimo D.L. n. 626 - ha travolto l'intera categoria. Soprattutto l'artigianato di tipo artistico, tradizionale, a conduzione familiare e di servizi, con contenuti impositivi che appaiono in aperto contrasto ed antitesi al principio di "tutela e sviluppo" dell'artigianato previsto ed imposto al legislatore dal II comma dell'art. 45 della Costituzione. Tra i fattori che hanno consentito e determinato il verificarsi di tale fenomeno vi � stata, indubbiamente, la perdurante e totale carenza di una "Politica per l'Artigianato". ..LE PROPOSTE...... 1. La riforma della disciplina giuridica del settore (Legge quadro n. 443/85) deve tendere a: - consentire all'impresa artigiana di esercitare la propria attivit� anche nella forma di societ� unipersonale a responsabilit� limitata; - ribadire il principio della obbligatoriet� e della efficacia costitutiva dell'iscrizione all'Albo, perch� la riconosciuta qualifica di impresa artigiana costituisca valore vincolante ai fini dell'applicazione di tutte le norme legislative ed amministrative ad essa riferibili. 2. Per rendere possibile l'occupazione in questo settore si rende necessario: - riformare l'attuale sistema di collocamento; - escludere dalla disciplina dei licenziamenti individuali, prevista dalla Legge n. 108/90, le imprese artigiane con meno di cinque dipendenti; - aggiornare la normativa sull'apprendistato prevedendo: a) l'elevazione del limite d'et� massimo di assunzione; b) il superamento della barriera legislativa che impedisce ai diplomati delle scuole professionali di fare apprendistato; c) la differenziazione delle agevolazioni ed incentivazioni a favore dell'artigianato artistico e pi� tradizionale; d) il riconoscimento del ruolo del maestro artigiano nei settori a pi� alto contenuto formativo, attraverso incentivi e compensazioni fiscali all'assunzione di apprendisti. 3. Occorre inoltre una azione legislativa sul piano fiscale e tributario mirata a: a) eliminare ogni criterio di accertamento automatico o induttivo e fare ricorso, invece, agli studi di settore da elaborare con la collaborazione attiva delle categorie economiche e produttive interessate; b) abolire l'imposta di successione per le imprese artigiane e detassare l'avviamento quando l'impresa � ceduta ad altri artigiani. 4. E' necessario uno specifico intervento normativo teso a debellare il fenomeno del lavoro abusivo. 5. Modificare il Decreto legislativo n. 626/94, non perch� le imprese artigiane siano contrarie al miglioramento della sicurezza dei luoghi di lavoro, ma perch� cos� come formulato le costringe a soggiacere a disposizioni inutili ed al rischio di incorrere in una serie di sanzioni anche per lievi infrazioni. 6. Semplificare, per quanto riguarda la regolamentazione ambientale, gli adempimenti previsti dalla normativa vigente e limitare la tassa comunale per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani alla sola superficie non destinata alla produzione. 7. Riforma organica della legislazione in materia di locazioni, con particolare riferimento a quelle che svolgono mestieri artistici e tradizionali ubicate nei centri storici. 19. L'impresa agricola ..IL.PROBLEMA...... L'imminente revisione della PAC (Politica Agricola Comunitaria), l'inevitabile allargamento della Unione Europea ai Paesi dell'Est, la graduale globalizzazione dei mercati determineranno nel prossimo futuro riduzioni sui prezzi dei prodotti agricoli e una complessiva diminuzione delle misure di sostegno per il settore agricolo stesso. In questo mutato contesto aumenter� considerevolmente la competizione nei confronti dei Paesi dell'Unione Europea pi� che nei riguardi dei Paesi extracomunitari. L'agricoltura italiana non �, in generale, in grado di affrontare tale sfida. Infatti, da tempo, l'agricoltura italiana soffre di alcuni specifici problemi che la penalizzano fortemente nei confronti dei Paesi concorrenti. Il sistema agroalimentare soffre inoltre del pluriennale disinteresse da parte dei poteri politici che ne sottovalutano l'importanza dal punto di vista socio-economico, occupazionale e ambientale e del commercio estero. Viene, inoltre, riconosciuta l'importanza dell'azione di salvaguardia del territorio e dell'ambiente che l'agricoltura, e specialmente lo sviluppo arboreo, svolge, nelle aree di montagna e collinari, in relazione al dissesto idrogeologico e nell'hinterland delle aree urbane, in relazione alla qualit� della vita. ..LE PROPOSTE...... 1. Determinare gli oneri previdenziali sulla base del reale costo del lavoro, concordandoli tra le parti sociali in relazione alla specificit� delle varie aree agricole. 2. Attuare la fiscalizzazione degli oneri sociali nelle aree svantaggiate cos� come individuate dall'Unione Europea, al fine di favorire l'occupazione, frenare l'esodo e tutelare l'ambiente a condizione che l'impresa agricola accetti i compiti di "guardiano ecologico". 3. Reimpostare il sistema di tassazione dell' impresa agricola che si basi sul concetto che la "terra" � un bene strumentale indispensabile per l'attivit� imprenditoriale, generalmente di carattere individuale e familiare e pertanto deve essere gradualmente esonerata dall'applicazione della imposta di registro. 4. Mantenere le agevolazioni fiscali sull'energia (es. gasolio agricolo), che permettono di salvaguardare la competitivit� dei prodotti agricoli, ma destinarle solo a favore di coloro che si dedicano realmente all'attivit� agricola. 5. I finanziamenti nazionali devono prioritariamente essere finalizzati a garantire il cofinanziamento dei fondi comunitari e a perseguire alcuni obiettivi, tra cui: il rafforzamento dell' azienda agricola attraverso la ricomposizione fondiaria e l'aumento delle dimensioni medie delle aziende; la capitalizzazione e la concentrazione delle strutture di trasformazione e commercializzazione gestite direttamente dai produttori agricoli in varie forme associati; l'integrazione del processo produttivo a valle secondo logiche di filiera; la promozione di politiche di qualit� dei prodotti; l'insediamento stabile dei giovani in agricoltura; lo sviluppo di una appropriata politica dei trasporti dei prodotti agricoli. 6. Il credito agrario deve essere indirizzato prioritariamente verso coloro che svolgono l'attivit� agricola in modo professionale e prevalente, con particolare riguardo ai giovani. 7. Sostenere l'attivit� dell'agricoltore a difesa del territorio soprattutto nelle aree montane e svantaggiate riconoscendone il ruolo di "guardiano ecologico", in quanto svolge un' essenziale azione nella difesa del suolo dall'erosione e dal dissesto idrogeologico, nella tutela della biodiversit� animale e vegetale, nella conservazione del paesaggio rurale e delle sane tradizioni della civilt� contadina. 8. Promuovere la produzione di biocarburanti e di produzioni eco-compatibili non alimentari. 9. Rivedere la funzione dei consorzi di bonifica per renderli rispondenti alle esigenze dell'utenza ed organizzare sul territorio un efficiente sistema irriguo con costi compatibili con i costi dei prodotti. 20. Politica agricola ..IL.PROBLEMA...... Nel 1993 un referendum ha abrogato il Ministero dell'Agricoltura e Foreste (MAF) prontamente sostituito dal Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali (MiRAAF), in quanto l'appartenenza all'Unione Europea imponeva, ed impone tutt'oggi, l'esistenza di un interlocutore unico con Bruxelles. La Legge 491/93 che ha dato vita al MiRAAF dettava gli ambiti di azione del nuovo Ministero e il decentramento di gran parte delle competenze del vecchio MAF alle Regioni. Ancora oggi tale riforma � solo parzialmente attuata, a causa anche della farraginosit� delle procedure, mentre la competizione agroalimentare, in sede europea, si fa sempre pi� serrata. La medesima legge ha stabilito inoltre che tra gli enti e organismi controllati dal MiRAAF da sottoporre a riforma vi � anche l'Azienda di Stato per gli Interventi sui Mercati Agricoli (AIMA), la cui ristrutturazione � quanto mai urgente, per garantire celerit� nel pagamento alle aziende agricole degli aiuti al reddito: anche in questo caso le resistenze di gruppi di interesse hanno impedito persino la sua ristrutturazione attraverso il commissariamento. Manca ancora una nuova legge di programmazione attraverso cui individuare interventi mirati sul territorio. ..LE PROPOSTE...... 1. Dare completa attuazione al riassetto del Ministero attraverso: la razionalizzazione degli organici nelle strutture centrali e periferiche, il graduale trasferimento delle competenze, delle risorse finanziarie ed umane alle Regioni, la valorizzazione del ruolo del Comitato Stato-Regioni, l'introduzione di concrete norme volte a permettere la deroga da parte del Ministero delle competenze regionali in caso di ritardi, inefficienze e inadempienze di queste ultime, affinch� non vengano penalizzati gli agricoltori e non si sottoutilizzino i fondi nazionali e comunitari destinati all'agricoltura. 2. Riformare il Corpo Forestale dello Stato alla luce del mutato quadro di riferimento e dell'evoluzione del rapporto tra agricoltura e ambiente verso forme integrate di gestione del territorio. 3. Migliorare l'informazione a favore degli agricoltori circa le opportunit� offerte dall'AIMA attraverso sportelli regionali informatizzati. Bisogna riorganizzare la struttura centrale dell'AIMA affinch� questa possa trasferire celermente le provvidenze comunitarie agli agricoltori, provvedendo, nel contempo, al controllo della corretta destinazione ed utilizzazione dei fondi secondo i criteri richiesti in sede europea. 4. Regionalizzare il contenzioso e la gestione delle pratiche anomale per accelerare i tempi di risoluzione e liquidazione delle pratiche. 5. Occorre definire con chiarezza le competenze dell'Universit� (ricerca di base) e degli Istituti ministeriali e regionali (ricerca applicata e sperimentazione), orientando la ricerca e finalizzandola alle reali esigenze degli operatori agricoli e favorendo la partecipazione dei privati. 6. Promuovere la partecipazione attiva al processo di elaborazione delle proposte fin dalla loro presentazione in Commissione. Occorre pertanto predisporre per tempo linee tecnico-politiche sugli argomenti di maggiore importanza come: la riforma delle Organizzazioni Comuni di Mercato (O.C.M. vino, olio, ortofrutta), la ormai prossima riforma della Politica Agricola Comunitaria, la difesa dei prodotti mediterranei in sede di Organizzazione del Commercio Internazionale. 7. Occorre, comunque, migliorare il recepimento delle norme europee e la loro corretta applicazione. 8. Migliorare l'efficienza nell'erogazione delle risorse comunitarie oggi fortemente sottoutilizzate, coinvolgendo organismi privati e garantendo un continuo monitoraggio sulla destinazione e corretta utilizzazione delle risorse stesse. 9. Promuovere, in sede europea, la protezione dei prodotti italiani, a denominazione tipica, garantita all'origine, e il prodotto italiano di qualit�. 21. Professionisti ..IL.PROBLEMA...... Il mondo delle professioni rappresenta certamente una delle migliori realt� del nostro Paese. Allo stato attuale, dal punto di vista fiscale, i professionisti vengono ricondotti in maniera unitaria nell'ambito del reddito da lavoro autonomo derivante da esercizio di arti e professioni; mentre, dal punto di vista previdenziale, sono suddivisi in tre grandi gruppi con caratteristiche normative differenti: - le attivit� professionali tradizionali, costituite da soggetti che svolgono attivit� autonoma di libera professione, il cui esercizio � subordinato all'iscrizione ad appositi albi o elenchi, per i quali gi� sussiste l'obbligo di iscrizione in apposite casse di previdenza; - le nuove professioni, costituite da soggetti che svolgono attivit� autonoma di libera professione, il cui esercizio � subordinato all'iscrizione ad appositi albi o elenchi, per i quali non sussiste l'obbligo di iscrizione in apposite casse di previdenza; - i lavoratori autonomi non iscritti ad albi professionali ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per i quali non sussiste obbligo di iscrizione in casse di previdenza. In realt�, recentemente, la legge di riforma del sistema previdenziale ha esteso l'obbligo contributivo anche alle categorie di lavoratori autonomi prima escluse. Pur se tale principio di assicurare a tutti una tutela previdenziale � pienamente condivisibile, tuttavia va certamente contestata la scelta legislativa di imporre un'applicazione generalizzata del contributo del 10% . Il fatto che la legge preveda l'obbligo contributivo anche per i professionisti gi� pensionati o gi� iscritti ad altra forma di previdenza rivela chiaramente il vero obiettivo perseguito: risolvere i problemi di bilancio dell'INPS e vessare i liberi professionisti. ..LE PROPOSTE...... 1. Semplificare le regole di accesso al mondo delle professioni e di esercizio delle stesse adeguando la nostra normativa a quella europea facendo leva su una seria e rigorosa pratica professionale, oltrech� sugli esami di accesso, nel rispetto delle esigenze proprie di ciascuna professione. 2. Attuare la costituzione in seno al Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro di una Consulta del lavoro autonomo, che identifichi e rappresenti - anche con audizioni in Parlamento - coloro che svolgono attivit� autonoma di libera professione per costruire, vista anche la loro competenza specifica in materia di leggi e di interazione delle leggi con l'economia privata, uno Stato migliore, pi� trasparente e soprattutto pi� efficiente. 3. Prevedere nella consultazione da parte delle istituzioni pubbliche delle parti sociali, accanto ai tradizionali organismi rappresentativi sindacali, anche degli organismi rappresentativi dei liberi professionisti. 4. Assicurare il diritto alla previdenza anche alle categorie di liberi professionisti che ne sono attualmente sprovviste, consentendo loro la possibilit� di scegliere lo strumento previdenziale pi� idoneo, anche a salvaguardia della loro autonomia. 5. Garantire le categorie interessate dai pericoli di doppia imposizione contributiva, esclu-dendo i liberi professionisti gi� pensionati e coloro che esercitano gi� un'attivit� lavorativa fornita di autonoma tutela previdenziale dall'obbligo di versare contributi aggiuntivi (direttivamente o indirettamente) all'INPS. 22. Lavori pubblici ed edilizia ..IL.PROBLEMA...... I temi dell'urbanistica, delle infrastrutture e dell'edilizia sono tra loro strettamente interdipendenti. Questo intreccio opera, peraltro, negativamente sia per la politica del territorio che per l'edilizia perch� la materia � dispersa in una molteplicit� di leggi, provvedimenti, programmi, che danno luogo a confusioni, vincoli incrociati, blocchi che impediscono spesso la utilizzazione di finanziamenti stanziati, lo sviluppo e il completamento di opere e di edifici con incroci di responsabilit� che paralizzano il settore edilizio con gravi conseguenze sull'occupazione. La legge Merloni sui lavori pubblici, con i suoi eccessi di dirigismo utopistico, si � rivelata ben presto inapplicabile. Ma la sua semplificazione, iniziata dal Governo Berlusconi, � stata poi bloccata in Parlamento per il prevalere di tendenze dirigiste e anti-semplificatorie. La riduzione della domanda privata causata dall'aumento della pressione fiscale sugli immobili e dalla compressione dei redditi e il blocco della spesa pubblica hanno determinato una flessione dell'attivit� del settore di circa il 10% rispetto alla media del periodo precedente ai Governi Amato e Ciampi. Tale crisi assume maggior rilevanza considerando che gli investimenti in costruzioni rappresentano il 51% degli investimenti fissi totali, e il 25,1% degli occupati nell'industria apparteneva al ramo edilizio. Tutto ci� ha determinato una discesa dei livelli produttivi delle aziende di costruzione e delle aziende dell'indotto. ..LE PROPOSTE...... 1. Elaborare un Testo Unico in materia urbanistica e per il riordino delle procedure con la: - introduzione di procedure celeri nella approvazione di strumenti urbanistici; - estensione organica e regolamentazione degli Accordi di Programma e delle Conferenze dei Servizi; - introduzione generalizzata del silenzio-assenso (salvo restando tutte le competenze relative alle insostituibili funzioni di tutela degli interessi generali da parte delle autorit� di vigilanza). 2. Concentrazione in un unico Ministero per le Infrastrutture e il Territorio delle competenze nelle materie in esame sparse oggi in tanti Ministeri (o Direzioni di alcuni di essi), non coordinati e spesso in contrasto. 3. Regolamentazione dei provvedimenti di vincolo per un coordinamento nella tempestivit� delle loro introduzioni e per la definizione degli stessi in un quadro di generale pubblico interesse. 4. Elaborare uno strumento legislativo quadro per l'utilizzo delle Aree produttive dismesse che stabilisca: - l'utilizzo di parte dell'area per le esigenze standard delle zone limitrofe; - l'obbligo di un contenuto occupazionale continuo certo; - l'obbligo di prevedere interventi di interesse pubblico; - la previsione di interventi dell'Operatore per un riequilibrio economico complessivo; - la previsione di Societ� miste pubblico-privato per la gestione delle operazioni; - incentivazioni fiscali. 5. Attivare le procedure di spesa per i 18.000 mld deliberati dai programmi di edilizia residenziale agevolata e sovvenzionata (1992-1995) e sottoscrivere gli accordi di programma Stato-Regioni (30 marzo 1993). 6. Evitare per il 1996 il blocco delle risorse gi� programmate dalle Amministrazioni. 7. Attivare le procedure per i 5000 mld di spesa previsti dall'ex art. 18 L. 203/91. 8. Pagare alle imprese i 10.000 mld ed oltre di crediti per lavori eseguiti per conto delle Pubbliche Amministrazioni. 9. Operare nel senso di una riduzione del carico fiscale sugli immobili e attuazione delle disposizioni sulle procedure di intervento nelle aree metropolitane (L. 4/11/93 n. 493 e del D.L. 498/93). 10. Favorire, ovunque possibile, attivazione di operazioni di "project financing". 23. Moda e design ..IL.PROBLEMA...... Il settore tessile-abbigliamento-moda, nel quale si esprime con grande forza il valore e anche il prestigio del design italiano, � uno dei pi� importanti elementi dell'economia italiana e delle nostre esportazioni. E' sempre mancata una politica di supporto allo sviluppo del "sistema" economico-produttivo del quale i settori moda e design sono parte determinante. Senza un tale riconoscimento l'Italia perderebbe settori trainanti della sua economia e gli elementi pi� originali della sua partecipazione all'Unione Europea. ..LE PROPOSTE...... 1. Vanno promossi progetti che portino ad uno sviluppo controllato del sistema moda-design. 2. I programmi vanno articolati anche con progetti di legge regionali collegati ad un quadro nazionale. 3. I progetti debbono costituire supporti concreti (promozione, formazione, ecc.) per le industrie produttive e il loro indotto. 4. La moda per mantenere e aumentare la sua attrattiva e il suo valore deve essere promossa in modo da esaltare le sue caratteristiche e tutti i suoi collegamenti con il mondo industriale. 5. Il design industriale deve essere sostenuto soprattutto sia nella valorizzazione dei prodotti (auto, arredo, gioielli, accessori) sia con programmi di formazione professionale di forte attrattiva per i giovani. 24. Trasporto merci ..IL.PROBLEMA...... Si ha un livello dei servizi insoddisfacente e una perdita della competitivit� internazionale. I danni ambientali ed altri elementi ancora testimoniano l'inefficienza del sistema dei trasporti, la cui inadeguatezza non si � tuttavia ancora manifestata in tutta la sua gravit�. Infatti, senza interventi a sostegno del settore, si determiner� un pesante, sia in termini sociali che economici, dirottamento di flussi di merci a favore di imprese di altri Paesi. ..LE PROPOSTE...... 1. Attuare la ristrutturazione del settore ipotizzando incentivi opportuni per lo sviluppo del trasporto combinato, e contemporanea assunzione delle opportune iniziative per impedire l'incremento della capacit� di trasporto su gomma, come indicato pi� volte dall'Unione Europea, al fine di favorire l'insorgere di uno sviluppo controllato e compatibile con i bisogni della collettivit� in tema di ambiente, sicurezza e diritto alla mobilit�. 2. Incentivare ogni iniziativa tendente a realizzare una formazione professionale specifica degli operatori del settore. 3. Assumere iniziative tese a modificare il Codice della Strada per assicurare sulle strade una maggior sicurezza per tutti gli utenti e norme equivalenti a quelle vigenti in Europa. 4. Adeguare la politica tariffaria alle esperienze esistenti in altri Paesi europei mirando ad assicurare l'osservanza di parametri di operativit� al fine di produrre sicurezza per i cittadini. 5. Realizzare condizioni di certezza nella applicazione delle norme predisponendo una riforma degli uffici della Motorizzazione Civile, che, gestita con criteri privatistici, fornisca agli utenti servizi funzionali al soddisfacimento dei loro bisogni. 6. Predisporre una azione di accertamento sulla compatibilit� delle attuali infrastrutture, rispetto al previsto incremento che si determiner� nella domanda di trasporto stradale, per approntare un piano di interventi e destinare ad esso le risorse necessarie. Sar� per� indispensabile avviare immediatamente alcune opere gi� finanziate tra le quali la variante di valico Bologna-Firenze che assume priorit� assoluta. 7. Adottare nuove iniziative nel settore intermodale e portuale, come quello dei porti contenitore. 25. Pesca ..IL.PROBLEMA...... Vi � l'urgenza di affrontare l'indifferibile tema dell'adeguamento alla normativa comunitaria e contemporaneamente � necessario promuovere in sede europea l'adozione di accordi che consentano alle nostre flotte pescherecce di operare in acque dei Paesi extracomunitari bagnati dal Mediterraneo. Infatti, a fronte di una domanda di prodotti ittici in continua crescita, si riscontra una penuria di risorse, dovuta all'eccessivo prelievo oltre che all'uso di tecniche di pesca non sempre rispettose dell'ecosistema marino. E' opportuno pertanto affrontare il problema del fermo biologico (cio� la temporanea sospensione delle attivit� di pesca per ragioni sia ambientali che di ripopolamento ittico) e delle misure finanziarie connesse che devono essere adottate per renderlo uno strumento permanente. Vi � infine il problema della scarsa integrazione della filiera e dell'insufficienza delle politiche commerciali e di valorizzazione del prodotto ittico sia sul mercato interno che nel contesto internazionale. ..LE PROPOSTE...... 1. Dare attuazione a una normativa quadro con valenza strategica per il settore, in grado di offrire soluzioni ai problemi lasciati irrisolti dalla ormai superata Legge 41/82. 2. Razionalizzare lo sfruttamento delle risorse, regolare lo sforzo di pesca, prevedere l'adozione di strumenti di finanziamento per il rinnovo delle tecnologie, per lo sviluppo della filiera a valle e per favorire lo sviluppo dell'acquacoltura, della vallicoltura e della maricoltura. 3. Prevedere misure finanziarie e di programmazione a sostegno del fermo biologico: per fronteggiare l'impoverimento delle risorse ittiche e sostenere in sede europea la fondamentale valenza del fermo biologico allo scopo di ottenere specifiche forme di cofinanziamento della misura e fare del fermo biologico uno strumento stabile di riferimento per la programmazione delle stagioni ittiche. 4. Sollecitare in sede europea l'allungamento del periodo di transizione per il pieno recepimento delle norme comunitarie in materia di tagli minimi dei prodotti ittici. 5. Sottoscrivere accordi per la pesca con i principali Paesi del bacino mediterraneo in sede europea. Tali accordi devono essere mirati a risolvere il problema della carenza di risorse ittiche italiane e a porre fine alle situazioni di contenzioso con i Paesi terzi con cui avviare una proficua stagione di cooperazione anche in relazione alla nuova iniziativa europea per il Mediterraneo. 6. Promuovere la ricerca applicata, abbinando allo scopo maggiori risorse e una maggiore collaborazione con le Universit� sia delle localit� marittime italiane che di Paesi frontalieri del Mediterraneo. 7. Migliorare il coordinamento di tutte le competenze nel settore della pesca e dell'acquicoltura, concentrandole presso un unico Dicastero. 26. Turismo ..IL.PROBLEMA...... Le attivit� connesse direttamente o indirettamente con il turismo rappresentano per consistenza uno dei principali settori economici del nostro Paese, ma le potenzialit� da valorizzare e da mettere a frutto sono tuttora immense e grandissimo � lo spazio per offrire occasioni importanti di sviluppo e di rilancio economico anche per le regioni e le aree pi� svantaggiate. In altri termini la valorizzazione del settore turistico pu� dare un contributo decisivo per il rilancio economico ed occupazionale soprattutto nel Sud e nelle isole. Obiettivo strategico di questa politica deve essere quello di rendere attrattivo e conveniente l'investimento nel turismo, rimuovendo ogni ostacolo che limita e condiziona l'impresa turistica innovativa. ..LE PROPOSTE...... 1. Introdurre incentivi per iniziative turistiche diversificate per tipologie, destinatari, mete e soprattutto per una diffusione e riqualificazione dell'offerta alberghiera medio-familiare. 2. Uniformare i criteri della classificazione alberghiera. 3. Istituire presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il fondo rotativo per l'innovazione delle imprese turistiche la cui entit� � definita ogni anno in sede di legge finanziaria, dando priorit� alla riqualificazione del patrimonio ricettivo esistente e all'adeguamento alle norme di sicurezza. 4. Escludere dall'imposizione sul reddito d'impresa il 50% del volume degli investimenti realizzati dalle imprese turistiche. 5. Eliminare alcune normative obsolete in campo sanitario e del T. U. di Pubblica Sicurezza che penalizzano l'attivit� delle imprese turistico-ricettive, senza dare nessuna particolare tutela aggiuntiva. 6. Adeguare il sistema dei costi e i prezzi praticati al pubblico agli standard europei. 7. Consentire alle imprese turistiche un'adeguata informazione ed un agevole accesso ai cofinanziamenti comunitari sui progetti di promozione turistica. 8. Formazione e riqualificazione del personale addetto alle strutture ricettive e creazione di nuove scuole turistico-alberghiere. 9. Definire le attivit� professionali in campo turistico provvedendo alla formazione di un elenco unico definito a livello nazionale. 10. Favorire l'organizzazione di interventi turistici integrati in aree interne marginali, inserendo indicazioni vincolanti nei piani urbanistici regionali, sub-regionali e comunali. 11. Promuovere iniziative che prevedano, ad esempio, la valorizzazione dei 500 "centri minori" presenti in Italia e il loro inserimento in pacchetti turistici. 12. Creare un'agenzia nazionale del turismo gestita a prevalente conduzione privatistica, con il compito di valutare e coordinare il programma nazionale e quelli interregionali. 13. Favorire l'attivit� in campo turistico, in particolare per le fasce sociali pi� deboli, quali i giovani, gli anziani ed i portatori di handicap. 14. Adeguare la Legge quadro 217 alle direttive comunitarie. 15. Creare un programma di investimenti per le infrastrutture i cui costi di ristrutturazione e/o di nuova edificazione devono essere sostenuti dai privati favoriti dalle agevolazioni del credito, attraverso tassi ridotti, politiche di defiscalizzazione degli oneri investiti e, dove possibile, in contributi da restituire a tasso zero garantiti dall'Amministrazione pubblica. 27. Sistema dei media ..IL.PROBLEMA...... L'innovazione tecnologica (satelliti, fibre ottiche, compressione dati) moltiplica il numero dei canali che le abitazioni possono ricevere e abolisce le barriere nazionali. Rai, Fininvest, Tmc vedranno presto la concorrenza dei colossi televisivi di tutto il mondo. I nuovi canali saranno per la maggior parte a pagamento e la pubblicit� rappresenter� una quota calante delle risorse televisive. Gli spettatori avranno molte pi� scelte di oggi e una quota crescente del mercato toccher� ad operatori internazionali. In questa fase di forte competizione l'Italia, per ostacoli normativi e risse aziendali, rischia di disperdere il grande patrimonio di capacit� e creativit� accumulato dal dopoguerra fino ad oggi. ..LE PROPOSTE...... 1. Assicurare la competizione sul mercato per tutti gli operatori (italiani ed esteri) senza comprimere la crescita delle aziende nazionali (che ormai devono competere con colossi internazionali di dimensioni assai maggiori). 2. Puntare sulla capacit� professionale degli operatori invece che su normative rigide e complicate (come la legge sulla par condicio), le quali impediscono, soprattutto agli operatori minori, di svolgere il loro lavoro e di cogliere tutte le opportunit� di mercato (la gran parte delle televisioni locali ha rinunciato a fare pubblicit� e informazione in materia elettorale proprio per questo motivo). 3. Creare condizioni favorevoli per lo sviluppo della pay-tv e delle pay-per-view agevolando il ricorso alle nuove tecnologie. 4. Favorire l'ingresso in Rai dei capitali privati: cos� come espresso dai cittadini nei referendum. Ci� consentirebbe di migliorare l'organizzazione dell'azienda, di sottrarla al controllo dei politici e di valorizzare le capacit� dei professionisti che vi lavorano. 5. Abolire le sovvenzioni a pioggia. Varare una seria politica industriale per il cinema premiando gli investimenti nell'ammodernamento dell'esercizio e nel marketing della distribuzione; incentivare attraverso misure di radicale defiscalizzazione il settore del teatro e dello spettacolo in genere, senza interventi assistenziali. 28. Politica industriale ..IL.PROBLEMA...... Frammentazione degli interventi, stratificazione di leggi nel tempo, rincorsa di interventi singoli senza strategia coordinata fra settori e sul territorio hanno prodotto una situazione di non-politica industriale. Abbiamo un insieme di regolamentazioni complesse e burocratiche. E questo in un Paese con una larga base di piccola e media industria vitale e dinamica. E' una struttura produttiva che ha bisogno particolarmente di un quadro organico e coerente di sostegno della crescita, della innovazione tecnologica, della capacit� di competere sul mercato europeo e globale, non solo con la propria bravura e spirito di iniziativa, ma anche con il sostegno istituzionale ed economico del sistema-paese. La inefficienza del sostegno pubblico al sistema industriale delle imprese si riassume in: 1) incapacit� di finanziare adeguatamente con gli strumenti del credito a medio termine disponibili le nuove iniziative imprenditoriali, ossia incapacit� di selezionare i progetti di successo, per ripiegare sul solito sistema di finanziamento a pioggia; 2) mancanza di assistenza per le fasi progettuali e specialmente di reperimento dei fondi comunitari; 3) inadeguatezza del sistema fiscale che impedisce una solida capitalizzazione e distorce la profittabilit� negli stadi iniziali della crescita della piccola impresa. ..LE PROPOSTE...... 1. Promuovere una politica industriale che non significhi pi� finanziamento agevolato pubblico, ma sostegno strategico del sistema-paese, con una adeguata politica di ricerca, di commercio estero, di semplificazione e chiarezza delle regole, di infrastrutture. 2. Attuare una politica del lavoro nel senso di una maggiore flessibilit� nelle assunzioni e nel rapporto giuridico di lavoro, con particolare riguardo alla impresa che investe in nuova tecnologia che non pu� essere vincolata da normative di lavoro rigido. 3. Occorre dare immediata priorit� a operazioni di snellimento e delegificazione per ampliare la base occupazionale e la convenienza economica all'insediamento produttivo nel Paese, soprattutto nel Sud. 4. Semplificare le procedure per ottenere permessi urbanistici, edilizi, igienici, ecc., e le regole previdenziali e sindacali rendendole chiare e semplici. 5. Adeguare la tassazione delle societ� ai livelli europei. 6. I fondi per la ricerca applicata e il progresso tecnologico vanno devoluti per reali innovazioni tecnologiche, viste in un quadro sistematico e non a pioggia; evitando di privilegiare, come sin qui si � fatto, grossi investimenti di grandi imprese, che hanno assorbito gran parte delle risorse per iniziative di modesto contenuto tecnologico e innovativo. 7. L'erogazione dei fondi pubblici deve ispirarsi ai due seguenti criteri: - pochi e chiari parametri progettuali all'inizio delle iniziative; - ferree procedure di rendicontazione per l'erogazione effettiva in corso d'opera. 8. La collaborazione fra industria e centri di ricerca va accentuata, rimuovendo le barriere che attualmente ostacolano i rapporti Universit�-ricerca. 9. Le ristrutturazioni che fanno emergere plusvalenze, in relazione a quotazioni in Borsa, non vanno scoraggiate con la tassazione. 10. Va curata l'immagine del made in Italy a livello internazionale, con una maggiore attenzione dei soggetti pubblici, ai vari livelli, alle iniziative promozionali che lo riguardano. 29. Scuola ..IL.PROBLEMA...... E' in atto una fortissima competizione per una nuova divisione internazionale del lavoro. La scuola diviene protagonista centrale, perch� nella competizione mondiale odierna conta sempre di pi� la quantit� e la qualit� del sapere incorporato in ciascuna unit� di prodotto. Occorre evitare di illudersi che si possa ulteriormente procedere con interventi parziali, con correzioni marginali, con leggi e provvedimenti amministrativi scollegati tra di loro. Nonostante il grande impegno profuso da docenti, presidi e personale amministrativo tutto nei passati decenni, le iniziative riformatrici slegate e dequalificanti che si sono succedute negli anni e il prevalere di logiche partitico-sindacal-burocratiche hanno portato all'attuale degrado della scuola, ed hanno penalizzato soprattutto le classi pi� disagiate, costrette a pagarne le conseguenze in termini di minore preparazione con conseguente perdita di occasioni di occupazione. Gli insegnanti sono mal pagati e poco incentivati. La scuola � priva di ogni autonomia: la professionalit� e la creativit� di presidi e docenti � continuamente mortificata, il ruolo dei genitori � molto spesso soltanto formale. Gli utenti della scuola non hanno, infine, alcuna possibilit� di scegliere e di intervenire sull'istruzione, fondamentale libert� di scelta nel settore formativo che � segno delle democrazie avanzate. ..LE PROPOSTE...... 1. Investire nella scuola e riformare la scuola sono due dei pi� rilevanti compiti che l'Italia ha davanti a s�, se vuole vincere la sfida della libert� e della creativit� di fronte alla quale la pone il mondo contemporaneo. Il nuovo sistema scolastico dovr� ad un tempo potenziare e rinnovare la dimensione culturale, professionale e nazionale degli studenti e favorire il radicamento locale della scuola, proprio di uno Stato federale. Centralit� dello studente e competitivit� dell'intero sistema scolastico sono le due direttrici di fondo di una strategia scolastica globale che intendiamo indicare come necessit� prioritaria del nostro Paese. 2. Occorre rivedere a fondo innanzitutto i programmi di insegnamento per renderli pi� adeguati sia ad un rinnovato slancio culturale, sia umanistico che scientifico, sia alle straordinarie innovazioni del lavoro contemporaneo. 3. Occorre procedere quindi al nuovo ordinamento, ormai maturo, della scuola dell'infanzia, che costituisce una delle migliori innovazioni scolastiche degli ultimi anni. 4. La riforma della scuola elementare deve essere rivista in un'ottica di maggiore libert� e funzionalit� delle presenze dei docenti, svincolata da assegnazioni burocratiche generalizzate e maggiormente rispondente alle richieste delle famiglie e al progetto educativo di istituto. 5. Occorre inoltre procedere ad una revisione della scuola media nel quadro di una continuit� educativa e didattica con la scuola elementare e di raccordo alla riforma delle superiori, a loro volta aperte all'innovazione dei corsi post-secondari scolastici, che costituiscono una grande innovazione dell'attuale sistema normativo, anche se tuttora attuati prevalentemente nel Mezzogiorno e nell' istruzione tecnica e professionale. 6. Si ripropone, come azione prioritaria del legislatore, l'elevamento della scuola dell'obbligo assicurando la pari dignit� formativa dei bienni iniziali di tutti i tipi di scuola secondaria, accompagnato da una revisione dei percorsi formativi che assicuri a tutti i giovani una preparazione culturale pi� idonea a promuovere la crescita personale e preveda un sistema organico di orientamento e riorientamento finalizzato a prevenire l'alta percentuale di dispersione scolastica anche attraverso passaggi di indirizzo nel biennio e nel triennio, crediti formativi, recuperi, rientri e alternanza scuola/lavoro. 7. Favorire la piena autonomia delle istituzioni scolastiche pubbliche, con la possibilit� di realizzare pi� offerte formative a partire da una nuova disciplina dei diritti e dei doveri degli studenti, di una rigorosa garanzia per la libert� di insegnamento, di un ruolo pi� incisivo dei genitori, di nuovi e pi� flessibili strumenti di gestione e di controllo, con l'attribuzione di pi� consistenti prerogative sul piano didattico, organizzativo, di ricerca e di sviluppo, amministrativo, patrimoniale e contabile ai singoli istituti o a reti di scuole. Incentivare la modernizzazione e l'efficienza delle scuole pubbliche con una appropriata politica di distribuzione delle risorse pubbliche. 8. Avvio concreto della riforma del Ministero della Pubblica Istruzione secondo le pi� moderne esperienze europee, nel senso di un forte decentramento dei livelli decisionali dell'amministrazione centrale, riconducendola al suo ruolo di servizio alle scuole. Nella riforma del governo dell'istruzione vanno affidate a livello centrale le competenze e le funzioni a forte contenuto tecnico e non pi� gestionali quali la valutazione, la ricerca, l'orientamento e la documentazione. 9. Decentrare al massimo l'amministrazione del personale cercando di renderla pi� flessibile ed adeguandola alle esigenze del servizio scolastico. Questo obiettivo si pu� raggiungere attraverso nuove modalit� di accesso alla carriera docente e direttiva (concorsi pubblici con preselezioni; liste di idoneit� con chiamata diretta da parte delle scuole); introduzione di elementi di valutazione di carriera per tutto il personale; introduzione della figura del dirigente scolastico; contrattazione separata per il personale docente e per quello non docente; garantire il sistema di formazione universitario per tutti i docenti (formazione iniziale) e la pianificazione pluriennale dell'aggiornamento da parte dei singoli istituti o reti di scuole (formazione in servizio). 10. Consentire una effettiva possibilit� di scelta fra la scuola statale e la scuola non statale con una Legge quadro sulla parit�, prevista dalla Costituzione e fino ad ora mai adottata. La competizione tra diverse offerte formative nella scuola statale e scuola non statale pu� infatti garantire meglio libert�, responsabilit� ed efficienza. In particolare, occorre procedere alla ridefinizione del concetto di "pubblico", allargando il circuito statale alle scuole non statali attraverso la definizione di standard minimi di qualit� delle scuole (quali ad esempio la formazione e l'aggiornamento dei docenti; l'esistenza di un edificio nato per essere scuola, di attrezzature bibliotecarie e sportive, qualit� dell'apprendimento e dell'insegnamento) verificati attraverso un sistema nazionale di valutazione. Prevedere anche per le scuole non statali un sistema flessibile e graduale di sostegno pubblico, senza aggravio per il bilancio dell'istruzione pubblica anche mediante il passaggio ad esse di insegnanti delle scuole statali. In ogni caso va garantita l'uguaglianza delle condizioni di accesso alle scuole che chiedono ed ottengono di far parte del servizio pubblico riformato. 30. Formazione professionale ..IL.PROBLEMA...... L'Italia � molto arretrata quanto a riqualificazione di ampi settori del mercato del lavoro che altri Paesi industrializzati hanno attuato gi� a partire dagli anni '80, quando, sotto la spinta del cambiamento delle condizioni di produzione e di lavoro, hanno elaborato grandi progetti formativi per favorire l'incontro tra i bisogni delle imprese e la preparazione delle risorse umane. Siamo il Paese europeo con il maggior numero di laureati disoccupati e questo perch� una tipica debolezza del nostro sistema economico � proprio il suo basso tasso di innovazione e di istruzione professionale. Merita a tal fine ricordare che il Governo Berlusconi aveva presentato un organico disegno di legge di riforma dell'istruzione professionale e di raccordo tra scuola e lavoro destinato a modificare radicalmente la situazione esistente, dal punto di vista normativo. C'�, infine, da rilevare l'inadeguatezza della gestione da parte delle Regioni del sistema formativo professionale. ..LE PROPOSTE...... 1. Elaborare una mappa organica dei bisogni formativi sulla base di tre considerazioni: i settori di attivit�, la dimensione aziendale e la localizzazione territoriale. 2. La formazione dei giovani, gi� valorizzata con i contratti di formazione e lavoro, deve essere inoltre incentivata nel settore dell'apprendistato, mediante agevolazioni contributive, subordinatamente ad un impegno formativo minimo di 140 ore/anno, e nel lavoro interinale, con l'imposizione alle imprese di una contribuzione da destinare ad apposito Fondo per il finanziamento di corsi riservati a tale particolare categoria di lavoratori. 3. Occorre favorire maggiormente l'accesso dei privati al mercato della formazione professionale, superando completamente l'attuale legge. 4. Per i fondi regionali per l'istruzione professionale � necessario adottare meccanismi che coinvolgono nella programmazione operativa del loro impiego gli organismi per la funzione delle associazioni, delle imprese e dei sindacati riconosciuti dal CNEL. 31. Universit� ..IL.PROBLEMA...... Le Universit� italiane sono afflitte da una grave crisi di efficienza, autonomia, responsabilit� e qualit� anche per la mancanza di controlli adeguati. In molti casi, infatti, in ossequio al principio della libert� di accesso agli studi superiori, si � consentito alla popolazione studentesca di superare la capacit� massima compatibile col mantenimento della qualit� degli studi. In secondo luogo, l'afflusso complessivo di risorse al sistema universitario, legato quasi esclusivamente alle erogazioni dello Stato, si � rivelato inadeguato. La ripartizione di tali risorse fra le varie Universit� e le diverse aree disciplinari � stata spesso fatta in base a criteri ("politici" o di influenza personale) che nulla hanno a che spartire con esigenze didattiche e scientifiche. Accade cos� che un afflusso complessivamente modesto di risorse sia anche mal distribuito, con attribuzione di fondi in misura eccessiva in alcuni casi, del tutto inadeguata in molti altri. La nostra Universit� � priva di un disegno logico che ne sorregga le articolazioni e il funzionamento: non risponde a nessuno, disperde le sue energie, non premia i migliori, non si cura di controllare i suoi investimenti. E anche quella ricerca che vi si fa, talvolta eccellente, � pi� frutto di bravissimi ricercatori che il risultato di uno sforzo collettivo. Infine, si pone per l'Universit� anche un problema di equit�, perch� il servizio spesso va a persone che, nel corso della loro vita futura, percepiranno un reddito superiore alla media nazionale, non sopportandone ora il costo, che viene invece finanziato anche con denaro proveniente dalle tasche di contribuenti in condizioni economiche meno buone di quelle dei beneficiari del servizio. ..LE PROPOSTE...... 1. Riconsiderare il problema del "valore legale" della laurea nell'ambito del processo di costituzione dell'Unione Europea e riformare, conseguentemente, l'accesso all'impiego pubblico e alle professioni. 2. Attribuire agli Atenei un'ampia autonomia affinch� l'intero sistema universitario sia caratterizzato dalla presenza di elementi tipici di un mercato tra cui, soprattutto, la competizione fra singole sedi, piena responsabilit� di gestione, non solo finanziaria ma anche didattica e scientifica. 3. Permettere l'autonomia finanziaria dell'Universit� che dovr� essere gestita con idonea imprenditorialit�. Ogni Ateneo dovr� quindi essere messo nelle condizioni di ricercare il proprio equilibrio di bilancio, fra entrate (tasse, finanziamenti pubblici e privati, proventi di ricerca, ecc.) e uscite (costi), capace di ottimizzare la precipua funzione di diffusione della cultura scientifica fra le nuove generazioni. 4. Operare affinch� ogni Universit� abbia un numero di studenti adeguato alla capacit� di ospitarli senza rinunciare a standard qualitativi elevati e riportare la popolazione discente, in particolare nelle grandi citt�, a livelli accettabili, permettendo al corpo docente l'adempimento delle proprie funzioni. 5. Prevedere per gli studenti realmente meritevoli e a basso reddito adeguate borse di studio nazionali o locali (di Ateneo). Il finanziamento pu� anche essere effettuato facendo ricorso al "prestito d'onore", cio� la possibilit� di prendere a prestito a tasso agevolato un importo pari al costo della loro istruzione universitaria da restituirsi dopo l'ingresso nel mondo del lavoro. 6. Riqualificare le sedi universitarie del Mezzogiorno in modo da impedire la "fuga di cervelli" e attrarre, con appropriati incentivi, docenti di alto valore professionale. 7. Agevolare mediante incentivi fiscali i finanziamenti privati all'Universit�. 8. Favorire la mobilit� di studenti e docenti conferendo una maggiore autonomia ai Rettori e alle Amministrazioni Universitarie, ridando allo Stato il ruolo di stimolare la produzione dei beni pubblici di ricerca ed insegnamento e di rendere possibile la competizione fra istituti. 9. Riordinare e ridefinire il ruolo e le funzioni del Ministero dell'Universit� e della Ricerca Scientifica e Tecnologica e degli enti ad esso riferenti: Comitato Universitario Nazionale e Conferenza dei Rettori Universitari Italiani, conferendo risorse opportune e fissando piani di sviluppo quinquennali. 10. Attuare nuove forme di reclutamento dei docenti che vedano il pieno riconoscimento del merito scientifico e didattico, evitando il prevalere di caste e di gruppi di potere attraverso concorsi pi� frequenti, la riduzione dei posti che ciascuna commissione pu� assegnare, il ricorso a referenti a livello internazionale e la massima trasparenza degli atti. 32. Ricerca ..IL.PROBLEMA...... Il ruolo della ricerca scientifica nei moderni Paesi industrializzati � fondamentale. E' proprio su questo fronte che si valuta gi� oggi, ma ancor di pi� nell'immediato futuro, la competitivit� commerciale e produttiva, l'innovazione e dunque la crescita dei sistemi economici. Senza una avanzata ricerca scientifica non � pi� possibile realizzare prodotti competitivi a costi accettabili. Ci� vale per tutte le attivit� produttive di beni e servizi, tanto per quelle fortemente innovative, quanto per quelle pi� tradizionali. Pi� in generale, il funzionamento stesso della societ�, la qualit� della vita degli individui e l'eliminazione dei fenomeni negativi (quali l'inquinamento, la congestione urbana, ecc.) dipendono fortemente dall'applicazione di nuovi risultati scientifici e tecnologici. Nel nostro Paese lo Stato non ha attuato una politica capace di stimolare ed incentivare la ricerca scientifica e tecnologica, e soprattutto di raccordarne gli sviluppi con il settore industriale, in particolare verso la piccola e media impresa. Si � cos� assistito ad una preoccupante "fuga di cervelli" verso Paesi pi� ricettivi ed efficienti e ad un progressivo indebolimento delle capacit� innovative dell'industria italiana. ..LE PROPOSTE...... 1. Favorire attraverso una incisiva deregolamentazione la cooperazione fra Universit�, enti di ricerca ed industrie, soprattutto nei campi legati al progresso tecnologico, agevolando anche la diffusione dei risultati della ricerca. 2. Promuovere consorzi per la ricerca fra piccole e medie aziende e istituzioni pubbliche di ricerca. Introdurre adeguati incentivi fiscali per favorire le diverse forme di investimento in iniziative di ricerca ad alto rischio tecnologico effettuate dal sistema finanziario. 3. Ampliare l'attuale sistema di deducibilit� delle erogazioni delle imprese a favore di Universit�, enti di ricerca ed enti riconosciuti. 4. Concedere crediti di imposta a fronte delle spese sostenute dalle imprese per le attivit� di ricerca in cooperazione con o commissionate ad Universit� ed enti di ricerca. 5. Far s� che lo Stato sostenga adeguatamente, al contrario di quanto accaduto fino ad oggi, la ricerca pura, specie in ambito universitario in stretto coordinamento con gli altri Stati membri della CEE. 6. Attuare "sportelli tecnologici" per la diffusione dei patrimoni di ricerca esistenti nelle varie istituzioni. 7. Elaborare a livello di Governo e Parlamento un Piano Nazionale per la Scienza e la Tecnologia, con il quale definire selettivamente gli obiettivi prioritari in termini di tematiche e di tecnologie critiche per lo sviluppo economico e sociale sui quali concentrare le risorse pubbliche e verso i quali indirizzare gli enti di ricerca, oggi pi� portati all'acquisto di brevetti stranieri che ad una politica di sviluppo nazionale. 8. Definire meglio i compiti dei vari enti di ricerca, dai pi� grandi, quali il Centro Nazionale delle Ricerche (CNR) e l'Ente Nazionale Energia Atomica (ENEA), ai pi� piccoli settoriali, nella ricerca di base e applicata con una maggiore finalizzazione all'innovazione tecnologica del sistema produttivo, con priorit� coerenti con il Piano nazionale per la scienza e la tecnologia, evitando, comunque, gli interventi a pioggia. 9. Promuovere la creazione di forme di interazione tra ricerca pubblica e industria come i parchi scientifici e tecnologici, gli sportelli tecnologici. 10. Incrementare il finanziamento complessivo nella ricerca del nostro Paese. ..CAPITOLO 3.. RIDURRE LE TASSE E RIDURRE LA SPESA PUBBLICA. RIDURRE L'INFLAZIONE PER RIDURRE IL COSTO DEL DENARO. VALORIZZARE LE RISORSE DEL MEZZOGIORNO, SVILUPPARE LE INFRASTUTTURE NAZIONALI. Non � pi� possibile continuare a sperperare i soldi pubblici senza regole e senza limiti e poi tassare i cittadini per poter pagare i debiti accumulati. Per questo siamo oggi il popolo pi� tassato d'Europa con un sistema di servizi che non offre al cittadino quanto il cittadino d� allo stato. Abbiamo, nel nostro paese, pi� tasse, imposte e tributi che nel resto dell'Occidente, le aliquote pi� elevate, le procedure pi� complicate e meno rispettate. Il Polo vuole semplificare le tasse, e ridurle. Il cittadino che paga le tasse deve inoltre poter vedere con chiarezza come sono impiegate e decidere, in libert�, se continuare a votare o no per gli amministratori che hanno speso i suoi soldi. Questo � il federalismo fiscale. Per ridurre le tasse bisogna ridurre la spesa, eliminando gli sprechi ma soprattutto imponendo dei limiti rigidissimi a chi ha il potere di spendere i soldi pubblici. Scopo della fiscalit� � il finanziamento dei servizi essenziali che lo Stato deve offrire al Paese, in modo efficiente e senza strangolare l'economia privata. Uno Stato con i conti in ordine � uno Stato con la moneta forte. Questa � la condizione migliore nella quale un Paese possa accompagnare e promuovere le proprie imprese sui mercati internazionali. Il Polo sa che il rilancio del Sud pu� avvenire soprattutto dall'impegno della gente del Sud: dalla loro capacit� di lavoro e di impresa. Il nostro Sud � gi� una regione d'Europa, a condizione che lo Stato si decida a fare ci� che deve fare: le strade, i ponti, gli acquedotti, le ferrovie, un sistema formativo utile per il lavoro e la garanzia della legalit�. Insomma, tutto ci� che nelle altre regioni europee c'� ormai da decenni. Il Polo � impegnato in questa direzione. 33. Tasse: semplificazione ..IL.PROBLEMA...... Oggi in Italia abbiamo pi� tasse, imposte e tributi che nel resto dell'Occidente, le aliquote pi� elevate, le procedure pi� complicate e meno rispettate. Attualmente il nostro sistema fiscale � costituito da oltre 100 tasse e regolamentato attraverso 3.368 tra leggi e decreti. I partiti del centro-sinistra, che hanno governato l'Italia negli ultimi 30 anni, sono convinti che questo sistema possa essere risanato per linee interne, e perci� sostanzialmente conservato. Essi puntano sul reddito prodotto come base imponibile dominante, tanto che su di esso stanno gravando aliquote enormi (si arriva ad aliquote del 60% a carico delle imprese). Per inseguire il reddito prodotto dai 5 milioni di piccole imprese, quei partiti hanno messo a punto un meccanismo estremamente complicato e costoso. Ma, data la dispersione di quei 5 milioni di imprese, � impossibile effettuare un controllo effettivo. Data la loro incapacit� di aprirsi al nuovo, quei partiti non si sono curati di attrezzare l'Amministrazione delle Finanze con uomini e strumenti adeguati. Adeguati a confrontarsi con la mobilit� internazionale dei capitali e la globalizzazione dei mercati delle merci. Questa incuria ha reso possibile la fuga all'estero dei grandi redditi da impresa e da capitale. Con la conseguente crescita dell'elusione fiscale. ..LE PROPOSTE...... 1. Ridurre il numero delle tasse (spesso duplicate a livello locale) dalle attuali 100 a 8 e accorpare tutti i tributi sulla casa e rispettivamente sulle auto in solo due. 2. Ridurre le aliquote Iva a 3, cos� da semplificare l'intero impianto delle imposte indirette e adeguarlo alle normative comunitarie vigenti. 3. Tagliare la miriade di adempimenti inutili che, pur non comportando per lo Stato gettiti significativi, sono per il cittadino causa di costose e irritanti perdite di tempo. 4. Eliminare la miriade di sanzioni per le cosiddette irregolarit� formali. 5. Riunire tutte le leggi in un unico codice fiscale. 6. Creare un unico "sportello del cittadino" per migliorare il rapporto fisco-cittadino per evitare code, abusi e perdite di tempo produttivo. 7. Istituire "osservatori dell'impresa" in collaborazione tra fisco, categorie economiche e professionali, diffuse sul territorio per contrastare abusivismi e evasioni e, dall'altro lato, con funzioni di "difensore fiscale". 8. Reintrodurre l'esenzione degli interessi dei titoli di Stato per i residenti, con ci� eliminando la inutile partita di giro del bilancio dello Stato e l'incentivo a esportare clandestinamente capitali all'estero per usufruire della esenzione a favore dei non-residenti introdotta con la Legge Finanziaria del 1996. 34. Tasse: dal reddito ai consumi ..IL.PROBLEMA...... Le imposte sui redditi delle imprese personali arrivano, nella combinazione fra IRPEF e ILOR, a livelli elevatissimi, che si attenuano solo con l'evasione; la tassazione delle societ� sui profitti eccede di un 15% il livello degli altri Paesi; le imposte di successione (che peraltro vengono ampliamente eluse) opprimono la propriet� edilizia, l'impresa agricola, l'artigianato, il piccolo commercio; la tassazione delle plusvalenze scoraggia la quotazione in Borsa. Il fisco italiano drena risorse ma poche ne restituisce in termini di rimborsi di crediti d'imposta. ..LE PROPOSTE...... 1. Realizzare una miglior distribuzione del prelievo, spostando una parte dell'onere dalle persone alle cose. Ci� significa rimodulare la tassazione dei consumi, far leva su un riordino dell'Iva, che andr� semplificata nelle aliquote e avvicinata ai livelli europei. 2. Alleggerire l'incidenza dell'imposizione personale: l'imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) dovr� costituire il 31% del gettito complessivo, contro l'attuale 35% con miglioramenti per le famiglie monoreddito e numerose. 3. A nessuno deve essere chiesto di lavorare per lo Stato pi� di quanto lavori per se stesso e per la sua famiglia. Non sono dunque previste aliquote espropriative: per le persone fisiche quelle medie devono restare intorno al 30%, per le societ� intorno al 35%. 4. Il nuovo modello di tassazione sar� funzionale ad un uso razionale delle risorse naturali. Per esempio, nel settore dell'energia, sar� pi� tassata quella fonte energetica che risulti pi� inquinante (il carbone) e meno tassata la meno inquinante (il metano). Inoltre, la tassazione selettiva dell'energia produrr� rincari selezionati il che scoragger� gli sprechi, oggi estremamente diffusi ed elevati. 5. Per le imprese la tassazione sar� basata: - per le piccole sulla messa a regime dei concordati; - per le grandi sulla razionalizzazione dell'imponibile, e con l'abbattimento dell'aliquota complessiva. 6. Per i redditi da capitale si deve procedere ad un riordino delle moltissime, diverse forme di tassazione oggi vigenti perseguendo l'obiettivo di non scoraggiare gli investitori italiani ed esteri agli impieghi in Italia. 35. Federalismo fiscale: vedo, pago, voto ..IL.PROBLEMA...... Spostare l'asse del prelievo dal centro alla periferia ed eliminare i doppioni di autorizzazioni pubbliche centrali, in relazione ai permessi rilasciati da Comuni e Regioni in materia di loro competenza, significa sostanzialmente introdurre nel sistema il decentramento e il Federalismo fiscale. I cittadini che pagano le tasse lamentano la non trasparenza del sistema attuale, che non consente di vedere da vicino dove vanno a finire i loro soldi n� di controllare come i pubblici amministratori li spendano. In questo senso il Federalismo, se correttamente realizzato, � un modo per conservare non per distruggere lo Stato. Un modo per farne crescere il grado di democrazia e di efficienza. La pi� o meno razionale crescita dei localismi, dei regionalismi, del particolare, dei sindaci e quant'altro sono i sintomi che spingono il grosso della societ� italiana, e quella che vive nella quotidianit�, a chiedere una forte dose di attenta amministrazione a livello locale. Ne consegue che pagher� meno malvolentieri le tasse ai suoi amministratori locali che a lontani e ignoti burocrati centrali. ..LE PROPOSTE...... L'obiettivo � quello di coinvolgere nella politica fiscale sia i Governi intermedi (le Regioni, i Comuni) sia i corpi intermedi (i fondi di previdenza e di assistenza, le mutue, le famiglie), riducendo, anzich� accrescere, la fiscalit�. Questo obiettivo prevede, tra l'altro, che: 1. i tributi locali siano riscossi "in loco" mediante un accorpamento dei tributi immobiliari attuali in un unico tributo a base catastale, un'unica dichiarazione, un unico sportello per il pagamento; agli amministratori pubblici venga attribuita una responsabilit� fiscale: a chi spende, politico o burocrate che sia, verr� imposto l'obbligo di provvedere al finanziamento della spesa con tributi quanto pi� possibile specifici e controllabili e con un'attivit� di accertamento dei relativi imponibili; 2. i tributi statali vadano allo Stato che li utilizza secondo tre criteri: una quota allo Stato per le sue funzioni fondamentali (difesa, sicurezza, ecc.); una quota viene ridistribuita alle Regioni in base a parametri statistici che misurano quanto della ricchezza tassata � stata prodotta o scambiata nelle singole Regioni; una quota viene ridistribuita tra Regioni con obiettivi di solidariet�; 3. la ripartizione attuale del gettito venga modificata: dall'attuale rapporto 80/20 tra imposte statali e imposte locali si passi subito a un rapporto 70/30. Successivamente il rapporto dovr� essere ulteriormente modificato a favore degli enti locali; 4. i beni demaniali tornino di propriet� dei Comuni e delle Regioni: ci� consentir� una gestione oculata e un'amministrazione pi� attenta del patrimonio pubblico; 5. attraverso il Federalismo fiscale si attui anche una maggiore pubblicit� e leggibilit� dei bilanci pubblici della sanit� e delle finanze locali e regionali; sar� cos� possibile realizzare un maggior controllo da parte dei cittadini sull'impiego dei fondi e dei beni pubblici attraverso un collegamento tra entrate e uscite, tra cosa amministrata e cosa tassata. Per questa via si otterr� una riduzione della spesa pubblica e questa strada rappresenta una possibilit� concreta di risanamento dei conti dello Stato; 6. il Federalismo sia una realizzazione nel concreto del "principio di sussidiariet�": si porta la politica pi� vicina alla gente. Inoltre, attraverso il "voto fiscale" si attiva il circuito base della democrazia: vedo - pago - voto; 7. il Federalismo fiscale, realizzato a partire dai municipi, comporti un minore bisogno di strutture amministrative centrali. 36. Costituzione finanziaria e formazione del bilancio dello Stato ..IL.PROBLEMA...... Uno dei motivi per i quali il deficit e il debito pubblico sono potuti esplodere sino ai livelli attuali � che le attuali regole di contabilit� e di bilancio (o meglio l'interpretazione che di esse � stata costantemente data) consentono di considerare il ricorso all'indebitamento una entrata al pari di quella tributaria. Poich� il ricorso a nuove imposte trova gli elettori sensibili nell'immediato, mentre il ricorso a nuovi debiti (mediante l'emissione di quantit� aggiuntive di titoli pubblici) vede interessate solo le nuove future generazioni, la tecnica di ricorrere a sempre maggiori debiti futuri per far fronte a deficit attuali � risultata per decenni vincente presso la quasi totalit� della classe politica. E' necessario dunque introdurre delle regole che impediscano ulteriormente questo fenomeno. Il Bilancio dello Stato poi � divenuto negli ultimi decenni un ammasso informe di capitoli che, per la gran parte, continuano ad autoriprodursi di anno in anno al di fuori di ogni controllo di merito e di utilit�. Il loro numero (oltre 5000) non ha uguali nei Paesi industrializzati. Anche la loro distribuzione per importo � fuori di ogni logica: in un Bilancio che prevede spese per circa 800.000 miliardi poco meno del 40% dei capitoli attivi � di importo inferiore ai cento milioni e di questi pi� della met� hanno un importo inferiore ai venti milioni (cio� ad una cifra vicina al costo di esercizio!). Un tale ammasso informe di capitoli, sopravvissuti nel tempo con criteri spesso legati a piccoli e grandi interessi, comporta una mancanza assoluta di trasparenza e una assenza di controlli effettivi. ..LE PROPOSTE...... 1. Proponiamo una revisione costituzionale delle norme sulla finanza pubblica e, prima di essa, l'adozione di una prassi che si adegui ai principi stabiliti nel Trattato di Maastricht. In primo luogo riteniamo che si debba adeguare l'art. 81 della Costituzione alla logica del Trattato di Maastricht, con la prescrizione del pareggio di parte corrente dell'intero settore pubblico. 2. Si deve, inoltre, limitare il deficit in conto capitale a percentuale fissa del PIL con riferimento a tutta la Pubblica Amministrazione e senza alcuna scappatoia di gestioni fuori bilancio. 3. Si deve dare al Governo il potere di fissare i calendari della legge di bilancio, e il potere di veto sugli emendamenti che peggiorano i saldi del bilancio statale o delle altre pubbliche amministrazioni. 4. Nella legge di attuazione dell'art. 81 cos� rinnovato si dovr� anche stabilire che il Governo avr� il potere di chiedere l'approvazione del bilancio entro il termine di calendario, facendo cadere tutti gli emendamenti non approvati o di opporsi agli emendamenti ripetitivi e puramente dilatori per poter avere una discussione di bilancio efficiente. 5. Gli scostamenti in peggio, in corso di esercizio, dalle previsioni di bilancio, vanno corretti con misure automatiche, le cosiddette clausole di salvaguardia che privilegiano il contenimento sul lato della spesa. Ci� indurr� anche previsioni di entrata e di spesa meglio calibrate. 6. Inoltre le spese di investimento di soggetti diversi dallo Stato non debbono poter avere garanzia statale, se non con effetti - appositamente calcolati - sul bilancio di questo. Per gli enti diversi dallo Stato deve valere il criterio del finanziamento delle spese in conto capitale, unicamente con prestiti ammortizzabili. 37. Banca d'Italia e Costituzione monetaria ..IL.PROBLEMA...... Il Trattato di Maastricht richiede che la Banca centrale sia autonoma ed abbia come obiettivo principale quello della stabilit� monetaria. Si � constatato che l'autonomia della Banca centrale rappresenta una condizione favorevole sia al rientro dell'inflazione, sia alla maggiore credibilit� delle istituzioni monetarie. A loro volta questi due risultati contribuiscono a favorire tassi di interesse minori ed un rafforzamento del cambio della moneta nazionale. Poich� la convergenza dei tassi di inflazione e dei tassi di interesse verso i livelli medi europei e la stabilit� del cambio sono tra i requisiti previsti per l'accesso all'Unione Monetaria, ne segue che una norma di livello costituzionale che sancisca l'autonomia della Banca centrale pu� favorire la stabilit� dei prezzi e la partecipazione dell'Italia alla moneta unica europea. Un Governo stabile, manovre economiche che evitino inasprimenti fiscali, indipendenza della Banca d'Italia e una politica consapevole nel campo delle richieste retributive possono garantire il rientro del tasso di inflazione. ..LE PROPOSTE...... 1. Sostenere la Banca d'Italia nel perseguire una politica monetaria volta a ridurre l'inflazione, condizione necessaria per il calo del costo del denaro, per il mantenimento della crescita, per la ripresa dell'occupazione. 2. Promuovere la riforma dello Statuto della Banca d'Italia per adeguarlo ai requisiti di autonomia e indipendenza stabiliti dal Trattato di Maastricht necessari per partecipare a pieno titolo alla moneta unica europea. 38. Credito e mercati finanziari ..IL.PROBLEMA...... Il risanamento della finanza pubblica non pu� essere realizzato attraverso l'aumento della pressione fiscale. E' molto importante conseguire un minor costo del denaro che, da un lato, riduca l'onere del debito pubblico e, dall'altro, sostenga la crescita dell'economia: ne deriveranno maggiori risorse al fisco a parit� di pressione fiscale. Dunque � fondamentale il miglioramento dell'efficienza e della credibilit� del mercato dei nostri capitali. I tassi di interesse, sia nominali che reali del nostro Paese, sono tra i pi� alti del mondo occidentale. Il risparmio delle famiglie � prevalentemente impiegato in titoli di Stato, ma in parte va all'estero perch� in Italia vi � un rischio soprattutto politico e monetario. Le imprese sono gravemente indebitate a causa del fatto che il capitale di rischio, tassato molto di pi� che negli altri Paesi, � disincentivato. Il costo del denaro a credito � molto elevato, per le ragioni che si sono viste, e ci� riduce, a sua volta, i profitti con l'autofinanziamento. Per la riduzione del costo del credito sono comunque fondamentali le tre politiche: a) risanamento del bilancio pubblico (mediante il contenimento della spesa); b) privatizzazioni; c) contenimento dell'inflazione. ..LE PROPOSTE...... 1. Occorre favorire una maggiore concorrenza tra le banche da attuarsi con la quotazione di queste sul mercato borsistico. Solo a questa condizione il mercato sar� in grado di esercitare un controllo di efficienza sulle banche, anche attraverso le scalate messe in atto da quanti ritengono di poter conseguire, con una migliore efficienza, pi� alti rendimenti sul capitale. 2. Occorre poi una riduzione della pressione fiscale sulle societ� e un diverso regime delle plusvalenze, specie per le societ� quando si quotano in Borsa o vi collocano un aumento di capitale. E' necessario un fisco neutrale che non disincentivi le imprese a finanziarsi con capitale di rischio piuttosto che attraverso l'indebitamento. Questo permetterebbe un orientamento del sistema bancario verso una maggiore sensibilit� per le esigenze delle imprese minori. 3. In relazione alle situazioni pi� gravi di indebitamento bancario delle imprese minori, occorre avviare una politica di risanamento per tutti i casi in cui esistano prospettive positive di ritorno all'utile coinvolgendo con il sistema bancario le Camere di Commercio locali e gli imprenditori. 4. Si devono apporre limiti al finanziamento attraverso le banche dei deficit degli Enti locali e delle municipalizzate, giunto ormai alla soglia di 50.000 miliardi. 5. Favorire la nascita e la crescita di merchant banks, che sostengano l'impresa nel processo di sviluppo fino alla quotazione in Borsa. 39. Borsa ..IL.PROBLEMA...... La Borsa italiana � ristretta e sottoposta a continue ondate speculative favorite anche dalle difficolt� di informazione. Il corso dei titoli principali presenta tassi medi di crescita che sono inferiori ai tassi di inflazione e che rivelano una sistematica sottovalutazione delle imprese quotate. Vi sono medie e medio piccole imprese, che si affacciano alla quotazione, al mercato ordinario e a quello ristretto, ma si tratta di un afflusso timido e limitato, mentre molti potrebbero essere i soggetti interessati a quotarsi, ove le condizioni del mercato fossero meno speculative e ove i regimi fiscali fossero meno ostativi alla quotazione, in relazione alle plusvalenze. Spesso, le imprese preferiscono quotarsi su Borse estere. Dal punto di vista dell'investitore, poi, la Borsa italiana appare scarsa di titoli a rendimento moderato ma sicuri, idonei per l'investimento a lungo termine, quali, invece, si possono trovare sui mercati borsistici internazionali. Ne consegue un deflusso consistente di capitali dall'Italia e un mancato afflusso di capitali esteri che priva la nostra economia, gi� oppressa dal drenaggio di risparmio operato dal debito pubblico, di preziose risorse di investimento diretto, costringendola a ricorrere, in misura anomala, all'indebitamento bancario. E ci� a condizioni generalmente molto pi� onerose di quelle prevalenti negli altri Paesi, specie nel settore delle medie e piccole imprese e dell'investimento a lungo termine. ..LE PROPOSTE...... 1. Occorre modificare il regime fiscale delle plusvalenze delle societ� che accedono alle quotazioni, per favorire la quotazione delle imprese private in Borsa. 2. Occorre adottare normative riguardanti il bilancio di gruppo, soprattutto per le societ� quotate, in cui siano tassativamente indicate quali societ� partecipate in Italia e all'estero siano da consolidare con la capogruppo e di quali altre si debbano considerare, in testa alla partecipante, le quote di patrimonio, le variazioni dei valori patrimoniali e i risultati degli andamenti d'esercizio. 3. Occorre stabilire regole che impediscano la proliferazione delle cosiddette "scatole cinesi", mediante il divieto di quotazione in Borsa delle societ� di controllo, quando si siano quotate le societ� partecipate. 4. Oltre ad accelerare le privatizzazioni di grandi enti, la Borsa va arricchita con la quotazione in essa delle azioni di Casse di Risparmio e altre banche attualmente possedute al 100% dalle relative Fondazioni, detenute da Enti locali. 5. Abrogare la Legge 216/74 e reintrodurre, con una serie di cautele particolarmente rigorose per le banche, la possibilit� di deleghe nelle assemblee degli azionisti garantendo la rappresentanza degli azionisti di minoranza. 6. Riscrivere la legge sull'OPA ( Offerta pubblica di acquisto) per garantire i profitti degli azionisti in caso di acquisizione ostile (a tutela dei piccoli risparmiatori). 7. Consentire il collocamento azionario senza alcun costo per le imprese tramite consorzi di banche garanti dell'operazione limitandola inizialmente agli investitori istituzionali. 8. Esentare le societ� di persone dai requisiti imposti dal Codice Civile nel caso di fusione e scissioni deliberate all'unanimit� di societ� di persone. 40. Aree depresse e zone di crisi ..IL.PROBLEMA...... Nell'analisi economica e politica, interna e internazionale, si � andata consolidando l'esigenza di abbandonare le politiche a favore delle aree depresse sostanzialmente centrate sul trasferimento finanziario di reddito per affrontare, invece, il problema del riequilibrio territoriale con un approccio integrato che faccia perno su un insieme coordinato di interventi pubblici e privati e sulla sollecitazione di comportamenti coerenti dei fattori di produzione, tali da generare un vero meccanismo di sviluppo. In particolare, la stretta connessione fra gli obiettivi di crescita, competitivit� e occupazione, pu� costituire la nuova opportunit� per il Mezzogiorno, mortificato nel recente passato dall'intervento straordinario, prefigurando finalmente il passaggio all'intervento ordinario. ..LE PROPOSTE...... 1. L'azione si deve fondare su tre fronti: investimenti privati, infrastrutture e interventi per l'occupazione. Crescita, competitivit� e occupazione costituiscono gli obiettivi portanti dell'intero disegno di Unione Europea, ai diversi livelli di governo dell'economia. Partendo da questi, per la politica per il riequilibrio delle aree depresse, emerge la necessit� di una loro integrazione. 2. Potenziare e adeguare le dotazioni infrastrutturali, come condizione catalizzatrice di nuovo sviluppo e crescita. 3. Occorre offrire nuovi incentivi alle imprese, coerenti con la normativa europea, per favorire l'allargamento della base produttiva e lo sviluppo di un tessuto imprenditoriale competitivo. 4. Bisogna prevedere misure specifiche nel mercato del lavoro mirate alla riduzione delle condizioni di disoccupazione e sotto occupazione. 41. Mezzogiorno: formazione ..IL.PROBLEMA...... Sul tema della formazione si � detto molto in questi anni ma si � fatto molto poco. La ragione risiede nel fatto che investire in capitale umano � difficile non solo dal punto di vista delle risorse (un recente Rapporto Ocse ci ricorda che � la qualit� e non la quantit� della spesa ad essere determinante) ma lo � soprattutto culturalmente, a causa della particolare natura (immateriale) del bene su cui si investe e del ritorno in tempi medio-lunghi dell'investimento stesso. Si � allora sin qui preferito procedere su un cammino indubbiamente clientelare, fatto di sprechi enormi e di pochissimi risultati concreti. Oltre ad essere inutili, poi, i corsi di formazione professionale al Sud costano il doppio ed impiegano il doppio dei docenti. ..LE PROPOSTE...... 1. Controllo severo del rispetto dell'obbligo scolastico per bloccare la dispersione scolastica. 2. Affidare la formazione di chi deve trovare lavoro a chi conosce le esigenze del mercato del lavoro (associazioni di categoria, sindacati, imprese, ecc.) 3. Attivare subito una commissione e un centro di coordinamento interministeriale, Lavoro e Istruzione, per individuare immediatamente su base locale i bisogni formativi professionali. Si pu� anche prevedere l'utilizzo dei professori delle scuole superiori per corsi formativi intensivi organizzati con le associazioni locali degli imprenditori e sindacati. 4. Favorire le possibilit� per i giovani di formarsi in piccole e medie imprese del Centro-nord e in particolare nei distretti industriali funzionanti, per importare quelle esperienze nella loro terra d'origine, magari anche attraverso accordi bilaterali con i distretti del Nord nel senso della consulenza, formazione e trasferimento in generale del know-how. 5. Avviare un Piano nazionale per portare e far restare al Sud i migliori formatori con incentivi, anche finanziari, pure in ambito universitario. 42. Mezzogiorno: lavoro e incentivi fiscali per le imprese che lo creano ..IL.PROBLEMA...... Dopo anni di dati desolanti, qualche segnale di ripresa imprenditoriale sembra caratterizzare anche il Mezzogiorno, con una nati-mortalit� aziendale addirittura superiore ad alcune aree del Nord. Eppure al Sud � ormai rimasta solo la legge sull'imprenditorialit� giovanile a favorire la nascita di nuove imprese: vuol dire che qualcosa sta cambiando e che lo spirito imprenditoriale dei cittadini del Sud sta prendendo il sopravvento su di un assistenzialismo nefasto. Le imprese meridionali partecipano al totale delle esportazioni nazionali con una percentuale irrisoria, inferiore al 10%. La causa risiede nella diffusissima pratica del lavoro per conto terzi e nella quasi totale assenza di marchi propri. ..LE PROPOSTE...... 1. Eliminare i vincoli che non permettono di assumere a tempo determinato, a tempo parziale ed in generale per i tempi nei quali l'impresa ha lavoro da offrire, soprattutto ai giovani. 2. Dare subito la possibilit� a qualsiasi azienda di assumere fino al 10% del numero attuale di dipendenti con contratti a tempo determinato, anche in deroga all'attuale contratto di formazione-lavoro. Questi contratti possono essere di qualsiasi durata fino a 3 anni come limite massimo. Unica limitazione: non devono essere contratti stagionali mascherati. 3. Fare in modo che l'impresa possa scegliersi i lavoratori senza dover passare da anacronistiche mediazioni della burocrazia (collocamento) che ormai sono pi� un freno che uno strumento per favorire l'occupazione. 4. Ridurre il peso degli oneri fiscali e contributivi per le aziende che creano nuova occupazione vera. 5. Esentare completamente le imprese dagli oneri fiscali e agevolarle dal punto di vista previdenziale per un triennio nelle zone a pi� alta concentrazione di disoccupati. 6. Detassare gli utili reinvestiti dalle imprese (come da Legge Tremonti) rendendo il provvedimento strutturale e permanente. 7. Prevedere una forte riduzione della fiscalit� a carico del lavoro autonomo nei primi 5 anni delle attivit� dei giovani ed esenzione dal pagamento di una serie di tributi diretti ed indiretti inerenti alle attivit� commerciali. 8. Riordinare in un unico Fondo degli ammortizzatori sociali, in modo da permettere maggiore flessibilit� nell'utilizzo delle risorse e da evitare disparit� e ingiustizie fra singole categorie di lavoratori. 43. Mezzogiorno: legalit� ..IL.PROBLEMA...... L'influenza della criminalit� organizzata nel Mezzogiorno � da sempre oggetto di profonda analisi da pi� parti; una diseconomia che, a differenza di altre, non � monetizzabile, non ci sono incentivi che tengano o che possano servire a compensare il differenziale negativo che questo fenomeno provoca nella vita dei cittadini e degli imprenditori del Mezzogiorno. La sicurezza � diventata dunque un obiettivo prioritario, anche perch� il cittadino che si senta tutelato dallo Stato partecipa attivamente alla vita della collettivit�, contribuisce alla crescita e allo sviluppo dell'area, si sente protetto. Allo stesso modo un investitore esterno o un imprenditore locale, se sa di poter svolgere la propria attivit� senza dover sottostare a ricatti e pressioni di ogni genere, decide di implementare la propria azienda e creare occupazione nell'area. La presenza della criminalit� organizzata peraltro ha ormai assunto forme diverse da quelle tradizionali, di puro controllo del territorio, entrando con forza in settori, quali i prestiti a tassi da usura, che richiedono un'attenzione ancora maggiore da parte di chi ha la responsabilit� della gestione del territorio. ..LE PROPOSTE...... 1. Dare sicurezza ai cittadini, non solo rafforzando la presenza delle forze dell'ordine sul territorio quanto soprattutto qualificando tale presenza. Non solo pi� poliziotti e carabinieri, ma i migliori poliziotti e carabinieri. Non solo pi� magistrati, ma i migliori magistrati. 2. Non abbassare la guardia nella lotta contro la criminalit� organizzata e mafiosa. 3. Difendere i cittadini soprattutto nelle zone pi� a rischio con una presenza costante e rassicurante dello Stato nella figura del poliziotto di quartiere. 4. Creare un ambiente favorevole, o almeno non ostile, alla localizzazione di nuove iniziative imprenditoriali, favorendo la nascita di aree a forte intensit� di presenza imprenditoriale, al riparo da contaminazioni e interferenze malavitose. 5. Difendere i cittadini e gli imprenditori - soprattutto piccoli - dagli abusi e dagli arbitrii della Pubblica Amministrazione anche attraverso il potenziamento di figure di difensori civili. 6. Stabilire un confine netto, non facilmente oltrepassabile, tra attivit� lecite ed illecite, facendo venir meno quel mercato secondario degli appalti e delle licitazioni private che hanno reso le organizzazioni criminali sempre pi� delle casseforti nelle quali far affluire denaro pubblico, a scapito di altre realt� imprenditoriali pulite e non contaminate che sono state costrette a chiudere o a ridurre drasticamente le proprie attivit�. 44. Mezzogiorno: infrastrutture ..IL.PROBLEMA...... Il Mezzogiorno registra un livello complessivo di dotazione di infrastrutture naturalmente inferiore a quello nazionale; la Calabria ha una dotazione infrastrutturale pari al 10% della pi� infrastrutturata regione europea, quella di Amburgo. In alcune Regioni del Sud la carenza di risorse idriche, la scarsa dotazione di energia e comunicazioni impediscono o almeno ostacolano gravemente qualsiasi azione di sviluppo strutturale e duraturo. D'altro canto, il Mezzogiorno detiene il triste primato del maggior numero di opere incompiute probabilmente al mondo: anni di sprechi, di mancati controlli e revisioni prezzi indiscriminate hanno contribuito a produrre l'attuale situazione, sulla quale � necessario intervenire con urgenza. Alcune aree non marginali del Sud sono ancora collegate attraverso un unico binario ferroviario, con conseguenti tempi biblici di percorrenza, sia per le persone che per le merci, gravando in maniera pesante sul differenziale competitivo delle imprese. Il venir meno dell'intervento straordinario del Mezzogiorno tende a rendere questa situazione ormai insostenibile. ..LE PROPOSTE...... 1. Elaborare nell'ambito di un "Patto Nazionale per le infrastrutture dell'Italia nel 2000" una specifica parte riguardante il Sud, dove ripensare e scegliere gli interventi pi� importanti indicando i tempi di attuazione e i responsabili dei procedimenti amministrativi di istruzione e di realizzazione. Questo patto sar� stretto fra gli amministratori pubblici, il Governo, gli imprenditori locali, i rappresentanti della societ� civile e tutte le parti sociali, per mettere in grado i cittadini di seguire l'attuazione di ci� che li riguarda. 2. Apertura decisa ai privati, anche esteri, per la realizzazione e la gestione delle infrastrutture secondo il metodo del project financing o della gestione interamente privata (private finance initiative). 3. Far ripartire le infrastrutture nel Mezzogiorno in cinque settori fondamentali: a) idrico e irrigazione; b) ferrovie (ordinarie e alta velocit�); c) viabilit� (autostrade e ordinaria); d) energia elettrica; e) ambiente, interporti e infrastrutture a servizio dell'industria. Questi interventi, gi� previsti, sono in grado di creare un numero considerevole di posti di lavoro nell'arco di quattro anni oltrech� di occupazione indotta. 4. Elaborazione di un Testo Unico per il Sud che raccolga, riordini e semplifichi tutte le leggi, leggine, decreti, regolamenti, che riguardano gli interventi infrastrutturali nel Sud, con particolare attenzione allo snellimento burocratico e legislativo e le tecniche di recepimento dei fondi europei. 45. Privatizzazioni ..IL.PROBLEMA...... L'assetto proprietario delle imprese in Italia vede ancora un ruolo troppo invadente dello Stato nella struttura di comando delle imprese industriali e bancarie. Sono stati avviati processi di privatizzazione che devono essere accelerati. Le privatizzazioni devono essere per� realizzate creando un effettivo mercato liberale, senza un passaggio dal monopolio pubblico al monopolio privato. Devono quindi essere realizzate pienamente, parallelamente alla cessione della propriet� pubblica, quelle regole di liberalizzazione nell'accesso ai mercati che riconfigurino la struttura proprietaria del nostro sistema industriale verso quel pluralismo dei soggetti. L'unica via attraverso la quale considerare un moderno sistema di mercato nel quale lo Stato sia arbitro delle regole e i soggetti siano gli attori della competizione. Servizi di pubblica utilit� e sistema bancario sono le aree prioritarie di azione per una privatizzazione effettiva della propriet�, che faccia seguito alla privatizzazione "formale" realizzata ormai alcuni anni fa con la trasformazione degli Enti pubblici in societ� per azioni. Nel giro dei prossimi cinque anni dovr� essere completato il programma di privatizzazione delle principali imprese di pubblica utilit� e delle banche ancora di propriet� pubblica. Se questo non accadesse, si determinerebbe un deficit competitivo del nostro sistema-paese, soprattutto nella fase di implementazione della liberalizzazione comunitaria, che investe in particolare i servizi di utilit� collettiva ed i servizi finanziari. ..LE PROPOSTE...... 1. Il principio fondamentale del programma di Governo liberale � quello di limitare il ruolo dello Stato in conformit� al principio di sussidiariet�: la presenza dello Stato � giustificata solo se il mercato privato appare inadeguato. 2. Le conglomerate devono essere opportunamente riaggregate per linee di business omogenee e vendute separatamente, al fine di massimizzarne la valorizzazione. Non possono quindi essere sostenute tesi a priori di superiorit� della vendita in blocco o frazionata, senza un piano strategico caso per caso. 3. Poich� le imprese creano diverso valore se se ne cede il controllo o si cedono in parte intendendo mantenere il controllo, la cessione del controllo deve essere chiaramente annunciata in anticipo. 4. Le imprese che saranno privatizzate verranno presentate ai mercati internazionali nelle opportune sedi. La cessione pu� scontare una riduzione coerentemente con l'esperienza internazionale. Le condizioni di vendita possono opportunamente prevedere una rateizzazione. 5. La scelta dell'advisor per la privatizzazione dovr� essere realizzata con validi criteri di selezione avvalendosi anche di societ� internazionali, che riferiranno all'azionista di controllo (Tesoro e Comitato di privatizzazione). 6. L'accordo Andreatta-Van Miert che impone una riduzione a livello fisiologico dell'indebitamento dell'IRI va comunque rinegoziato, poich� � concettualmente sbagliato anche alla luce degli indirizzi europei riguardanti la finanza e la moneta. Per l'IRI il vero problema � eliminare l'emorragia dovuta alle inefficienze gestionali, piuttosto che cercare l'impossibile nel livello dei debiti. Una corretta analisi costi/benefici deve evitare per il futuro i contraccolpi che avvennero nel caso Efim sui mercati finanziari, sul rating internazionale, sul premio al rischio dei tassi di interesse interni. Le linee di fondo della proposta di rinegoziazione devono fondarsi sul riconoscimento del fatto che � pi� importante sanare la distorsione allocativa di una societ� pubblica in perdita, piuttosto che ristrutturare repentinamente i debiti pregressi. 46. Project financing ..IL.PROBLEMA...... Le opere pubbliche e le infrastrutture, in impianti e nell'edilizia di servizio pubblico, generalmente, in Italia, sia a livello di Stato che di Regioni ed Enti locali, nonch� di enti autonomi, sono possedute e gestite direttamente dall'operatore pubblico. Si ricorre per� agli appalti per la loro realizzazione. Questo sistema � molto macchinoso e poco efficiente in quanto le procedure per la assegnazione dei lavori sono lente e complesse. Ma soprattutto manca la flessibilit� propria del privato che controlla il rapporto fra costi, tempi e qualit� del prodotto per ottenere un risultato che non sia n� troppo costoso, n� di troppo lenta realizzazione, ma neanche di qualit� scadente. La spesa pubblica per il finanziamento degli investimenti cos� si gonfia pi� del necessario, accrescendo il deficit pubblico. ..LE PROPOSTE...... 1. Delega al Governo per l'emanazione di un Testo Unico sulla materia. La legge delega, oltre ad una definizione operativa, dovrebbe presentare i criteri base di impostazione dello strumento, con la descrizione dei pi� rilevanti impegni delle Amministrazioni, degli imprenditori e delle banche. 2. Il ricorso al project financing potr� essere avviato indistintamente da un'iniziativa della Pubblica Amministrazione o da una proposta dell'imprenditoria privata. 3. Dovranno essere previste idonee forme di flessibilit� nella composizione azionaria delle societ� di progetto (costruttori, banche, fornitori, utenti, ecc.). 4. La Pubblica Amministrazione dovr� impegnarsi a: - procedure di valutazione e di selezione semplici e codificate; - rapidit� nella concessione di autorizzazioni e di pareri da parte degli organismi di controllo. 5. Bisogna poi definire formule finanziarie di incentivazione dell'accesso del risparmio privato alla realizzazione di opere pubbliche, anche mediante la creazione di una pluralit� di soggetti bancari specializzati nelle operazioni di finanziamento infrastrutturale con accesso al capitale di rischio. 6. Creare appositi sportelli presso gli Istituti di Credito, le Associazioni d'impresa, le Camere di Commercio, dotati d'esperti delle procedure per attivare sistemi di project financing. 47. Grandi infrastrutture ..IL.PROBLEMA...... L'Italia vive un deficit di competitivit� industriale che si gioca essenzialmente sulla capacit� di ammodernare il sistema dei servizi a rete, che costituisce il telaio attorno al quale si sviluppa l'apparato produttivo nazionale. Il ritardo di infrastrutture non consiste soltanto in un deficit quantitativo, che pure esiste, ma soprattutto nelle modalit� e nei programmi attraverso i quali affrontare un serio piano nazionale di investimento per risolvere il gap rispetto agli altri Paesi industrializzati. Le procedure decisionali sono oggi lente, farraginose, contraddittorie, tali da attribuire a tutti i soggetti una capacit� di interdizione decisionale, senza un effettivo potere di tutela degli interessi nazionali. Le procedure di spesa sono soggette alle regole del diritto amministrativo, che non sono compatibili con i tempi del mercato e con la necessit� di imprimere, entro la fine del decennio, una svolta reale nella dotazione infrastrutturale del Paese. La capacit� di mobilitare risorse private e finanziamenti comunitari � ancora limitata rispetto alle effettive possibilit� ed alle necessit� di integrare le risorse statali, che da sole non assicurano i finanziamenti necessari per i completamenti di un programma massiccio di investimenti. La selezione delle priorit� di investimento � frutto di scelte e di compromessi che non consentono la necessaria concentrazione degli sforzi negli snodi fondamentali; se la cultura degli investimenti a pioggia � morta a parole, essa continua a vivere nei comportamenti e nella mancata capacit� di stabilire un "ranking" univoco di scelte. ..LE PROPOSTE...... 1. Elaborare un "Patto Nazionale per le infrastrutture dell'Italia del 2000" in tempi rapidi ed a livello di governo nazionale. 2. Questo "Patto" deve essere oggetto di procedure decisionali snelle e nello stesso tempo capaci di attivare i necessari controlli di merito sulla redditivit� economica e sociale delle opere, sulla base di valutazioni effettuate da un Comitato Nazionale composto dagli operatori del settore e da una Autorit� di Governo. 3. Le procedure per la valutazione di impatto ambientale, semplificando l'attuale modello della Conferenza dei Servizi e rendendo inutili le azioni di interdizione oggi praticate dai diversi livelli istituzionali, da quello nazionale a quello comunale. 4. Un programma finanziario, alimentato per la parte pubblica da risorse aggiuntive derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, nel quale venga deciso, per opere prioritarie entro l'orizzonte del 2000, il livello del contributo pubblico e la quantit� delle risorse private e comunitarie da mobilitare, mediante operazioni del tipo project financing. 5. Deve essere affidato ad un soggetto ministeriale unitario (il Ministero delle Infrastrutture) il compito di alta sorveglianza sulla attuazione del piano e sulle modalit� attraverso le quali definire il ruolo dei diversi soggetti coinvolti. 6. Il sistema finanziario, nazionale ed internazionale, deve essere posto nelle condizioni di svolgere un ruolo attivo, sia per alimentare il programma di finanziamento per la parte privata, sia per validare tecnicamente l'operazione. 7. Deve essere letta positivamente la proposta di scorporare i finanziamenti pubblici per le grandi infrastrutture di rete dai parametri per la determinazione dei coefficienti di Maastricht sul debito e sul deficit pubblico. 48. Trasporti ..IL.PROBLEMA...... La rete nazionale dei trasporti soffre oggi dei vincoli di un disegno infrastrutturale centrato per molti decenni sullo sviluppo della motorizzazione di massa, che � stato funzionale ad una importante stagione dello sviluppo economico. Ora per� emergono i vincoli di quella scelta: - la congestione, soprattutto nelle grandi aree metropolitane e lungo gli assi saturi delle direttrici principali; - le ricadute ambientali e la ridotta qualit� della vita che deriva dalla congestione; - il deficit di infrastrutture per il trasporto collettivo, soprattutto ferroviario, che deve essere rapidamente colmato per riportarci in Europa, dove negli altri principali Paesi sono state effettuate nel passato scelte pi� equilibrate. Le soluzioni finora adottate risentono di una visione di breve termine, che si � tradotta nei divieti alla circolazione privata nelle grandi aree urbane e nelle declamazioni sulla necessit� di investire per il rafforzamento delle infrastrutture di trasporto pubblico. Lo Stato investe inoltre una quantit� consistente di risorse pubbliche per i trasporti, sia per l'ammodernamento delle reti sia per il finanziamento della gestione del trasporto collettivo, e ne ricava finora servizi di qualit� discontinua, con un mancato coordinamento delle spese che spesso mette in discussione l'efficacia e la produttivit� di queste risorse. ..LE PROPOSTE...... 1. Introdurre forme di privatizzazione laddove � possibile. 2. Stabilire le priorit� nella realizzazione degli investimenti. 3. Assegnare al management delle imprese le leve per poter effettuare una ristrutturazione industriale capace di introdurre principi stabili di efficienza e di competitivit�. 4. Privilegiare la rete ferroviaria e le tecnologie da utilizzare secondo i parametri internazionali. 5. Incentivare il project financing per la realizzazione degli investimenti. 6. Cancellare la duplicazione delle spese senza coordinamento attraverso la regionalizzazione del trasporto pubblico locale. 7. Razionalizzare il ruolo dello Stato per allocare in modo pi� efficiente le risorse e per avviare una riforma radicale nei sistemi gestionali: - separando le infrastrutture di rete dalla commercializzazione dei servizi; - attuando la regionalizzazione del trasporto pubblico locale; - riconvertendo l'autotrasporto per sviluppare una effettiva offerta di servizi intermodali, per la cui competitivit� sono necessari investimenti in nuovi mezzi tecnologicamente avanzati per offrire servizi a prezzi concorrenziali rispetto alle altre modalit�. 49. Servizi di pubblica utilit� ..IL.PROBLEMA...... I servizi di pubblica utilit� sono al centro di un radicale processo di riconfigurazione strategica: dal monopolio verso il mercato. Occorre assecondare questo processo introducendo nel settore: regole di competizione, strumenti per il funzionamento concorrenziale dei mercati, principi di tutela del cliente. Questo processo di riconfigurazione deve chiaramente separare le funzioni imprenditoriali dei servizi dalle attivit� legate all'esercizio di funzioni pubbliche o dalla tutela di legittimi interessi statali, che non debbono essere confusi con le funzioni aziendali. Questo equivoco ha determinato nei passati decenni la affermazione di strutture organizzative ancillari rispetto agli interessi dominanti (fornitori, sindacati, partiti politici), che non svolgevano pi� prevalentemente una funzione industriale ma erano strumento per l'affermazione di interessi "privati", estranei alla logica dei servizi. In questo modo si � assistito, nei passati decenni: ad un peggioramento nella qualit� dei servizi erogati alla clientela, ad un deterioramento dei risultati economici, ad un arretramento del ruolo di questi settori come sostegno anche alla diffusione ed alla innovazione tecnologica. Negli anni pi� recenti, a partire dalla trasformazione in societ� per azioni degli enti pubblici, � cominciato un percorso di cambiamento, che deve essere accentuato e secondato, mediante programmi di liberalizzazione, privatizzazione, deregolamentazione, tali da reintrodurre il criterio manageriale come principio fondamentale delle scelte gestionali. La separazione tra gestione delle infrastrutture e commercializzazione dei servizi, introdotta dall'ordinamento comunitario, pu� essere uno strumento positivo per ridare ordine al rapporto tra funzioni pubbliche ed attivit� imprenditoriali, distinguendo con chiarezza l'esercizio dei servizi a rete, che debbono vedere una partecipazione pubblica, almeno in quei settori dove le reti rimangono monopolio naturale, mentre i servizi commerciali possono essere collocati sui mercati mobilitando il capitale dei privati e favorendo soluzioni concorrenziali. ..LE PROPOSTE...... 1. Rendere disponibili per le imprese gli strumenti per operare un programma serio e credibile di risanamento e sviluppo (prezzi di mercato, strumenti di ristrutturazione industriale, potere negoziale del management nei confronti del sindacato, senza interferenze del sistema politico). 2. Favorire la nascita di nuovi soggetti imprenditoriali attraverso regole liberali di accesso al mercato e strumenti di controllo per la tutela delle pari opportunit� su questi mercati. 3. Promuovere forme e strumenti di tutela dei diritti del cliente nella logica delle "public utilities". In questo senso deve essere data attuazione alla carta dei diritti del cliente, individuando parametri e standard di qualit� che devono essere assicurati dalle imprese erogatrici di questi servizi. 50. Telecomunicazioni ..IL.PROBLEMA...... Le telecomunicazioni rappresentano in tutto il mondo il settore ormai cruciale per lo sviluppo economico: vivono infatti un'intensa innovazione tecnologica che ne moltiplica e ne migliora le prestazioni, portandole a confluire entro un medesimo quadro di attivit� con l'informatica e i mezzi di comunicazione. Si costituisce cos� un nuovo settore economico di enormi dimensioni in cui si alleano societ� telefoniche, specialisti dei computer, editori. Ci� accentua la competizione fra gli operatori, scardinando i monopoli pubblici ancora esistenti (soprattutto nella telefonia e in alcune aree radiotelevisive), aumentando i servizi offerti al pubblico e spesso diminuendo i prezzi per il consumatore finale. L'Italia � per ora ai margini di questa grande trasformazione: l'industria informatica nazionale � al lumicino, il cablaggio del territorio � appena iniziato, la concorrenza in ambito telefonico � ancora embrionale e non sono poche le difficolt� per gli operatori che vogliono competere con le societ� della Stet, il settore televisivo � costretto a comprimere la propria dinamica industriale da una fitta rete di normative, i prezzi al pubblico sono in molti casi tra i pi� alti d'Europa. ..LE PROPOSTE...... 1. Liberalizzare tutti i servizi che si possono sviluppare sulla rete a larga banda che Telecom ha avviato nel pieno rispetto dei tempi stabiliti in sede comunitaria: ci� consentir� nel medio termine una riduzione delle tariffe. 2. Varare una Authority in grado di neutralizzare sul mercato dei servizi eventuali vantaggi derivanti al gestore monopolista delle reti ma che nel contempo garantisca il cablaggio dell'intero territorio nazionale. 3. Dare immediato avvio a tutta una serie di progetti speciali: dal telelavoro alla teleassistenza, al telesoccorso e alla telemedicina. 4. Favorire, in ambito televisivo, l'innovazione tecnologica e la moltiplicazione dei canali (via cavo e via satellite). 5. Estendere la competizione nella telefonia mobile aprendo a nuovi operatori. 6. Allo sviluppo delle telecomunicazioni � legata anche la possibilit� vera di sviluppo del settore televisivo. In questo senso occorre consentire, con ogni iniziativa, l'incremento delle possibilit� di trasmissione dei segnali. 7. Predisporre un quadro normativo che, in sintonia con i tempi e le modalit� individuati in sede comunitaria, favorisca la competizione nei servizi di Telecomunicazione, garantendo a tutti gli operatori del settore l'accesso alle reti a condizioni trasparenti e non discriminatorie. La competizione tra i fornitori di servizi determiner�, in tal modo, un ampliamento dell'offerta ed una riduzione delle tariffe. 8. Varare una regolamentazione del settore delle telecomunicazioni e dei settori contigui (informatica e broadcasting) che preveda la totale e rapida apertura alla concorrenza, favorendo il dispiegarsi delle sinergie possibili dal comune denominatore "digitale" delle tecnologie oggi impiegate nei vari campi. ..CAPITOLO 4...... DIFENDERE I CITTADINI NELLE CITTA', GARANTIRE UNA GIUSTIZIA PIU' RAPIDA E PIU' GIUSTA. PROMUOVERE UN MAGGIORE RISPETTO DELL'AMBIENTE E UNA MAGGIORE VALORIZZAZIONE DELLA CULTURA. Il Polo vuole uno Stato capace di difendere i cittadini strappandoli dall'incertezza e dalle insidie della criminalit� crescente, soprattutto nelle nostre citt�, nei nostri quartieri, nei luoghi che dovrebbero essere destinati alla vita sociale. L'impegno contro i piccoli crimini � un impegno morale del Paese che deve essere altrettanto determinato di quello contro la criminalit� organizzata. E'lo Stato che si fa carico di assicurare ai cittadini ci� che da soli non possono assicurarsi: la certezza di vivere in un Paese sicuro e giusto. Il Polo vuole l'efficienza della giustizia civile e penale che abbia come riferimento primo i diritti del cittadino. La funzione della pubblica accusa e quella del giudizio debbono essere istituzionalmente distinte, le elezioni del CSM riformate. Siamo per l'indipendenza della magistratura dal governo, ma vogliamo garantirne l'indipendenza dai partiti: la partitizzazione dei magistrati lascia dubbi sul carattere non parziale dell'accusa e del giudizio. Il problema non � liberare la politica dalla giustizia � chi governa deve poter essere infatti giudicato, come tutti gli altri � ma quello di liberare la giustizia dalla politica. Un Paese civile � un Paese dove l'ambiente � tutelato, le citt� sono a misura d'uomo, il territorio � utilizzato con rispetto. Non si pu� continuare ad aumentare la massa farraginosa di leggi che distruggono ricchezza senza raggiungere il loro scopo. La soluzione � quella di istituire meccanismi che si fondino soprattutto sulla logica degli incentivi che premia chi rispetta l'ambiente e punisce severamente chi lo distrugge. Ambiente e cultura sono dimensioni indissolubili della civilt�. Assegnare all'intelligenza, al pensiero creativo, alla cultura e soprattutto alla scuola un ruolo essenziale, significa creare le condizioni di uno sviluppo armonico ed equilibrato di tutta la societ�. 51. Sicurezza nelle citt� ..IL.PROBLEMA...... Il cittadino vive nell'insicurezza mentre uno dei compiti fondamentali dello Stato di diritto � proprio quello di garantire una coesistenza nel rispetto della legge, di perseguire il crimine, di difendere il patrimonio e la persona del cittadino. Oggi, viceversa, pi� del 95% dei furti denunciati sono di autore ignoto. Nei confronti degli autori non si � neppure tentato di indagare. Si moltiplicano le rapine. Cresce il numero dei delitti di violenze sulla persona, spessissimo impuniti. Aree urbane destinate allo svago e al riposo, come i parchi pubblici, sono diventate campo di manovre degli spacciatori di droga, degli scippatori, dei violenti. La violenza si accanisce contro i soggetti pi� deboli: anziani, minori, donne. Lo scippo colpisce frequentemente giovani madri che accudiscono i bambini. La criminalit� � alimentata anche da numerosi stranieri che si insediano nelle grandi citt� per impiantare vere e proprie industrie del delitto: borseggio, sfruttamento della prostituzione, sfruttamento dei minori, spaccio di stupefacenti. Le abitazioni sono soggette a devastanti razzie, ad evitare le quali occorrono sempre pi� sofisticate e costose apparecchiature antifurto. La protezione del cittadino avviene in Italia soprattutto per "campagne" simboliche. Volta per volta le forze di polizia vengono destinate alla prevenzione e alla repressione dei reati che suscitano maggiore allarme. Un malconcepito senso di solidariet� delegittima spesso l'operato della polizia e della magistratura quando queste si impegnano nella repressione di una criminalit� che rende, talvolta, invivibili i centri urbani. Si percepisce sempre di pi� come il delitto soffochi anche la vita economica. L'usura ne � un esempio. ..LE PROPOSTE...... 1. Occorre una nuova "politica della sicurezza" finalizzata alla tutela del cittadino, che si sente indifeso, specie nelle grandi citt�, non solo di fronte alle quotidiane aggressioni della cosiddetta "microcriminalit�", quella degli scippi, degli stupri, delle estorsioni, delle rapine, dei furti negli appartamenti. 2. Dovr� trattarsi di una azione rigorosa e articolata, condotta con strumenti differenziati a seconda delle situazioni, per consentire allo Stato di riappropriarsi del territorio al fine di garantire la libert� e la sicurezza dei cittadini, specie dei pi� deboli. Il fulcro di questa azione dovr� basarsi sull'allargamento degli organici e sulla creazione di presidi mobili di polizia (il moderno "poliziotto di quartiere") appoggiati da pattuglie addestrate e dotate di opportuni mezzi e tecnologie. Queste pattuglie dovrebbero circolare continuamente, specie nelle zone pi� a rischio (stazioni ferroviarie, ponti, viali periferici, bassifondi), funzionando, con la loro sola presenza, da deterrente contro le attivit� criminali, e nello stesso tempo da punti di riferimento per i cittadini bisognosi di protezione. In altre situazioni sar� invece utile l'impiego di agenti in borghese e di autocivetta. 3. Quale tappa finale di questa azione dovr� prevedersi un miglior coordinamento delle forze di polizia, nel contempo liberandole dai compiti di scorta a personaggi politici e attribuendo al personale civile l'espletamento di compiti non strettamente connessi alle funzioni di sicurezza, pur mantenendo questi compiti sotto la responsabilit� delle forze di polizia. In questo modo si potr� portare avanti la politica della sicurezza in modo molto pi� organico e coordinato, senza eccessivi aggravi per le finanze dello Stato. 52. Lotta alla criminalit� organizzata ..IL.PROBLEMA...... La lotta senza quartiere alla criminalit� organizzata di stampo mafioso � uno dei pilastri fondamentali della propria politica di sicurezza per la societ� italiana. Nonostante l'impegno durissimo e appassionato della struttura nazionale di contrasto e malgrado gli innegabili grandi successi registrati dalla Magistratura e dalle Forze dell'Ordine, il fenomeno della criminalit� organizzata, la sua diffusione sul territorio nazionale, la sua pericolosit�, sono ben lungi dall'essere vinte, e costituiscono sul piano nazionale e sul piano internazionale la minaccia pi� grave allo sviluppo etico, sociale ed economico della Nazione. Ferma restando la necessit� della completa tenuta dell'attuale struttura legislativa, giudiziaria e di ordine pubblico di contrasto, � necessario dar vita a nuove iniziative per rendere globale e pi� incisiva l'azione di contrasto. La consapevolezza della centralit� del problema e della esigenza di affrontarlo con inflessibile rigore anche sul terreno della prevenzione e della repressione penale non deve conferire all'approccio un significato esaustivo dimenticando che esso va collocato in un vasto processo di riscatto civile, economico e sociale, n� costituire un alibi per stravolgere i lineamenti dello stato di diritto e della nostra civilt� giuridica. Proprio l'ancoraggio forte ad una legalit� severa ma giusta che conferisce alle istituzioni quella superiorit� etica che consente allo Stato di contrapporsi con tutto il rigore necessario al mondo della illegalit�, dell'arbitrio e del sopruso. Analogamente � indispensabile sottrarre il contrasto alla criminalit� organizzata in tutte le sue forme, storiche e non, alle strumentalizzazioni dello scontro politico per riconoscergli finalmente quella valenza istituzionale e nazionale rispetto alla quale far prevalere l'interesse generale su quelli di parte o di fazione. La cultura del sospetto, ispirata ed alimentata dall'interesse politico, faciliter� pure la formulazione di teoremi, ma non produrr� risultati definitivi nella lotta alla criminalit� organizzata. ..LE PROPOSTE...... 1. Potenziare le forze di polizia dotandole di mezzi adeguati e tecnologicamente evoluti, fornendo loro idoneo addestramento e riconoscendo la loro professionalit�, favorendo un miglior utilizzo del personale di Polizia, troppe volte impegnato in compiti amministrativi e immettendo personale civile assunto per tale specifico impiego. 2. Realizzare un coordinamento sempre pi� efficace, grazie alla rigorosa applicazione e integrazione delle predisposizioni in atto. Per una utilizzazione globale e unitaria delle risorse debbono essere coinvolte con una contestuale, univoca ridefinizione del loro status giuridico, anche le Forze di Polizia Municipale e le Organizzazioni di Sicurezza Privata riconoscendo per le guardie giurate un nuovo status giuridico e prevedendo un loro inserimento nell'elenco dei lavori usuranti. Entro i limiti della loro competenza, costituiscono un importantissimo ausilio per il contrasto all'abusivismo, alle rapine, alla microcriminalit� (humus naturale della macrocriminalit�). 3. L'impiego e la professionalit� della Magistratura debbono essere sostenuti e potenziati mediante: - una pi� adeguata assegnazione di risorse per la realizzazione di infrastrutture processuali e per la disponibilit� di moderne attrezzature operative di tipo informatico e telematico; - una revisione delle ripartizioni distrettuali e delle piante organiche in funzione delle mutate attuali reali necessit�; - una maggiore elasticit� della struttura generale che, nel pi� assoluto rispetto del dettato costituzionale dell'indipendenza dei magistrati, consenta gli adeguamenti delle disponibilit� di magistrati nelle aree di maggiore esigenza, in funzione delle contingenze; - uno snellimento ed una accelerazione delle procedure giudiziarie. 4. In ambito legislativo, mentre sono da tener ben ferme e salde quelle norme di contrasto alla attivit� delittuosa di stampo mafioso che rendono la nostra legislazione adeguata ed incisiva, debbono essere migliorate e integrate quelle relative al contrasto nei confronti della componente economica della malavita, mediante la definizione per legge di un sistema unitario e completo che assicuri il controllo delle operazioni finanziarie per impedire il riciclaggio del denaro fraudolentemente acquisito. 5. Rivedere le attuali procedure di sequestro e confisca dei patrimoni della malavita, per renderne rapido l'uso per fini sociali. 6. Sollecitare e sostenere uno sforzo di reazione unitario e solidale da parte di tutti i soggetti del mondo economico, in particolare per le piccole e medie imprese. E' necessario sostenere in ogni modo le Associazioni di categoria e gli Ordini professionali perch� si uniscano in un sistema coordinato di contrasto e reciproca solidariet�, denunciando ed opponendosi a tutti i tentativi di infiltrazione nel tessuto socio-economico da parte della criminalit� di stampo mafioso. 53. Usura ed estorsione ..IL.PROBLEMA...... L'usura, ossia il prestito a interessi esorbitanti, che arrivano anche a superare il 100% del capitale prestato, � purtroppo un male ampiamente diffuso in tutta Italia. Esso colpisce in larga parte i piccoli operatori economici scarsi di credito o che si trovano in momentaneo periodo di difficolt�, che non riescono a ottenere finanziamenti dalle banche e, pertanto, ricorrono a usurai privati, i quali, per assicurarsi il pagamento del servizio del debito, ricorrono alle minacce di violenza a loro, ai loro beni, ai loro familiari. Le estorsioni costituiscono un'attivit� dolosa largamente praticata dalla malavita organizzata. In molte aree del Paese le piccole e medie attivit� imprenditoriali, gi� sottoposte ad una pressione fiscale pesantissima, sono vessate e schiacciate da questa criminale imposizione che usa mezzi violenti per estorcere contributi illegali. ..LE PROPOSTE...... 1. L'azione propositiva e determinante in sede legislativa avviata dal Governo Berlusconi ha portato alla approvazione della legge sull'usura la quale, in fase applicativa, dovr� ulteriormente essere definita nella determinazione del tasso di usura e per quanto riguarda le istituzioni dei Fondi da essa previsti. 2. Il Polo pone come impegno inderogabile quello di garantire ai cittadini l'attuazione completa e tempestiva sia della legge sull'usura che di quella sulle estorsioni. 3. Si propone di riformare le procedure per la cancellazione dall'elenco dei protesti e il reintegro al credito legale, e di ridurre i tempi di esclusione dai servizi bancari, contenuti nella normativa in vigore. 54. Ordinamento giudiziario ..IL.PROBLEMA...... E' opinione largamente condivisa che la crisi della giustizia con le sue manifestazioni pi� esclatanti quali l'esasperante lentezza dei processi, la eccessiva ricorrenza degli errori giudiziari e la crescente domanda di giustizia che rimane inevasa, sia conseguenza non solo dell'inadeguatezza delle norme procedurali e di diritto sostanziale, ma innanzitutto di una organizzazione giudiziaria il cui modello � ancora sostanzialmente quello disegnato a cavallo dell'ultima guerra ed ormai largamente superato rispetto ai grandi mutamenti registrati nel Paese. Una modernizzazione complessiva dell'organizzazione giudiziaria � stata finora resa impraticabile dalla incapacit� del potere politico di coagulare il necessario consenso intorno ad ipotesi di riforma organica in presenza di un paralizzante clima consociativo e di vincere le resistenze di istanze corporative che hanno permesso solo parziali interventi riformatori in linea con gli interessi settoriali sottostanti. ..LE PROPOSTE...... 1. Ripartire meglio la giurisdizione tanto in materia civile che penale tra la Magistratura ordinaria e quella onoraria (giudice di pace), valorizzando il ruolo e la professionalit� di quest'ultima nel perseguimento di una risposta di giustizia equilibrata e veloce. 2. Ridisegnare gli ambiti territoriali degli uffici giudiziari con un razionale decentramento basato su criteri di omogeneit� socioeconomica al fine di garantire ai cittadini un facile accesso al servizio giustizia. 3. Improntare la struttura dei nuovi uffici giudiziari sul prevalente modello del giudice monocratico di prima istanza, con riserve di collegialit� per i reati pi� gravi in materia penale e le questioni pi� delicate in materia civile, unificando le attuali molteplici figure di Pubblico Ministero ed attrezzando cos� l'organizzazione giudiziaria sul territorio sempre per dare risposte tempestive ed adeguate. 4. Riconoscere ai magistrati un potere di direzione degli uffici, limitato alla emanazione di direttive organizzative e di coordinamento per il conseguimento dei migliori risultati quantitativi e qualitativi nell'amministrazione della giustizia, affidandone la attuazione al personale amministrativo. 5. Riformare il sistema di reclutamento dei magistrati introducendo un iter formativo iniziale modulato su corsi di formazione post-universitari, propedeutici alla successiva prova di concorso. 6. Prevedere, subito dopo la nomina, un periodo minimo di almeno tre anni di esercizio di funzioni giudicanti per i neo-magistrati e solo dopo questo periodo la scelta tra funzioni giudicanti e requirenti. Occorre attribuire a questa scelta una tendenziale definitivit� mediante meccanismi di progressione in carriera che favoriscano fortemente il mantenimento delle stesse funzioni. 7. Recuperare la valenza del principio costituzionale secondo cui i magistrati si distinguono tra loro solo per le funzioni esercitate. Introdurre seri criteri di selezione per la progressione in esse. 8. Ripristinare l'organizzazione gerarchica degli uffici del Pubblico Ministero al fine di assicurarne una armonica direzione. Occorre inoltre garantire da un lato il libero esercizio dell'azione penale, con il solo limite del rispetto della legge e, dall'altro, la riaffermazione del principio di responsabilit� che sempre deve accompagnare l'esercizio di un potere-dovere con ampi margini di discrezionalit�. 9. Introdurre il principio di temporaneit� e rotazione degli incarichi direttivi dei magistrati al fine di spersonalizzare l'esercizio delle funzioni ed evitare incrostazioni di qualsiasi tipo. Sulla scorta degli stessi principi, evitando comunque di sprecare l'esperienza che ogni magistrato si forma dopo un periodo di adattamento - nel pieno rispetto di altri fondamentali diritti costituzionali -, � opportuno introdurre per tutte le funzioni periodi massimi di permanenza nella stessa sede. 55. Giustizia civile ..IL.PROBLEMA...... Nell'ambito della generale crisi della giustizia, la giustizia civile assume aspetti di particolare drammaticit�. Dinanzi agli uffici giudiziari pendono milioni di cause ed i tempi di definizione superano abbondantemente il decennio. N� la recente riforma del processo civile sembra in grado di offrire un contributo risolutivo per ridurre entro limiti accettabili la durata delle cause. La sfiducia dei cittadini verso la capacit� del sistema di dirimere le loro controversie e ripristinare i diritti lesi � tale che si rafforza con la tentazione di ricorrere a forme di giustizia privata, ivi compresa quella offerta dalle organizzazioni criminali. Le ragioni di una tale situazione, che nega una delle funzioni primordiali dello Stato, sono da attribuire da un lato all'eccesso di controversie che si riversano sulla giurisdizione e dall'altro ad un impianto processuale che privilegia puntigliosamente la esplicazione di tutte le attivit� alla presenza del giudice in udienza, in funzione di una cognizione piena in contraddittorio tra le parti. ..LE PROPOSTE...... 1. E' necessario un potenziamento di strutture e servizi nonch� un potenziamento degli organici del personale dell'amministrazione della giustizia attraverso la destinazione di maggiori risorse al settore. 2. E' inoltre necessario introdurre meccanismi che da un lato consentano di deflazionare il numero delle cause, senza con ci� denegare giustizia, e dall'altro puntino ad accelerare i tempi del processo attraverso procedure pi� snelle e meno barocche. 3. Al fine di decongestionare il contenzioso civile ed alleggerire il carico degli uffici giudiziari � indispensabile privilegiare la soluzione preventiva delle controversie ampliando la possibilit� di ricorso all'arbitrato e ad altre forme di conciliazione extra-processuale o preprocessuale. 4. Parallelamente, un rapido smaltimento del pesante arretrato pendente pu� essere conseguito anche ricorrendo all'apporto integrativo o straordinario, in apposite sezioni, di avvocati dotati di adeguata esperienza, di docenti universitari e di magistrati in pensione. 5. Occorre perfezionare il ruolo e la funzione dei giudici di pace, con i relativi riconoscimenti, in modo da rendere il processo civile strumento di affermazione della legalit� in tempi certi e rapidi. 6. La ristrutturazione del processo civile potr� ispirarsi al principio secondo cui alle parti del processo va lasciata la gestione dello svolgimento dello stesso, e l'intervento del giudice va previsto a garanzia del rispetto delle regole processuali ed ogni qual volta ognuna delle parti lo richieda per decidere su istanze istruttorie, su istanze cautelari, o su questioni di rito e di merito che precedono e/o anticipano la decisione finale. 7. Ai fini dell'accelerazione, dello snellimento e della economia processuale potr� anche essere ampliato il ricorso a procedure preliminari a cognizione sommaria che portino all'emissione di provvedimenti potenzialmente definitivi. Anche questo salvo il diritto delle parti di dar vita ad una successiva fase giudiziale pi� articolata a verifica e convalida della fase precedente. Si tratta in sostanza di estendere e perfezionare i meccanismi gi� vigenti nei processi cautelari minori. 8. Va riformato il processo esecutivo con attribuzione delle operazioni di liquidazione dei beni ad organi diversi dal giudice, riservando a questo solo il controllo della regolarit� della procedura. 56. Giustizia penale ..IL.PROBLEMA...... Gli inconvenienti dell'attuale processo penale sono essenzialmente costituiti: - dalla durata abnorme ed assolutamente incompatibile con i canoni di un moderno Stato di diritto; - dall'evidente squilibrio tra il ruolo del Pubblico Ministero e quello della difesa e dello stesso giudice; - dalla sostanziale elusione del principio di obbligatoriet� dell'azione penale (che obbliga all'azione nel caso di una notizia di reato) a causa di un'enorme massa di reati che non consente alle strutture insufficienti della giustizia di operare con velocit� ed efficacia. Questo con la conseguenza che una serie di reati a torto ritenuti "minori" e che invece, per la loro diffusione e l'impatto diretto sulla collettivit�, costituiscono un permanente pericolo per la sicurezza e la tranquillit� dei cittadini, rimangono di fatto impuniti. I dati sono quelli di migliaia di reati cosiddetti "minori" che ogni anno si prescrivono e nell'altissima percentuale (50%) degli imputati mandati assolti dai giudici di ogni ordine e grado. ..LE PROPOSTE...... 1. Incentivare il ricorso ai riti alternativi (giudizio abbreviato e patteggiamento), ampliandone anche l'ambito di applicazione, per ridurre il numero dei processi che arrivano al dibattimento e abbreviare i tempi dei processi stessi. 2. Escludere che il Pubblico Ministero possa attivare o compiere indagini in assenza di una precisa notizia di reato, rendendo inutilizzabili gli atti compiuti violando tale principio, anche al fine di dare certezza al momento di inizio dell'esercizio dell'azione penale ed alla durata delle indagini preliminari. 3. Rendere effettivo l'obbligo per il Pubblico Ministero di ricercare anche gli elementi di prova a favore dell'indagato e disciplinare le modalit� di acquisizione di elementi probatori utilizzabili nel processo da parte della difesa. 4. Reintrodurre criteri vincolanti per definire fin dall'inizio la competenza degli uffici giudiziari e, quindi, anche dei diversi uffici del Pubblico Ministero. 5. Aumentare il livello delle garanzie relative alla libert� personale dei cittadini attribuendo la competenza sui provvedinmenti di custodia cautelare (attualmente attribuita al G.I.P., giudice monocratico) ad un organo collegiale ed attribuendo, di conseguenza, la competenza per il riesame di tali provvedimenti ad un organo collegiale di secondo grado (Corte d' Appello). 6. Riaffermare il principio secondo cui la prova deve formarsi nel contraddittorio tra accusa e difesa, rendendo inutilizzabile qualunque elemento probatorio in ordine al quale l'imputato non sia stato posto in condizione di difendersi. 7. E' urgente pertanto: - la ridefinizione dell'ambito dell'illecito penale che specifichi quali sono i fatti che lo Stato intende sanzionare in sede penale e quali invece sono quelli che possono essere considerati illeciti solo sotto il profilo disciplinare o amministrativo; - la specificazione delle fattispecie incriminatrici, e la loro attualizzazione, al fine di ridurre al minimo le ipotesi di reato generiche, e non facilmente comprensibili dai cittadini, e di eliminare dal nostro ordinamento ipotesi di reato ormai anacronistiche; - la sostituzione in un maggior numero di casi delle attuali pene principali con idonee sanzioni sostitutive e comunque con pene alternative alla detenzione. E' inoltre indispensabile, in funzione di una riduzione dei carichi di lavoro, ridurre la perseguibilit� di ufficio a quei soli reati che attentano direttamente a interessi generali e/o statuali, ampliando correlativamente le ipotesi di perseguibilit� a querela di parte. 57. Consiglio Superiore della Magistratura ..IL.PROBLEMA...... Ormai da tempo il Consiglio Superiore della Magistratura pare essersi allontanato dalle funzioni di alta amministrazione ed autogoverno della Magistratura assegnategli dalla Costituzione per divenire con sempre maggior frequenza sede di dibattito politico. E' venuto configurandosi in pratica come un organo che, allontanandosi dalla originaria funzione di garanzia della indipendenza ed autonomia della Magistratura, ha visto troppo spesso la componente togata assumere posizioni di riferimento "politico" rispetto ai gruppi dell'Associazione Nazionale Magistrati che l'avevano espressa. ..LE PROPOSTE...... Per ridurre la politicizzazione del Consiglio Superiore della Magistratura e riportarlo nella pienezza del ruolo ad esso assegnato dalla Costituzione, gli interventi dovranno riguardare: 1. il sistema elettorale della componente togata che dovrebbe essere strutturato su collegi uninominali maggioritari con selezione delle candidature affidata al sorteggio e comunque tale da far venir meno il condizionamento delle "correnti" dell'Associazione Nazionale Magistrati nella scelta dei candidati; 2. la normativa relativa alla articolazione interna ed alle funzioni del Consiglio; 3. la disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati da definire secondo precetti normativi precisi con speciali procedure istruttorie; 4. la struttura della Sezione Disciplinare, che andr� non pi� eletta, bens� sorteggiata tra i membri del Consiglio per sessioni trimestrali. 58. Sistema penitenziario ..IL.PROBLEMA...... Il sistema carcerario italiano � unanimemente considerato inadeguato e non rispondente ai dettami di un moderno Stato democratico. In particolare le condizioni di vita all'interno dei carceri non consentono di operare seriamente per il recupero dei detenuti e la stessa organizzazione dell'amministrazione penitenziaria comporta una mortificazione continua per tutti gli operatori del settore e, soprattutto, per i pi� volenterosi. Si deve costruire una struttura e una amministrazione penitenziaria che assicurino le finalit� di custodia nel rispetto della dignit� dei reclusi, al fine del loro recupero, e nel rispetto delle esigenze di sicurezza e dignit� di quanti prestano nel settore la loro opera. ..LE PROPOSTE...... 1. L'amministrazione penitenziaria va profondamente riformata decentrando la maggior parte delle funzioni amministrative seguendo il principio della competenza sussidiaria e cio� attribuendo ai singoli istituti e, comunque, alla struttura periferica tutte le competenze possibili e lasciando all'amministrazione centrale solo le competenze di coordinamento e quelle che non possono essere decentrate. 2. Va riconosciuto il ruolo e la specificit� di tutte le categorie di operatori del settore e va valorizzata, con i conseguenti riflessi funzionali ed economici, la professionalit� di ciascuno, dagli appartenenti al corpo di Polizia penitenziaria agli operatori professionali ed amministrativi. 3. Va comunque perseguito anche il recupero dei detenuti con appositi programmi ai quali ammettere i detenuti che dimostrino effettiva volont� di recupero ed abbiano mantenuto una condotta irreprensibile, con particolare attenzione al rispetto della massima sicurezza all'interno e all'esterno delle strutture carcerarie e della effettivit� della pena. 59. Ambiente: la gestione dei rifiuti ..IL.PROBLEMA...... La gestione dei rifiuti urbani e di quelli derivati dalle attivit� produttive rappresenta oggi un grosso problema, non rimovibile. Parallelamente infatti ad una crescita costante della quantit� di rifiuti generale si assiste ad una sempre pi� generalizzata difficolt� di individuare forme di smaltimento idonee. Ci� provoca costi crescenti e gravi problemi gestionali nonch� igenico-sanitari. Le cause di questa situazione sono facilmente individuabili nella mancanza di una chiara politica nazionale di gestione del problema, in una normativa complessa, confusa ed insufficiente, e soprattutto in un sistema di smaltimento carente ed inadeguato. Seppure interventi che riguardino queste tre aree sono da considerarsi improrogabili, � da sottolineare l'urgenza di un approccio nuovo a questo problema, basato su una responsabilizzazione estesa dei soggetti coinvolti e forme di gestione che coinvolgano anche il settore privato. Si deve uscire decisamente dalla logica centralistica non in grado di assicurare adeguati cartelli e abbandonare la demagogia di difesa irrazionale dell'ambiente che non indica vie percorribili per questa difesa. ..LE PROPOSTE...... 1. Definire, in collaborazione con le parti interessate, gli indirizzi della politica di gestione dei rifiuti, attraverso forme di accordo e di contrattazione volontaria, definite a livello nazionale e territoriale, dove i diversi soggetti pubblici e privati sottoscrivino impegni in forme organizzative e gestionali di tipo privatistico di collaborazione e di partecipazione attiva per il recupero dei materiali riciclabili. 2. Procedere, anche attraverso la redazione di un Testo Unico, alla revisione e semplificazione della normativa in materia che porti a privilegiare misure intese a prevenire la produzione dei rifiuti, il reimpiego ed il riciclo nonch� altre forme di valorizzazione, ai fini della riduzione della quota di rifiuti da avviare allo smaltimento finale. 3. Semplificare, unificare e accelerare le procedure autorizzative, anche attraverso forme di autocertificazione accanto ad un rafforzamento del sistema dei controlli. 4. Rivedere l'organizzazione dei servizi di gestione dei rifiuti anche attraverso la revisione dell'attuale sistema, che prevede una gestione monopolistica da parte dell'ente pubblico indipendentemente dai suoi costi e dai suoi risultati. Introdurre meccanismi di riduzione della presenza pubblica nel caso in cui il cittadino, attraverso la propria partecipazione ad iniziative di raccolta differenziata o di riutilizzo, riduca la propria produzione di rifiuti. 5. Mettere in atto procedure di individuazione della migliore tecnologia di smaltimento che tengano per� sempre conto della economicit� generale nella gestione dei rifiuti. In questo senso vanno incentivate tutte le forme di utilizzazione dei rifiuti ai fini della produzione di energia termica. Attivare forme di partecipazione trasparente dei cittadini ed in grado di ottenere il consenso alla localizzazione degli impianti, anche sulla base di eventuali misure compensative. 6. Attivare forme di incentivazione e disincentivazione economica in grado di premiare investimenti in tecnologie innovative ed interventi di prevenzione a monte della produzione dei rifiuti nonch� forme di partecipazione ad iniziative di raccolta differenziata o di riutilizzo, orientate a scoraggiare la produzione eccessiva di rifiuti nelle diverse fasi del ciclo di consumo. 7. Avviare la bonifica dei siti contaminati elaborando una precisa normativa tecnica a riguardo tuttora assente. 60. Ambiente: il controllo dell'inquinamento ..IL.PROBLEMA...... I fenomeni d'inquinamento di qualsiasi origine siano, sono i sintomi della cattiva gestione del bene "ambiente". Soltanto attraverso una politica ambientale efficiente, che si proponga di proteggere l'ambiente, non solo controllando a valle le fonti d'inquinamento, ma soprattutto intervenendo in modo preventivo, attraverso azioni che contribuiscano a modificare abitudini e preferenze dei consumatori, nonch� comportamenti sociali generalizzati ambientalmente negativi, si pu� raggiungere l'obiettivo di uno sviluppo economicamente sostenibile. Si tratta quindi di trasformare l'attuale politica di controllo dell'inquinamento, in larga misura impostata su obblighi e standard molto stringenti, peraltro poco rispettati, in una politica flessibile di stimolo e di incentivi per l'uso di tecnologie "pulite" dove la cattiva gestione ambientale dell'attivit� produttiva sia fortemente disincentivata. ..LE PROPOSTE...... 1. Mettere a punto una politica organica di interventi mirati e di iniziative sperimentali che preveda forme di incentivazione per le produzioni ambientalmente compatibili e disincentivazione economica per le produzioni ambientalmente non compatibili. Si pensa, in particolare, alla promozione di azioni mirate alla diffusione di tecnologie e prodotti puliti, in particolare, anche attraverso "marchi di qualit� ecologica". Si prevedono inoltre iniziative di sostegno per le imprese impegnate in concreti interventi nei processi produttivi, piuttosto che in interventi di disinquinamento a valle dell'impresa stessa. 2. Rivedere la normativa ambientale, introducendo misure atte a stimolare interventi di tipo preventivo, determinando la fissazione di standard sulle emissioni delle attivit� e alle forme di inquinamento pi� rilevanti. 3. Avviare una nuova politica dell'energia che individui i sistemi di produzione dell'energia pi� efficienti e pi� compatibili ambientalmente, tenendo conto delle caratteristiche peculiari del nostro Paese sia in termini di risorse energetiche che in termini di struttura territoriale. 61. Ambiente: la gestione delle risorse idrichE ..IL.PROBLEMA...... Il problema della gestione delle risorse idriche rappresenta una questione centrale della pi� vasta problematica ambientale. L'acqua infatti non � pi� una risorsa illimitata a costo zero, ma un fattore di produzione e un bene di consumo a costo crescente. Nel contempo l'acqua � anche una componente fondamentale del sistema ambiente e territoriale. Nonostante una sostanziale abbondanza di questa risorsa, l'uso sconsiderato e la cattiva gestione hanno portato ad una situazione, quella attuale, di forte criticit�: si registrano infatti forti sprechi nella distribuzione come in alcune tipologie di consumo. Si verifica una forte discontinuit� negli approvvigionamenti, soprattutto in determinate aree del Paese. Le caratteristiche qualitative, anche a causa della perdurante carenza di capacit� di depurazione, sono fortemente compromesse. La causa di questa situazione � dovuta anche ad una gestione che, nonostante le pi� recenti revisioni, risulta ancora fortemente burocratizzata e frammentaria. E' evidente pertanto la necessit� di arrivare ad una gestione industriale del sistema idrico che consenta una ripartizione equilibrata di tale risorsa e favorisca lo sviluppo di una rete moderna di captazione, adduzione e depurazione. ..LE PROPOSTE...... 1. Mettere a punto e realizzare nel concreto una pianificazione nazionale e territoriale integrata delle risorse idriche che, attraverso un confronto tra disponibilit� e fabbisogni, indirizzi la riorganizzazione dei servizi di approvvigionamento, distribuzione e depurazione, nell'ottica della tutela dei fiumi e dei bacini idrici. Prevedere la revisione della Legge Galli fissando criteri omogenei circa l'attuazione e l'efficacia in relazione agli ambiti ottimali di gestione delle risorse idriche. 2. Procedere, anche attraverso la messa a punto di un Testo Unico in materia, all'attuazione della legislatura vigente in particolare per quanto riguarda l'operativit� dei piani di bacino e delle relative Autorit� di controllo nonch� alla ripartizione chiara e razionale delle diverse competenze. 3. Migliorare e, dove necessario, potenziare i servizi di gestione dell'acqua e le relative infrastrutture anche attraverso la loro eventuale privatizzazione. 4. Rivedere il sistema delle tariffe e dei trasferimenti delle risorse raccolte, commisurandole ai consumi effettivi, alla qualit� dei servizi ricevuti dagli utenti, nonch� agli usi. 5. Impostare una politica di incentivazione del riuso delle acque e delle produzioni a basso consumo, scoraggiando, anche attraverso tariffe differenziate a seconda del livello dei consumi e della qualit� dell'acqua restituita, gli sprechi ed i consumi eccessivi. 6. Rivedere il sistema dei controlli, semplificando il regime autorizzativo in situazioni di scarso impatto ambientale e rendendolo invece pi� restrittivo nei casi di maggior impatto ambientale. Introdurre, quando � opportuno, parametri di controllo riferiti alla qualit� dei corpi recettori e dei punti di emissione rafforzando, in questo senso, la Legge Merli. 62. Ambiente: l'energia ..IL.PROBLEMA...... L'assenza di una chiara ed organica politica energetica ha determinato un sistema energetico, in questi ultimi anni, basato sostanzialmente su un elevatissimo livello di dipendenza dall'estero in termini di approvvigionamento dei prodotti petroliferi e di energia elettrica e su una scarsa differenziazione in termini di tipologie di combustibili utilizzati. Questa situazione non solo non ha prodotto di fatto rilevanti benefici in termini di tipologie di combustibili utilizzati e di riduzione degli effetti ambientali della produzione di energia, ma ha congelato ogni iniziativa mirata alla sperimentazione e allo sviluppo di nuovi sistemi di produzione pi� efficienti e compatibili ambientalmente. Il dibattito sulla politica energetica si � cos� ridotto ad uno sterile confronto sulle opportunit� dell'uso di un combustibile piuttosto che di un altro in una specifica realt� territoriale piuttosto che in un'altra. ..LE PROPOSTE...... 1. Riaprire il dibattito sulla futura politica energetica del nostro Paese, in modo da arrivare, nel pi� breve tempo possibile, ad individuare sistemi di approvvigionamento e produzione dell'energia pi� efficienti e compatibili ambientalmente nonch� idonei alle caratteristiche peculiari del nostro Paese. Elaborare un Piano Nazionale che abbia come strategia di base una maggiore autonomia energetica e un sistema energetico nazionale equilibrato economicamente ed ambientalmente. 2. Stimolare, attraverso interventi specifici ed azioni mirate di sostegno e supporto, una maggiore efficienza energetica sia in termini di produzione che di consumo. 3. Rivedere l'attuale sistema di tariffazione dell'energia secondo criteri che incoraggino il risparmio energetico, l'uso di energie alternative e la maggiore efficienza energetica. 4. Incentivare l'autoproduzione di energia e la cogenerazione e non solo attraverso un sistema di tariffe agevolate, ma anche attraverso l'apertura di forme di collaborazione tra pubblico e privato che favoriscano una pi� razionale combinazione di fonti energetiche e modelli di consumo. 5. Introdurre standard di consumo energetico e marchi di efficienza energetica sia a livello di impianti industriali che di apparecchiature elettriche ad uso domestico e favorire l'introduzione di misure che mirino a verificare e controllare la dispersione dell'energia negli edifici. 6. Attivare campagne di informazione sulle esigenze di risparmio energetico e forme di partecipazione dei cittadini all'identificazione delle migliori opzioni energetiche in grado di ottenere un ampio consenso sulle scelte di localizzazione degli impianti, anche sulla base di eventuali misure compensative. 7. E' necessario che lo sviluppo dell'industria energetica e del ciclo di utilizzo dell'energia avvenga nel rispetto dell'ambiente, in un'ottica di progressivo miglioramento della qualit� dei prodotti forniti, della salvaguardia del territorio e della salute pubblica. 63. Ambiente: la gestione del territorio ..IL.PROBLEMA...... Le questioni connesse all'uso del territorio sono estremamente complesse in quanto si riferiscono a tipi di problemi assai diversi tra loro: quelli connessi con la struttura del sistema dei trasporti e quelli connessi allo sfruttamento delle cave piuttosto che all'urbanizzazione diffusa e alla localizzazione delle aree industriali sono tra di loro molto diversi. Un elemento comune li origina: l'assoluta mancanza di politiche d'indirizzo e, di conseguenza, un accumulo di interventi assolutamente non coerenti tra loro. Le conseguenze sul territorio di tutto ci� sono evidenti, con un crescente degrado delle aree urbane e ad un livello d'inquinamento delle stesse ormai vicino a livelli di criticit� assoluti. Tutto ci� evidentemente a discapito del patrimonio paesaggistico e naturale che si � ridotto ed in alcuni casi degradato irrimediabilmente. ..LE PROPOSTE...... 1. Avviare un corretta pianificazione territoriale che realizzi una reale tutela delle bellezze naturali e delle aree protette ed un'effettiva applicazione della valutazione dell'impatto ambientale, senza che ci� comprometta n� lo sviluppo economico delle aree coinvolte n� le esigenze di tutela ambientale. 2. Avviare una indispensabile politica nel settore del turismo e nella protezione dei beni culturali, in modo da rendere la tutela delle bellezze naturali ed artistiche il fattore propulsivo per molte aree del Paese. 3. Elaborare ed avviare una nuova politica dei trasporti che individui i sistemi di trasporto urbani ed extraurbani pi� efficienti e pi� compatibili ambientalmente. 4. Attuare le pi� recenti norme in materia di tutela delle risorse idriche e di difesa del suolo, nonch� realizzare una piena, concreta e fattibile applicazione della normativa in materia di rischi industriali, di inquinamento acustico e di valutazione d'impatto ambientale (VIA). E' necessario potenziare il servizio tecnico nazionale affinch� sia realizzato un maggior controllo, venga eseguito un censimento e una mappatura di tutte le aree a rischio idrogeologico, siano censite e monitorate tutte le attivit� estrattive e vengano integrate a livello centrale tutte le banche dati territoriali /ambientali sia pubbliche che private. 5. Avviare una politica organica in materia di gestione delle aree protette che, oltre a coinvolgere le comunit� locali gi� durante il processo della loro individuazione, garantisca la salvaguardia delle zone a maggior pregio, consenta una fruizione "ecocompatibile" da parte del pubblico e rappresenti uno stimolo alla loro valorizzazione ambientale ed economica. 6. Intervenire attraverso una politica organica di interventi strutturali e di incentivazione e disincentivazione economica sul problema dell'inquinamento delle aree urbane, anche favorendo misure indirette (ad es. semplificazione delle procedure burocratiche, informatizzazione diffusa e telelavoro). 7. Tutelare la biodiversit� biologica attraverso la combinazione di misure di salvaguardia delle specie animali e vegetali, l'istituzione e la corretta gestione di aree protette e strategie di gestione del territorio di ampio respiro che assicurino che tali aree non divengano oasi di diversit� a s� stanti, ma si integrino con il territorio circostante. 8. Creare una politica finalizzata alla tutela fluviale e ad adeguati sistemi di protezione contro lo straripamento e le inondazioni. 64. Urbanistica ..IL.PROBLEMA...... L'orientamento culturale e metodologico dell'attuale legislazione urbanistica risale alla Legge 1150 del 1942. Da allora si sono sommate varie leggi e leggine che hanno prodotto una matassa normativa ingovernabile, sfuggita agli stessi addetti, in cui � stato dominante il modello collettivista e ove spesso si � violato lo stato di diritto a tutela degli interessi dei cittadini. L'Italia, al pari degli altri Paesi europei, come la Germania, si regge sulla storica armatura urbana delle "100 citt�" e su una campagna di pregio ormai urbanizzata. Rispetto a queste realt� risultano ormai rigidi, massificanti, omologanti e impraticabili i piani territoriali che si sono succeduti in quest'ultimo cinquantennio. L'Unione Europea, nel "libro verde" sull'ambiente urbano del 1990, ha raccomandato di privilegiare la qualit� urbana sulla quantit� degli standard, il recupero appropriato degli edifici di pregio rispetto alla nuova edificazione, la differenza urbana e culturale rispetto alle omogeneit� territoriali, il rispetto dei luoghi anzich� il ricorso alle zone funzionali, la specificit� e l'integrazione territoriale anzich� la generalit� delle prescrizioni e le separazioni funzionali. La diversit� delle situazioni culturali, la ricchezza dei contrasti tra i luoghi del Paese, le originalit� regionali e le singole identit� urbane sono state penalizzate da leggi inappropriate, da un'urbanistica totalizzante, da regolamenti sovente contrastanti, da norme talvolta inapplicabili, in una crescente confusione di ruoli e competenze degli organi preposti e in assenza delle dovute responsabilit�. ..LE PROPOSTE...... Vanno dunque affermati i seguenti principi: 1. la normativa urbanistica va vista principalmente come mezzo di composizione degli opposti interessi, in una visione generale di libero mercato, caratterizzata dal fine di tutelare i bisogni umani e le libert� fondamentali dei cittadini; 2. l'intervento pubblico nell'edilizia e nell'urbanistica va essenzialmente destinato alla promozione dei sistemi specifici di infrastrutture e non alla realizzazione di un'urbanistica globale; 3. va superata la zonizzazione astratta e specializzata; 4. va realizzata, per quanto possibile, la divisione dei poteri; 5. l'effetto citt� deve essere recuperato. Gli standard, cos� come sono strutturati, hanno comportato essenzialmente la realizzazione di periferie; 6. i beni di interesse pubblico vanno individuati nominalmente e tutelati in modo non generico, ma specifico e limitato; 7. vanno delimitate in modo espresso e chiaro le competenze delle singole autorit� pubbliche, al fine di tutelare le prerogative delle autonomie locali. Tutto ci� comporta il riconoscimento di una prevalenza della norma, che � garanzia di libert�, rispetto al piano come progetto globale, onde consentire la spontanea e vitale evoluzione e trasformazione della citt�. Una legge urbanistica sostanzialmente nuova non potr� essere formata se non dopo la riorganizzazione costituzionale del territorio, con la formazione di nuove competenze degli Enti territoriali e conseguentemente con la riformulazione di norme anche costituzionali e la revisione della Legge 142/90. Nel transitorio occorre comunque approntare una legge statale urbanistica che persegua essenzialmente i seguenti fini, ponendo gli elementi cornice alle future leggi regionali in materia: - la semplificazione delle normative, dei regolamenti, dei controlli e la riunione delle varie leggi in un testo unico; - l'abrogazione di una serie di leggi e di norme; - la tutela dell'ambiente col recupero degli spazi edificati; - la disciplina della propriet� immobiliare sotto il profilo urbanistico. Per tali motivi, in via di principio, si pu� affermare che l'impianto della Legge urbanistica del 1942, integrata dalla Legge ponte 765/67, � tuttora valido e potr� essere rivitalizzato con l'abrogazione della maggior parte delle leggi urbanistiche successive. 65. Protezione civile ..IL.PROBLEMA...... Il disboscamento, gli incendi boschivi, l'edilizia abusiva, le escavazioni negli alvei fluviali, gli errati interventi di regimazione delle acque, le opere portuali non del tutto corrette hanno alterato non solo in maniera peggiorativa l'ambiente naturale, ma hanno avuto ripercussioni altamente negative, e spesso nefaste, anche sull'uomo e sulle sue attivit�. Frane, alluvioni, mareggiate dannose sono costate alla comunit� pi� di quanto sarebbe costata una seria politica di interventi di gestione razionale del territorio. ..LE PROPOSTE...... 1. In questo ambito in particolare, e in generale per quanto riguarda la politica ambientale, va rigorosamente applicato il principio di sussidiariet�: l'ente Regione deve essere il centro di gestione unitaria e di coordinamento delle varie forme di intervento sul territorio. Deve essere quindi eliminata l'attuale confusione e commistione di responsabilit� tra Autorit� di bacino, Ministero dei Lavori Pubblici e dell'Ambiente, Dipartimento della Protezione Civile, Ministero degli Interni. 2. Si deve vietare severamente l'alterazione delle sponde fluviali ed avviare, ove possibile, la rinaturalizzazione degli alvei mettendo in opera i piani di bacino (previsti dalla Legge 183/89). 3. Bisogna procedere ad una pianificazione del territorio che non sia articolata su sovrapposizioni di leggi e norme talora contrastanti. 4. Devono essere infine semplificate e coordinate le procedure previste dalle leggi di programmazione e spesa attualmente vigenti (305/89 e 183/89). 5. Si deve realizzare una politica di tutela fluviale, adottando strumenti di protezione dalle inondazioni e dagli straripamenti. 66. Paesaggio come bene pubblico ..IL.PROBLEMA...... Il paesaggio italiano, come risultato della natura e dell'attivit� umana nel corso della storia, � a giusto titolo un bene prezioso e unico nel mondo. Il proliferare di leggi e provvedimenti, che hanno sovrapposto e reso conflittuali competenze e interessi, dimostra l'oggettiva impotenza delle amministrazioni nel poter procedere a una qualificata tutela del paesaggio. Le ragioni sono molteplici: la complessit� dei meccanismi di controllo (rapporto Stato-Regione e subdeleghe ai Comuni), la mancanza di regolamenti urbanistici, la diffusa carenza progettuale, ma soprattutto l'assenza di "cultura" del paesaggio (che in Italia � stata fraintesa, dal dopoguerra ad oggi, con la politica del territorio) e quindi di un corretto indirizzo disciplinare. ..LE PROPOSTE...... 1. Procedere alla unificazione della normativa di tutela (prendendo atto che la difesa del paesaggio � principio costituzionale e rientra nei compiti primari dello Stato), snellimento delle procedure di controllo e di gestione che devono essere viceversa garantite dalla specifica qualit� professionale dei funzionari preposti. 2. Conferire competenze specialistiche alle Sovrintendenze, delineando una pi� specifica linea di gestione amministrativa del paesaggio distinta da quella dei monumenti, attraverso una particolare qualificazione del personale e sempre nella consapevolezza dell'unit� imprescindibile della cultura che proprio nel paesaggio storico trova elementi di complessit� notevoli. 3. Realizzare forme di "restauro del paesaggio" da attivare con gli stessi meccanismi del restauro monumentale e cio�, da un lato, con finanziamenti diretti dello Stato almeno per i siti particolarmente significativi di propriet� demaniale o di Enti, dall'altro, incentivando Enti, privati, fondazioni, associazioni ad effettuare opere di risanamento paesaggistico nelle zone particolarmente degradate, all'interno di quelle vincolate dalla Legge 1497/39 e 431/859. 4. Ridisegnare il volto delle periferie, il cui degrado - a partire dal dopoguerra- ha contribuito a vanificarne la percezione dell'immagine. Occorre attribuire ai quartieri urbani lo stesso valore estetico, sociale e culturale dei centri storici. 67. Cultura e patrimonio artistico ..IL.PROBLEMA...... Il patrimonio storico, artistico, culturale � una delle radici fondamentali dell'identit� della Nazione italiana e delle citt� e Regioni che la compongono. Esso � al tempo stesso un patrimonio che germoglia nell'attuale, viva, creativit� italiana. Bisogna partire dal presupposto che questo immenso patrimonio culturale non � una tra le ricchezze dell'Italia, ma la forma fondamentale e specifica della sua realt�. Perci� esso � da considerare non come semplice memoria da conservare ma come elemento basilare del nostro modello di sviluppo. La tutela, la conservazione e la valorizzazione di questa inestimabile ricchezza artistica, culturale e ambientale, che non ha eguali nel mondo, pu� divenire una delle maggiori fonti di ricchezza soprattutto attraverso l'industria del turismo. Inoltre le possibilit� di lavoro nei luoghi archeologici, nei musei, nel restauro, nei parchi, nella produzione di prodotti agricoli di qualit�, nell'utilizzo delle risorse naturali, nelle energie rinnovabili, nell'artigianato, nell'arte, nell'uso dei materiali edilizi locali, nell'educazione e nelle comunicazioni, possono essere moltiplicate in un vero e proprio processo di investimento nel "capitale naturale" complessivo italiano. Investire nel "capitale naturale", inteso come la somma del capitale artistico e di quello pi� propriamente ambientale, significa oggi aprire la strada dello sviluppo sostenibile, di una migliore qualit� della vita e del futuro delle nuove generazioni. Perci� l'amore e il mantenimento dell'antico costituiscono al tempo stesso il fondamento del futuro e la possibilit� di perseguire anche oggi quel primato nelle arti e nella cultura che l'Italia ha avuto nel passato. ..LE PROPOSTE...... 1. E' necessario ripensare interamente tutta la politica che riguarda il patrimonio storico, artistico e culturale. E' giunto il momento di avvalersi delle migliori esperienze europee. E' prioritario discutere dell'opportunit� di istituire un Ministero per la cultura e di assegnare nuove e pi� moderne strutture alla promozione della creativit� italiana all'estero. 2. La riforma del sistema museale costituisce un obiettivo fondamentale. Occorre introdurre la partecipazione dei privati alla gestione dei musei e promuovere una loro maggiore autonomia. I musei, inoltre, indipendentemente dalla loro appartenenza a enti e soggetti diversi, dovrebbero costituire un "sistema" o un "circuito" museale territoriale, inteso quale insieme di servizi, come, ad esempio: vendita dei cataloghi, servizi di ricezione, di informazione. 3. Si dovrebbero assegnare, in linea di massima, alle istituzioni pubbliche le specifiche attivit� culturali, scientifiche e di tutela, mentre ai soggetti privati quelle gestionali, commerciali e relative alla promozione. 4. Occorre lanciare, anche nel campo dei beni culturali, il project financing. L'intervento del capitale privato nel restauro, nella conservazione e valorizzazione delle opere d'arte del nostro Paese ha il duplice obiettivo di restituire all'antico splendore e alla fruibilit� pubblica le opere artistiche, e di renderle al tempo stesso "profittevoli". 5. E' necessario ripristinare totalmente le agevolazioni fiscali (previste dalla Legge 512 del 1982) e l'approvazione del relativo regolamento d'attuazione. 6. Instaurare un nuovo rapporto di collaborazione e un sistema integrato di competenze tra Stato, Regioni e Enti locali, posto che "l'intreccio tra beni culturali, architettonici e ambientali rende di fatto difficilissima ogni gestione efficace che non si basi sull'integrazione delle competenze". 7. Occorre riservare allo Stato la tutela ultima del bene, mentre la gestione e la valorizzazione potrebbero essere attuate dagli altri livelli di governo, nonch� dai privati e dai soggetti della societ� civile. 8. Stabilire un coordinamento fra operatori turistici e operatori culturali, con l'obiettivo di raggiungere una diversificazione dei flussi turistici a vantaggio delle aree pi� marginali e delle piccole citt� d'arte. 9. Sono necessari e urgenti l'aggiornamento ed il rilancio della cosiddetta "legge del 2%", in forza della quale questa percentuale del costo di ogni opera pubblica deve essere destinata ad interventi degli artisti o ad opere d'arte che ne marchino il "decoro" e il segno del tempo. 68. Metropoli e citt� d'arte ..IL.PROBLEMA...... La direzione dello sviluppo delle citt� deve essere suggerita dal profilo sociale e culturale delle stesse. Le progettazioni non devono essere concepite in astratto, e cos� le decisioni degli amministratori, ma devono tenere conto delle scelte prevalenti fra i cittadini. Questo modo di procedere render� certamente pi� vivibili le citt�: quelle pi� piccole e quelle pi� grandi, le cui periferie testimoniano purtroppo degli scempi compiuti negli ultimi decenni. Non a caso oggi fenomeni allarmanti di disagio sociale e di violenza, diffusi specialmente fra le nuove generazioni, si annidano e si propagano dalle citt� e dalle metropoli devastate dalla bruttezza e dal degrado. La radice del problema sta nella totale sconnessione tra la comunit� vivente dei cittadini e la citt� come realt� spaziale organizzata, mentre ci� che ha caratterizzato l'Italia nel passato � stato il legame inscindibile tra la personalit� morale dei cittadini e l'aspetto materiale della citt�, investito di un significato estetico in ogni sua parte. ..LE PROPOSTE...... 1. Occorre riconsiderare il territorio come "territorio storico", superando cos� la divaricazione fra il regime vincolistico dei parchi e dei centri storici, e il resto del territorio dove � praticamente consentito ogni uso. 2. E' necessario evitare ogni ulteriore consumo del suolo, privilegiando il restauro dei centri storici e il recupero del patrimonio edilizio esistente. 3. Si deve recuperare un rapporto fra ambiente costruito e ambiente naturale, sull'esempio delle antiche citt� italiane, soprattutto attraverso l'uso di tecniche costruttive e di materiali locali. 4. Si impongono interventi che attribuiscano una identit� culturale e ambientale ai diversi quartieri e una diversa qualit� urbana tipica delle citt� storiche, per evitare il degrado e lo squallore delle periferie urbane. 5. Considerare determinante il ruolo degli artisti per migliorare l'aspetto delle nostre citt�. Dobbiamo imparare ad esigere la bellezza negli spazi pubblici in accordo con la nostra storia e le nostre tradizioni culturali. 6. Occorre promuovere fra i cittadini e soprattutto fra i giovani una cultura di relazioni con il territorio, esaltandone i rapporti storici, culturali e ambientali. 69. Spettacolo ..IL.PROBLEMA...... Nel passato l'Italia era riconosciuta e stimata nel mondo per la ricchezza delle sue produzioni artistiche e monumentali. Oggi, alle soglie del nuovo millennio, siamo di fronte ad un patrimonio disperso, poco tutelato e per nulla incentivato, una vera e propria ricchezza in stato di abbandono. Analogamente, nel settore dello spettacolo, la situazione si � ulteriormente aggravata in seguito alla soppressione del Ministero per il Turismo e lo Spettacolo e la conseguente mancanza di un riferimento politico e amministrativo qualificato. Il Fondo Unico dello Spettacolo (FUS) � fallito nella sua funzione fondamentale, che era quella di razionalizzare l'intervenrto dello Stato nel settore. Le sue caratteristiche di fondo di programmazione pluriennale e di strumento di adattamento flessibile alle esigenze dello spettacolo sono state totalmente vanificate da una gestione rigida, statica e tutt'altro che trasparente. La Legge 203 del 1995, che avrebbe dovuto attivare un meccanismo di riordino dell'intervento dello Stato in materia di spettacolo, � ancora inattuata. Il Governo non ha ancora elaborato le bozze di decreti delegati governativi che la legge stessa prevedeva. Leggi nuove che avrebbero dovuto anche regolare il rapporto tra Stato centrale ed Enti locali. Tutto il settore dello spettacolo e dei beni culturali necessita di una riforma che parta da una analisi accurata delle strutture esistenti e delle dinamiche di sviluppo, stabilendo innanzitutto un pi� corretto rapporto tra domanda e offerta, tra costi e ricavi e tra investimenti pubblici e utilit� sociale. L'Italia deve interrogarsi sul valore da assegnare alla cultura, all'arte, al pensiero creativo, come condizione essenziale per assicurare uno sviluppo armonico ed equilibrato di tutta la societ�. ..LE PROPOSTE...... 1. Dare vita ad un Ministero della cultura, che aggreghi tutte le competenze, ora disperse fra vari ministeri, con l'obiettivo di tutelare e promuovere l'arte e la cultura in Italia e nel mondo. 2. Approvare le leggi-quadro per il riordino dei settori dello spettacolo, in modo da porre fine ad un assistenzialismo che mortifica la qualit� e stabilire un nuovo rapporto con il pubblico. 3. Dare vita ad una riforma degli enti lirico-sinfonici trasformando la natura giuridica degli stessi in enti pubblici economici. 4. Promuovere l'investimento privato nel settore dello spettacolo anche attraverso una congrua defiscalizzazione e deducibilit� degli oneri sociali, nonch� dei contributi consistenti in lasciti, donazioni, atti di liberalit�, contratti di sponsor e di mecenatismo . 5. Incentivare le attivit� dello spettacolo attraverso misure quali il tax-shelter (rendere non imponibili certi importi), la detassazione sui biglietti d'ingresso e sugli utili reinvestiti. 6. Costituire per ogni settore dello spettacolo, in seno al costituendo Dicastero per i problemi della cultura, organi con poteri decisionali (Autorit� di garanzia) composti in maggioranza da figure professionali omogenee. 7. Procedere alla ridefinizione delle competenze e dell'attivit� dei vari enti teatrali (a partire dal ruolo positivo svolto ad esempio dall'ETI) e alla creazione di una unica agenzia nel campo cinematografico (nata dalla fusione tra Ente Cinema, Cinecitt� e Istituto Luce). 8. Incentivare la prassi della commissione agli artisti, da parte dello Stato e di altri soggetti, al fine di promuovere l'arte contemporanea. Oltre alla valorizzazione del patrimonio culturale del passato, infatti, occorre stimolare le nuove creazioni come opere teatrali, balletti, opere liriche, musica sinfonica e da camera. 9. Agevolare l'apertura di multisale e centri di spettacolo che, grazie alla loro capacit� di attrazione, hanno permesso di aumentare, in molti Paesi, il numero dei biglietti venduti: ci� comporta l'abolizione di molti degli attuali vincoli e ostacoli amministrativi, nonch� l'introduzione di incentivi fiscali per chi intraprende opere di ristrutturazione. 10. Promuovere una nuova legislazione nel campo dello spettacolo di intrattenimento, che ne sostituisca l'ormai superato ordinamento. Occorre inoltre snellire le procedure amministrative e ridurre l'eccessivo carico fiscale in un settore che rivela forti possibilit� di sviluppo e di creazione di nuovi posti di lavoro. Ci� anche al fine di semplificare le procedure di impiego dei professionisti e di eliminare le forme di lavoro sommerso che esistono. 70. Sport ..IL.PROBLEMA...... L'organizzazione sportiva in Italia abbisogna di interventi generali, volti a favorire lo sviluppo delle attivit� sportive, strumento di promozione umana e sociale, attraverso la difesa dell'autonomia e dell'indipendenza dell'organizzazione sportiva per la quale debbono essere previste forme giuridiche adeguate alla realizzazione delle proprie finalit�. Lo sport � inoltre un grande mezzo di comunicazione fra gli uomini e fra i popoli e rappresenta al tempo stesso un potente fattore di relazioni e di scambi fra i Paesi dell'Europa e del mondo intero. ..LE PROPOSTE...... 1. Elaborare ed attuare una politica a favore dello sport come fatto culturale pianificato fin dalla scuola dell'obbligo con una programmazione territoriale dell'impiantistica basata sui bacini di utenza e sulla polivalenza degli impianti stessi. 2. Agevolazioni fiscali e facilitazioni alle societ� che si impegnano nello sport agonistico o di base. 3. Una legge per l'associazionismo sportivo dilettantistico che preveda agevolazioni fiscali, tributarie e nei rapporti di lavoro; che definisca nuovi e pi� accessibili rapporti con il credito sportivo e con gli Enti locali; che contenga norme pi� chiare e semplici per una vera tutela sanitaria e che rilanci un piano di intervento nazionale e regionale anche prevedendo collaborazioni con i soggetti privati, in favore dell'impiantistica sportiva con particolare riguardo alle Regioni meno dotate di strutture sportive. 4. Nuovo rapporto scuola-sport ridefinendo sia le attivit� di educazione fisica all'interno dei programmi di studio sia al di fuori dell'orario scolastico. Prevedere l'inizio di corsi di attivit� motoria, con particolare riferimento alla sfera ludica, dalla scuola materna, ridefinendo in modo pi� serio l'educazione motoria e fisica nella scuola elementare. Prevedere il finanziamento di tutto questo programma utilizzando parte degli introiti che lo Stato percepisce con il Totocalcio. 5. Considerare la carriera scolastica svolta dall'ISEF equivalente alla carriera svolta per conseguire la laurea. 6. Ridefinizione della legge istitutiva del CONI, adeguandola alle mutate esigenze della societ� italiana e alla notevole crescita del movimento sportivo di base e di vertice. E' necessario inoltre riconoscere al CONI una maggiore autonomia gestionale e una migliore funzionalit� sia giuridica che operativa. 7. Riformare la legge 91 sullo sport professionistico, superando tutti gli ostacoli normativi che non consentono lo sviluppo di una vera "cultura d'impresa" anche nelle societ� professionistiche sportive. 8. Lanciare una forte iniziativa di promozione culturale dei valori dello sport. Lo sport inteso come sviluppo psico-fisico equilibrato dei giovani, per il benessere dei meno giovani e come apprendimento di precise regole di rispetto degli altri. 9. Incremento della tutela dei praticanti riguardo alla sicurezza personale e a quella delle strutture in cui l'attivit� sportiva si svolge. CAPITOLO 6 DARE SOLIDARIETA', SICUREZZA E AIUTO A CHI E' MALATO, A CHI E' ANZIANO, A CHI NE HA VERAMENTE BISOGNO. Il polo vuole essere la forza politica di chi ha veramente bisogno, di coloro che pi� soffrono della crisi della famiglia: i bambini e gli anziani. Non siamo per l'egualitarismo delle richieste, ma per il riconoscimento della differenza dei bisogni. Vogliamo perci� differenziare le politiche della salute, delle pensioni e dell'assistenza sociale, nel riconoscimento che la prtotezione dei pi� deboli, nella societ�, deve essere svolta dallo Stato, ma anche nella convinzione che chi pu� fare da solo non debba ricorrere all'aiuto dello Stato. Vogliamo uno Stato sociale che si apra al concorso di tutte le iniziative libere che nascono spontaneamente nella societ� civile e che non appartengono n� allo Stato n� al mercato: il volontariato, il non-profit, la cooperazione sociale. Ai differenti bisogni risponderemo con differenti proposte, modellate sulle esigenze specifiche delle persone e non sulle pretese organizzative degli apparati pubblici. La qualit� morale di una societ� si manifesta nella cura verso coloro di cui nessuno si cura. La famiglia � il modello e la risorsa della solidariet�, essa � il principio da cui la solidariet� sgorga. 71. Famiglia ..IL.PROBLEMA...... La famiglia rappresenta un elemento di stabilit�, di equilibrio e di solidariet�. Il nucleo familiare deve restare al centro della societ� italiana per evitare la dissoluzione dei vincoli di solidariet� che sono un patrimonio non sostituibile da forme di intervento dello Stato. I titolari dei "diritti sociali" non sono solo gli individui ma anche i soggetti sociali, come la famiglia, perch� esercitano funzioni sociali. Per questo � necessario che esistano delle risposte in termini di Stato sociale specificamente aderenti ai bisogni delle famiglie. I giovani incontrano grandi difficolt� a costituire una famiglia, gli anziani non autosufficienti potrebbero essere meglio assistiti in famiglia, il trattamento fiscale delle famiglie � addirittura penalizzante. Lo Stato assistenziale interviene con logica burocratica, mentre invece molti servizi possono essere svolti dalle famiglie o dai gruppi amicali con maggiore sostegno morale. La logica burocratica � una logica di massa e standardizzata, mentre molti servizi richiederebbero una grande attenzione per la persona (si pensi ai servizi sanitari e all'assistenza). ..LE PROPOSTE...... 1. Stabilire iter abbreviati per l'approvazione di progetti di costruzione di nuove abitazioni o per la ristrutturazione di immobili esistenti, dedicando maggiore attenzione oltre che al mondo della cooperazione organizzata anche ai progetti individuali o di gruppi di giovani coppie. 2. Integrare il reddito o adottare misure di defiscalizzazione per le famiglie che si fanno volontariamente carico di membri socialmente deboli: portatori di handicap e anziani. 3. Rapportare il computo del reddito ai fini fiscali ai valori pro capite del nucleo familiare, cio� ridurre le imposte alle famiglie monoreddito e numerose. 4. Promuovere tutte le forme auto-organizzative delle famiglie ed in particolare il volontariato a base familiare, incentivando le forme di solidariet� tra famiglie soprattutto quando condividono uno stesso problema sociale prevedendo agevolazioni e sostegni. 5. Riformulare le modalit� di erogazione degli assegni familiari garantendo che il prelievo tributario specifico venga effettivamente ridistribuito alle famiglie e non disperso in altre voci di bilancio. 6. Stabilire priorit� sulla base di parametri adeguatamente definiti nell'assegnazione degli alloggi. 7. Favorire una partecipazione maggiore delle associazioni familiari ai vari livelli politici in forma consultiva. 8. Riconoscere l'essenzialit� del lavoro domestico-casalingo e di cura in quanto attivit� importanti per la vita delle famiglie e per la societ� stessa. 9. Va riconosciuto e tutelato il ruolo di madre, sia sotto gli aspetti assistenziali che sotto quelli previdenziali. 72. Casa ..IL.PROBLEMA...... Per anni la legge sull'equo canone ha provocato un'ingessatura del mercato della locazione permettendo che proliferassero situazioni di illegalit�. La situazione � cambiata con la previsione dei patti in deroga che ha permesso di richiamare alla legalit� molti contratti in nero. I patti in deroga, per�, non hanno inciso sul meccanismo dell'esecuzione degli sfratti che deve essere rivisto affinch� inquilini ricchi e inquilini meno abbienti non beneficino allo stesso modo del blocco prefettizio delle esecuzioni di rilascio. La casa �, inoltre, gravata da una pressione fiscale non equa. Queste situazioni si ripercuotono, ovviamente, sulle fasce pi� deboli della popolazione creando gravi situazioni di disagio. ..LE PROPOSTE...... 1. Promuovere interventi residenziali per categorie speciali o deboli (studenti universitari, portatori di handicap, anziani, extracomunitari, giovani coppie) sotto forma di locazione, godimento, prestazione di servizi o locazione con propriet� differita. 2. Favorire l'acquisto della prima casa, in particolare per le giovani coppie, prolungando i mutui agevolati e diminuendo le rate del primo periodo di rimborso durante il quale la giovane famiglia � maggiormente caricata di oneri finanziari. 3. Destinare ove possibile parte del patrimonio immobiliare dello Stato a residenze per giovani coppie. 4. Ridurre l'imposizione, oggi persecutoria, sulla casa. 5. Ampliare ulteriormente l'operativit� e la flessibilit� dei contratti in deroga con la previsione di uno sconto fiscale per i contratti destinati ai soggetti pi� bisognosi. 6. Assumere iniziative immediate per fronteggiare la vera e propria situazione di emergenza finanziaria in cui versano i cittadini che hanno acquistato immobili contraendo mutui in Ecu o in valuta estera. 73. Madri lavoratrici ..IL.PROBLEMA...... In Italia sono attualmente in vigore alcune leggi molto avanzate a favore delle donne ed in particolar modo delle madri lavoratrici. Tale normativa, per�, pur se emanata con l'intento di tutelare le donne ed assicurare uguaglianza e parit� di trattamento tra i sessi, ha avuto come conseguenza inintenzionale quella di aumentare le difficolt� di ingresso e di permanenza delle donne nel mondo del lavoro. Quante ragazze, infatti, si sono sentite chiedere durante un colloquio selettivo se avessero in programma, nel loro futuro, di sposarsi e di avere dei figli? Quante madri lavoratrici hanno dovuto lasciare il loro lavoro per seguire meglio i propri figli? Vista, dunque, l'incapacit� di superare le discriminazioni mediante le disposizioni di legge in vigore, occorre, ferme restando le attuali tutele, riconsiderare il tema della maternit�-paternit�, riscoprendo il ruolo familiare dell'uomo con i relativi diritti e doveri. Con l'obiettivo di pervenire ad una parit� fra i sessi effettiva e non solo formale. ..LE PROPOSTE...... 1. Favorire la distribuzione per via obbligatoria di tutte le tutele nel rapporto di lavoro e degli obblighi familiari su entrambi i genitori. 2. Agevolare l'accesso al part-time per le madri lavoratrici e per i padri lavoratori (es. aliquota obbligatoria del 20% sull'organico complessivo o sul totale dei lavoratori part-time). 3. Rendere pi� flessibili gli orari di lavoro nei primi anni del bambino (fino al 3� anno). 4. Garantire la presenza del genitore in famiglia in caso di malattia grave del figlio minore, che abbia pi� di tre anni di et� (per i figli con meno di tre anni tale garanzia � prevista dall'art. 7 della Legge 1204/1971). 5. Prevedere un'aspettativa facoltativa per madri lavoratrici e padri lavoratori, fino al 5� anno di et� del bambino, per un periodo predeterminato, es. 1 anno. 6. Predisporre asili nido legati non solo alla residenza della madre ma anche al luogo di lavoro. 7. Confermare il divieto per le gestanti di lavorare in orario notturno (24 - 6) (l'art. 5 della Legge n. 903 del 1977 gi� dispone il divieto di adibire le donne al lavoro notturno e tale divieto non ammette deroghe per le donne dall'inizio dello stato di gravidanza e fino al compimento del settimo mese di et� del bambino; tuttavia, il recepimento della normativa comunitaria in materia farebbe venir meno tale divieto). 8. Favorire l'utilizzo delle strutture, nonch� dei supporti tecnici organizzativi esistenti, per la realizzazione di attivit� ludiche ed educative rivolte all'infanzia, promosse da genitori, associazioni e gruppi di volontariato. 9. Sostenere le organizzazioni di volontariato e le cooperative di servizi sociali che si propongono di promuovere ed assistere i "nidi famiglia" nonch� i soggetti che li organizzano. 10. Prevedere la tutela della maternit� a favore di tutte le donne, anche di quelle non comprese tra i soggetti indicati dalla legislazione vigente. 74. Famiglie dei carcerati ..IL.PROBLEMA...... I familiari dei carcerati vivono condizioni di costrizione fisiche e psicologiche senza averne nessuna responsabilit� soggettiva, non avendo commesso nessun reato. Nessuno pensa al carcere come luogo di villeggiatura e di svago, ma come tentativo di reinserimento del detenuto nel tessuto sociale. Se il nucleo familiare, che � alla base della nostra struttura sociale, viene leso in maniera irreparabile da questa drammatica esperienza, sar� difficile ogni tipo di reinserimento ed aumenter� in maniera esponenziale il numero degli emarginati. Nel gennaio del '96, a Roma, ad una donna in carcere per piccoli reati � stato di fatto impedito di partecipare ai funerali dei suoi figli. Non � un episodio isolato. Tutto ci� non deve pi� accadere: il carcerato perde il diritto alla libert� non ad essere padre o marito o figlio. E' ingiusto guardare l'ambiente carcerario, e tutto ci� che si muove intorno ad esso, con giudizio prevenuto e sommario. Non dimentichiamo che pi� di 4.000.000 (quattro milioni) di errori giudiziari sono stati accertati dal dopoguerra ad oggi (dati EURISPES '95) e che nessuno deve pagare per errori non propri: la responsabilit� penale � individuale e i congiunti del detenuto non devono pagare prezzi in umiliazioni e privazioni. ..LE PROPOSTE...... 1. Lo Stato deve salvaguardare i diritti di tutti i cittadini, anche di quelli che hanno un familiare detenuto. 2. I bambini dovrebbero vedere il genitore detenuto spesso e fuori dal contesto strettamente restrittivo (nel carcere di Rebibbia a Roma si � avviata un'interessante esperienza affinch� i minori si possono incontrare con i genitori in una specie di parco interno al carcere). 3. Prevedere un'adeguata garanzia di anonimato per i detenuti in attesa di giudizio. 75. Portatori di handicap ..IL.PROBLEMA...... Quasi quotidianamente si ha notizia di denunce di false invalidit�. Il fenomeno �, purtroppo, molto esteso e se da una parte � necessario intervenire per mettere fine a questo malcostume alimentato da clientele politico-burocratiche, dall'altra bisogna dare delle risposte ai numerosi invalidi veri che attendono di essere valutati e agli invalidi che, pur essendo gi� riconosciuti tali, non hanno trovato un giusto inserimento nella scuola, nel lavoro e nella societ�. Per quanto riguarda l'inserimento nel mondo del lavoro, la Legge 482/1968 ha mancato alcuni importanti obiettivi, in particolare quelli della valorizzazione della persona del disabile. La filosofia dell'intervento limitato all'assunzione coattiva dei lavoratori disabili se da un lato ha permesso a molti portatori di handicap di uscire parzialmente da una condizione oggettiva di emarginazione, dall'altra ha finito per alimentare nell'opinione pubblica la convinzione che l'insieme delle persone handicappate dovesse fatalmente essere considerato un peso di cui lo Stato e la societ� dovevano farsi carico. Per i grandi invalidi, invece, il discorso si sposta sugli interventi assistenziali che permettano di migliorarne le condizioni di vita. ..LE PROPOSTE...... 1. Prevedere nuove disposizioni per gli accertamenti sanitari delle minorazioni civili che, oltre all'accertamento scrupoloso dell'invalidit�, valutino anche le capacit� residue e la professionalit� della persona e i suoi bisogni reali. 2. Rivedere la Legge 482/1968 attivando un sistema di collocamento moderno che leghi l'occupazione e la formazione, che incoraggi le aziende attraverso sgravi ed agevolazioni e che si preoccupi di salvaguardare la personalit� del disabile. 3. Rivedere la legge quadro sui disabili (Legge 104/1992), che rappresenta una sorta di piattaforma programmatica d'interventi a tutela delle esigenze dei cittadini disabili attualmente parzialmente inapplicata, prevedendo forme di incentivazione per la famiglia che � una realt� in grado di offrire i servizi assistenziali migliori ai propri disabili se messa in condizione di affrontare i vari problemi, evitando, cos�, l'istituzionalizzazione. 4. Sviluppare la collaborazione non solo con le famiglie, ma anche con la scuola, le associazioni di volontariato, i Comuni e le Aziende Sanitarie Locali (ASL) per dar vita ad un vero rapporto di �quipe che sia in grado di seguire un efficace percorso di integrazione sociale del disabile. 5. Applicare interamente tutte le norme che aboliscono le barriere architettoniche. 6. Incentivare la costituzione di case-famiglia che nella loro dimensione mantengano un rapporto umano. 7. Prevedere riduzioni di imposta, graduandole per fasce di reddito, per assicurare all'handicappato un adeguato tenore di vita, qualora resti senza famiglia. 76. Tutela dell'infanzia ..IL.PROBLEMA...... I dati sulla situazione dell'infanzia sono sempre pi� allarmanti: bambini vittime di abusi extra ed intrafamiliari o comunque trascurati e sempre pi� soli; carenza di servizi adeguati che costringono a soluzioni affrettate portando i bambini a crescere senza una vera e propria famiglia, spesso in istituti mal vigilati; mancanza di dati certi sull'evasione scolastica e sullo sfruttamento del lavoro minorile. Vi �, quindi, un disagio ormai cronico dell'infanzia che alimenta lo sfruttamento da parte della criminalit� ed evidenzia sempre di pi� il divario fra il Nord e Sud del Paese. L'Italia, dopo aver ratificato nel 1991 la Convenzione Onu sui diritti dei bambini, � stata sollecitata dal Comitato di Ginevra ad adottare al pi� presto misure globali di controllo delle attivit� rivolte alla promozione ed alla difesa dei diritti dei bambini, sottolineando lo scarso coordinamento fra i diversi organismi governativi, a vario livello coinvolti. La carenza di strutture idonee a provvedere ai bisogni dei bambini, strutture che assicurerebbero loro un futuro egualmente fruibile, non consente di far fronte al disagio dei nuclei familiari pi� a rischio. ..LE PROPOSTE...... 1. Promuovere un approccio sistematico per sensibilizzare e far conoscere i principi e i contenuti della Convenzione Onu sui diritti dei bambini sia al pubblico adulto che ai bambini. 2. Migliorare la legislazione a favore dei minori e le forme di controllo degli investimenti direttamente rivolti agli incentivi delle politiche minorili. 3. Creare un unico organo giudiziario che possa decidere sui temi della famiglia, unificando le competenze disperse fra tribunale ordinario e tribunale dei minorenni. 4. Rivedere le norme relative all'affidamento dei minori in caso di separazione dei genitori. 5. Prevedere una legge di riordino dei servizi sociali che stabilisca degli standard minimi di riferimento per l'intervento sul disagio, definendo direttive pi� efficaci nei confronti delle Regioni e degli Enti locali, a ci� specificatamente deputati. 6. Istituire l'Ufficio di Pubblica Tutela in ogni capoluogo di Provincia che si occupi di preparare e selezionare le persone che svolgono gli uffici di tutore e curatore dei minori, di vigilare sulla loro attivit�, di prendersi cura della condizione dei minori in istituto, di diffondere una nuova cultura dell'infanzia che tenga conto del fatto che i tempi e gli spazi dei bambini non sono quelli degli adulti, di elaborare pareri, anche in ordine alle scelte dei Comuni, che riguardano i minori (si pensi, per esempio, a quelle di carattere urbanistico). 7. Incrementare i programmi formativi rivolti alle forze dell'ordine, alle autorit� giudiziarie ed agli operatori sociali per evitare che interventi grossolani possano complicare situazioni gi� molto preoccupanti. 8. Semplificare le norme relative alle adozioni, sia nazionali che internazionali, al fine di venire incontro in modo pi� sollecito alle esigenze dell'infanzia abbandonata o semiabbandonata negli istituti e a coloro che vogliono ricoprire, con le dovute garanzie di ordine morale, economico e sociale, il ruolo di genitori. 9. Attivare forme di controllo sul territorio per prevenire lo sfruttamento del lavoro minorile, della pornografia e della prostituzione infantile. 10. Dare attuazione al diritto alla riservatezza e all'anonimato dei bambini. 77. Adozioni ..IL.PROBLEMA...... L'attuale legge sulle adozioni e gli affidi familiari ha avuto una buona ricaduta sul territorio (nonostante le lungaggini burocratiche previste), riducendo il numero dei bambini in istituto ed aumentando gli affidi. Ma, come ogni legge, deve tenere conto del cambiamento dei tempi, non in funzione dei desideri dell'adulto, pur rispettabili, ma dei bisogni del bambino. Tra i fenomeni nuovi, cui bisogna dare delle risposte, si possono indicare l'impoverimento della popolazione, l'aumento delle violenze sui minori, l'allungamento della vita e della speranza di vita delle persone e il raggiungimento della sicurezza economico-psicologica in et� pi� avanzata. Nonostante la Legge 184/83 abbia dato buoni frutti, resta ricoverato negli istituti un numero indefinito di bambini. Non ci sono, infatti, dati certi in quanto, tranne che in poche Regioni, non esistono anagrafi dei minori. L'ultimo dato ISTAT risale al 1991 e stimava i minori istituzionalizzati in circa 46.000, ma si presume che il numero superi i 60.000. Per l'infanzia i tempi sono diversi da quelli dell'adulto: per il bambino un anno di solitudine rappresenta un'eternit�. Hanno suscitato scalpore i numerosi casi di bambini che vengono tolti ai genitori perch� poveri o senza lavoro. La povert� non deve diventare causa di discriminazione. Fino ad ora non si � posta l'attenzione sul fatto che con un piccolo aiuto finanziario e un sostegno psicologico i bambini potrebbero rimanere nella famiglia d'origine. Per superare le lungaggini delle procedure italiane, numerose coppie hanno preferito adottare minori stranieri attraverso l'adozione internazionale, intorno alla quale esiste, per�, un vero e proprio business messo in piedi da organizzazioni senza scrupoli. ..LE PROPOSTE...... 1. Ridurre l'affidamento e la permanenza dei bambini presso gli istituti e salvaguardare l'interesse del minore a restare nella famiglia d'origine. 2. Prevedere un'assistenza domiciliare, anche specifica, e sussidi economici alle famiglie che non siano temporaneamente idonee a fornire al minore l'educazione e l'assistenza necessaria. 3. Vietare l'inserimento in istituto del bambino da zero a sei anni e darlo in affidamento familiare o in piccole comunit�. 4. Elevare la differenza massima di et� tra adottanti e adottandi da 40 a 45 anni per rispondere alla necessit� dei bambini ad avere genitori pi� adatti in una societ� che ha spostato in avanti l'et� della maturazione e della sistemazione economica. 5. Istituire, presso ciascun Tribunale per i minorenni, la figura dell'Avvocato del bambino, che abbia una preparazione anche di tipo psicologico, con il compito di tutelare i diritti e gli interessi del bambino. 6. Istituire l'Ufficio per le adozioni internazionali che deve tenere l'elenco degli enti e delle organizzazioni idonee allo svolgimento delle pratiche di adozione di minori stranieri, vigilare sulle procedure di adozioni internazionali e sull'attivit� dei suddetti enti e organizzazioni. 78. Terzo settore e volontariato ..IL.PROBLEMA...... Oggi, in Italia come in Europa, ci troviamo di fronte alla sfida lanciata dal ritirarsi dello Stato sociale. Le cause di questa crisi del Welfare State sono molteplici. Per semplificare si pu� sicuramente dire che a fronte di una diminuzione delle risorse finanziarie a livello statale per la sanit�, l'assistenza, l'istruzione e per gli altri settori di intervento dello Stato, abbiamo un aumento della povert� e delle aree di disagio sociale. E' un problema, questo, al quale bisogna trovare una risposta adeguata. A tal fine la necessaria riforma dello Stato sociale non pu� che passare dalla ridefinizione del ruolo dello Stato e degli altri soggetti che operano nel sociale, quali gli Enti locali, le organizzazioni di volontariato e non profit ed anche le imprese for profit. Nell'ottica di questo ripensamento del Welfare State, che non va assolutamente smantellato, si inserisce il ruolo del terzo settore, ruolo di grande rilevanza sociale, economica ed occupazionale. Basti pensare che il terzo settore in Italia rappresenta l'1,8 per cento del PIL e d� lavoro a circa 400 mila persone, mentre 500 mila sono volontari che si dedicano regolarmente ad attivit� di volontariato e 5 milioni sono coloro che vi si dedicano saltuariamente. In altre parole esso offre un contributo occupazionale simile a quello del settore del credito e dell'assicurazione. Una volta stabilito che spetta allo Stato l'individuazione dei cittadini che hanno diritto agli interventi di solidariet� - si viene, quindi, a limitare il sostegno pubblico alle categorie pi� bisognose - nonch� l'individuazione delle risorse da destinare alla solidariet� sociale, si deve mettere il variegato mondo degli enti non profit nelle condizioni di poter ampliare la loro offerta di servizi attraverso una serie di interventi che ne favoriscano lo sviluppo. ..LE PROPOSTE...... 1. Produrre un'unica normativa su tutto il settore non profit, riformando e coordinando la legislazione sul volontariato, l'associazionismo sociale e le cooperative sociali. 2. Riconoscere al terzo settore autonomia e iniziativa imprenditoriale. Le organizzazioni non profit si collocano nel mercato come imprese che per� non hanno come scopo il raggiungimento dell'utile, ma la produzione in forma privata di attivit� a finalit� collettiva. 3. Riformare la disciplina dettata dal Libro I del Codice Civile relativamente agli enti non commerciali nel senso di ridurre i controlli sulla soggettivit� dell'ente e far s� che esso sia un controllo di legittimit� e non di merito. 4. Riformare la normativa fiscale in tempi rapidi per il settore non profit prevedendo: a) la deducibilit� dall'imponibile delle persone fisiche delle erogazioni liberali agli enti non profit nella misura massima del 5 per cento del reddito dichiarato; b) la deducibilit� dal reddito d'impresa delle liberalit� dell'ente commerciale. Tale deducibilit� � gi� prevista, ma solo per le liberalit� destinate ad associazioni riconosciute e comunque ad enti con personalit� giuridica; c) che i proventi derivanti da attivit� commerciali e produttive marginali non costituiscano redditi imponibili ai fini dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) e dell'imposta sui redditi (ILOR), qualora sia documentato il loro totale impiego per i fini istituzionali dell'organizzazione senza diretto scopo di lucro; d) la ridefinizione dell'aliquota Iva per gli enti non profit in considerazione del reimpiego a fini sociali degli stessi; e) l'esenzione dall'imposta di bollo, di registro, dalla tassa di concessione governativa su tutti gli atti delle organizzazioni non profit. 5. Razionalizzare e facilitare il reperimento di risorse per sostenere e sviluppare il terzo settore attraverso un accesso al credito privilegiato. 79. Cooperazione, imprenditoria giovanile e impresa sociale ..IL.PROBLEMA...... In un momento in cui la disoccupazione, soprattutto giovanile, si rivela uno dei principali problemi � fondamentale per lo sviluppo del Paese dare spazio a tutte quelle forme di imprenditorialit� che, senza la richiesta di grossi capitali, possono coinvolgere una larga base sociale. A fianco della piccola e media impresa, bisogna puntare ad un rilancio e ad un pieno sviluppo del movimento cooperativo, dell'imprenditoria giovanile e delle prospettive imprenditoriali del settore del non profit. Nonostante la cooperazione sia l'unica forma di impresa esplicitamente tutelata dalla Costituzione, il movimento cooperativo ha perso progressivamente la propria forza propulsiva sul piano economico e sociale, a causa della invadenza degli interessi clientelari e partitici sulle centrali cooperative. Bisogna riportare la cooperazione alla sua finalit� originaria di aggregazione della forza lavoro su progetti di impresa che non hanno bisogno di grandi risorse finanziarie. L'imprenditoria giovanile � l'unica forma di assistenza per le aree depresse che ha funzionato, ma non esprime tutte le sue potenzialit� a causa della deficienza degli strumenti attuatori della ex Legge 44. ..LE PROPOSTE...... 1. Potenziare l'azione della Direzione generale per la cooperazione del Ministero del Lavoro, in modo da svolgere da un lato un attento controllo su ogni forma di degenerazione e dall'altro lato di sviluppare al massimo le potenzialit� delle associazioni cooperative. 2. Preparare la nascita di una agenzia governativa autonoma per la cooperazione che possa gestire in maniera dinamica il rapporto tra le istituzioni e le centrali cooperative, che devono essere coinvolte in tutti i progetti di rilancio economico delle aree depresse. 3. Snellire le procedure burocratiche previste dalla ex Legge 44 e rinnovare la gestione della Societ� per l'imprenditoria giovanile, collegandola con la cabina di regia nazionale per la gestione dei fondi europei e con la task-force per l'occupazione del Ministero del Lavoro. 4. Attivare tutte le forme di incentivazione e sgravio fiscale utili alla nascita di nuove imprese sociali e in generale allo sviluppo imprenditoriale del non profit. Puntare sulla riforma dello Stato sociale che coinvolga il pi� possibile l'impresa sociale, in modo da passare da un modello statalista e assistenzialista ad un modello pi� partecipativo e solidarista. 80. Anziani ..IL.PROBLEMA...... La societ� italiana sta cambiando dal punto di vista demografico e sociale. La fascia di popolazione composta dagli ultrasessantacinquenni diventa sempre pi� numerosa a causa della ridotta natalit�, che non assicura un soddisfacente ricambio generazionale, e del miglioramento delle condizioni di vita che ha portato ad un innalzamento della durata media della stessa. Quello che pi� colpisce gli anziani, oltre alla malattia, � la solitudine e il senso di abbandono accentuato dalla perdita di centralit� nell'ambito della famiglia, centralit� che andrebbe recuperata in quanto l'anziano pu� essere una ricchezza per la famiglia stessa. I servizi offerti agli anziani sono indifferenziati e non tengono conto del fatto che soltanto pochi di loro hanno bisogno di ricovero ospedaliero permanente. I pi� hanno bisogno di una rete di servizi personalizzati e di qualcuno a cui rivolgersi per non sentirsi soli e disarmati di fronte ai problemi della terza et�. ..LE PROPOSTE...... 1. Occorre istituire un punto di riferimento unico per l'anziano dove possa trovare l'accesso a tutti i servizi sociali e sanitari disponibili e una guida (tutore personale) che lo aiuti a districarsi nella giungla sanitaria e amministrativa, organizzando i servizi nel modo pi� personalizzato possibile. Queste figure saranno reperite nelle strutture esistenti senza la creazione di nuova burocrazia. 2. Realizzare residenze para-sanitarie per gli anziani non autosufficienti per 10-12 ore al giorno (residenza diurna) per aiutare le famiglie durante la giornata lavorativa. 3. Potenziare l'assistenza domiciliare anche attraverso la diffusione della teleassistenza. 4. Rendere utili ai fini pensionistici i periodi di lavoro prestati dai volontari che assistono gli anziani. 5. Utilizzare maggiormente il servizio civile, facendolo coordinare dalla figura del tutore per gli anziani. 6. Utilizzare i risparmi conseguiti attraverso la riduzione dei ricoveri per potenziare l'aiuto alle famiglie che hanno il dovere di assistere l'anziano, ma hanno anche il diritto di non essere lasciate sole in questo difficile compito. 7. Potenziare il volontariato degli anziani, specie nella forma del volontariato intergenerazionale, attraverso la predisposizione di momenti formativi, anche al fine di valorizzare la presenza dell'anziano nelle attivit� socialmente utili, e attraverso il sostegno all'associazionismo e alla cooperazione, che si propongono come fine l'assistenza alle persone prive di autonomia o anche l'organizzazione di attivit� di cura, educative, culturali, rivolte ai bambini. 8. Promuovere forme di attivit� culturali e ricreative che favoriscano un pieno mantenimento dell'anziano nella societ� e ne stimolino una partecipazione attiva. 81. Pensioni ..IL.PROBLEMA...... In tema di pensioni, vogliamo porre le basi per una pi� corretta ed equa riforma complessiva del sistema previdenziale, in grado di garantire anche alle generazioni a venire la certezza della tutela pensionistica, senza la "spada di Damocle" di un tracollo finanziario dell'INPS. Al riguardo, occorre sottolineare che, molto probabilmente, fra pochi anni, i cittadini italiani si renderanno conto che � stata una pura illusione l'aver creduto che la recente legge di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare, approvata dal Governo Dini e dalla sinistra, fosse in grado di riformare effettivamente il sistema previdenziale italiano. L'obiettivo che vogliamo conseguire � quello di garantire a tutti i cittadini la possibilit� di contare non su promesse miracolistiche di future pensioni sostenute dal debito pubblico, bens� su una pensione certa, un contratto per tutti, un contratto per sempre. ..LE PROPOSTE...... 1. Eliminare, in primo luogo, tutti gli abusi e gli sprechi, che hanno contribuito a gonfiare a dismisura la spesa pubblica (pensioni facili ai dirigenti sindacali e di partito, false pensioni di invalidit�, case degli enti previdenziali affittate a prezzi irrisori a politici e sindacalisti) e separare definitivamente la previdenza dall'assistenza. 2. Introdurre una effettiva clausola di salvaguardia che consenta, ove necessario, l'intervento automatico del Governo, al fine di garantire l'equilibrio finanziario del sistema. 3. Intervenire, se necessario, sul sistema ripensando il periodo transitorio della riforma per ridurne la durata e modularne gli effetti (nella riconosciuta convinzione che a regime il sistema rischia di non arrivare mai!). 4. Operare sui decreti legislativi che il Governo dovr� emanare nei prossimi mesi. Questi decreti sono il vero cuore della riforma perch� toccano tutti i temi pi� scottanti: il pubblico impiego, il lavoro autonomo, i fondi sostitutivi, il lavoro agricolo, l'invalidit�, ecc. E' evidente che dalla corretta impostazione dei decreti dipender� il vero futuro del sistema previdenziale, perch� essi attengono a quasi tutte le aree di disequilibrio finanziario. 5. Per conseguire una maggiore equit� intergenerazionale occorre estendere il sistema di calcolo contributivo a tutti i lavoratori (anche a coloro che hanno un'anzianit� contributiva superiore ai 18 anni), tutelando in questo modo l'interesse generale anche dei pi� giovani non sindacalizzati. 6. Operare sulla previdenza complementare per raccordarne il sistema all'intervenuta introduzione del tetto e per introdurre i piani individuali, sottraendo cos� alla contrattazione collettiva l'esclusiva del settore. 7. Porre le basi per la costruzione di un equo sistema previdenziale che armonizzi ed esalti le potenzialit� dei tre diversi "pilastri": a) pensione pubblica, posta a carico della fiscalit� generale, e diretta a garantire esclusivamente un sostegno "minimo" vitale per quanti si trovano in accertate situazioni di bisogno; b) previdenza complementare obbligatoria per tutti i lavoratori (subordinati ed autonomi) fondata sui principi di capitalizzazione tecnica e corrispettivit�, volta ad assicurare il mantenimento del livello di vita medio acquisito durante l'attivit� lavorativa; c) previdenza integrativa volontaria, diretta a garantire la soddisfazione dei bisogni ulteriori, che non possono essere tutelati a spese della collettivit� e del sistema pubblico. 82. Sanit�: riorganizzazione del Servizio Sanitario Nazionale ..IL.PROBLEMA...... Il nostro sistema sanitario �, per il cittadino, difficile da reggere, ingiusto e ineguale nei trattamenti, opprimente nella sua burocrazia, lento nel dare risposte. Il progressivo svilimento del ruolo del medico di famiglia, a favore di logiche solo burocratiche, ha limitato l'attivit� insostituibile di collegamento tra il cittadino e la struttura preposta alla salute che questi medici svolgevano. Spese incontrollate, appiattimenti nelle carriere e retribuzioni del personale sanitario, hanno creato demotivazione ed allontanamento dei migliori dalle strutture pubbliche. L'ultima riforma sanitaria non ha ancora espletato a pieno i propri effetti, ma gi� si rivela la necessit� di nuovi correttivi, in modo da riportare il cittadino e i suoi bisogni veri al centro dell'attenzione del sistema stesso. ..LE PROPOSTE...... 1. Il medico di famiglia deve avere un ruolo centrale, rispetto al passato, nei confronti di tutto il Sistema Sanitario Nazionale. Egli deve essere colui che individua e gestisce il percorso sanitario del paziente, semplifica le procedure di accesso al Sistema Sanitario e ricopre la funzione di tutore dello stato di salute degli assistiti. 2. L'Azienda Ospedaliera deve procedere ad una progressiva autonomia gestionale, tale da consentirgli di competere alla pari con le strutture private. Vanno quindi privilegiate forme di attivazione economico funzionale che accelerino il raggiungimento della potenzialit� di competizione, quali la rimozione dei vincoli della Pubblica Amministrazione, i meccanismi di motivazione del personale, l'acquisizione di risorse dal mercato finanziario tali da favorire un ammodernamento delle strutture. 3. Il personale medico ha un contratto di esclusivit� che deve essere vincolato all'offerta dell'Azienda ed alla disponibilit� del medico di accettarla. L'Azienda Ospedaliera deve assicurare la libera professione all'interno della stessa struttura ospedaliera con incentivi in base alla redditivit� della Azienda stessa. 4. I bisognosi, per patologia cronica e per motivi economici, non devono pagare i ticket. 5. L'assistito ha libert� di scelta per dove e a chi rivolgersi per le sue cure, sia con struttura pubblica che privata accreditata, struttura privata che gi� oggi svolge funzioni qualificanti a favore del cittadino. Le tariffe vanno riconsiderate affinch� siano pi� remunerative evitando cos� che le strutture sanitarie abbiano a ridurre la qualit� delle prestazioni per esigenze economiche. 6. Si deve provvedere alla dotazione al singolo cittadino della tessera sanitaria informatizzata, con la creazione di una banca dati regionale, con connessioni interregionali. 7. Occorre che lo Stato riconosca, con apposita legge, le societ� scientifiche e ne fissi le carateristiche indispensabili nonch� ruoli e spazi, tra i quali quello di essere soggetto consultivo dello Stato per i problemi della sanit�. 8. Occorre dare vita ad un progetto legislativo che riconosca le associazioni dei malati, ne ufficializzi le funzioni, fissando tra queste quelle consultive. 83. Sanit�: medico di famiglia ..IL.PROBLEMA...... Il medico di famiglia, per un lungo tempo centro di riferimento del cittadino, in quanto ad esso ricorreva prima di confrontarsi con le strutture sanitarie in genere (ospedali, USL, centri diagnostici e di analisi, ecc.), si � progressivamente allontanato da tale funzione; il rapporto � diventato pi� impersonale e pi� burocratico. Anche il riordino sanitario, in senso meramente burocratico, ha limitato l'attivit� insostituibile di collegamento tra il cittadino e la struttura preposta alla salute. Con il passare degli anni � venuta a mancare, al medico di famiglia, la connotazione specifica di tutore della salute psichica e fisica delle famiglie italiane. Inoltre � scemato anche il ruolo di contenimento della spesa, allorch� indirizzava opportunamente l'accesso alle strutture specialistiche ed ospedaliere. ..LE PROPOSTE...... 1. Il medico di famiglia � il riferimento primario del cittadino per i suoi problemi di salute, per un approccio non burocratico ma personale e continuativo a chi ne ha bisogno. 2. Il medico di famiglia � guida dei cittadini in due ambiti: il primo, prevenire le malattie; il secondo, procedere alle cure quando la malattia si manifesta, indirizzando quando necessario, al medico specialista. 3. Occorre inoltre offrire al medico di famiglia strumenti e tecnologie che gli consentano di attivare servizi per il paziente tali da rendere pi� sicuro ed efficace il percorso di cura della malattia ed anche quello della prevenzione. Tra l'altro il medico di famiglia gestisce: - la scheda sanitaria con inseriti tutti i passaggi dell'iter diagnostico-terapeutico da lui attivato, anche in collaborazione con altri medici ospedalieri. - collabora con le ASL (Aziende Sanitarie Locali) per l'appropriata gestione delle risorse. 84. Sanit�: emergenze ..IL.PROBLEMA...... L'emergenza sanitaria rappresenta uno dei compiti primari del sistema della tutela della salute del cittadino. Comprende infatti situazioni che per imprevedibilit� e gravit� mettono rapidamente a repentaglio l'integrit� fisica e la sopravvivenza dell'individuo. Spesso il cittadino si trova nell'emergenza, senza un punto di riferimento sicuro che possa velocemente intervenire in suo favore. Questo, talora, provoca effetti letali e irreversibili per la vita di molte persone. In altri casi, meno gravi, provoca una inutile ed ingiusta perdita di tempo per chi, alla fine, avrebbe solo diritto di cure tempestive ed efficaci. ..LE PROPOSTE...... 1. Estensione a tutto il territorio nazionale della rete di allarme sanitario facente capo a centrali operative a dimensione, di norma, provinciale, assicurando un livello di coordinamento regionale. 2. Unificazione del sistema delle comunicazioni telefoniche e telematiche e costituzione di una rete di collegamento interregionale. 3. Utilizzo di frequenze radio-comunicazione dedicate e compatibili, sia nei meri contesti territoriali che nelle diverse evenienze operative, comprese le maxi-emergenze. 4. Selezione ed accreditamento degli enti ed associazioni di volontariato in base alla rispondenza a precisi requisiti previsti da appositi standard organizzativi ed operativi. 5. Adeguamento e aggiornamento del parco veicoli di soccorso. 6. Coinvolgimento delle strutture dipartimentali deputate all'emergenza-urgenza delle aziende ospedaliere afferenti al territorio di competenza delle centrali operative nella organizzazione e gestione dell'attivit� di coordinamento e di espletamento dell'emergenza sanitaria. 7. Istituzione di una rete di collegamento telematico tra centrale operativa, mezzi sul territorio e pronto soccorso per la trasmissione delle informazioni e l'accesso alle banche dati di carattere scientifico ed operativo. 8. Attivit� di formazione teorico-pratica del personale, riferita alle varie competenze e professionalit� secondo gli standard internazionali attualmente vigenti. 9. Predisposizione, applicazione e verifica di protocolli operativi e sanitari. 10. Coinvolgimento della Medicina di Base e della Guardia Medica per integrare gli interventi di assistenza e di primo soccorso al cittadino. 11. Distribuzione dei mezzi di soccorso sul territorio, diversificati in base alla densit� di popolazione, configurazione del territorio, concentrazione di aree a rischio, tipologia delle vie di comunicazione, ecc. 12. Organizzazione e coordinamento dei servizi di Pronto Soccorso e dei dipartimenti di accettazione, emergenza-urgenza delle Aziende Ospedaliere e USL del territorio. 85. Sanit�: sistema farmaceutico e farmacia ..IL.PROBLEMA...... A seguito degli scandali di "farmacopoli" si � ingenerata una vera e propria guerra ad oltranza contro i farmaci e, di riflesso, contro le imprese che li producono e li commercializzano e sulla distribuzione della farmacia. Questo accanimento ha determinato una forte contrazione dei consumi che a sua volta ha determinato un'altrettanto forte riduzione dei posti di lavoro e in alcuni casi la chiusura di aziende produttrici e farmacie. Si tratta quindi di un sistema farmaceutico che � giunto alla fine di un percorso che � indispensabile venga rigenerato, questo per le esigenze salutistiche del cittadino e per un adeguato rilancio del settore produttivo e quindi della ricerca. ..LE PROPOSTE...... 1. Promuovere un programma quadro per il rilancio della industria farmaceutica italiana nel rispetto dei processi di internazionalizzazione dell'industria operante in Italia, potenziando la ricerca e la innovazione nell'area del farmaco, che permetta di recuperare il distacco con i principali Paesi europei. 2. Assicurare un effettivo coordinamento tra le molteplici esigenze della spesa sanitaria complessiva, di una assistenza medica di alta qualit� introducendo forme di finanziamento della spesa sanitaria aggiuntive rispetto a quella pubblica, tenuto anche conto che il contenimento esagerato della spesa farmaceutica pu� portare ad un aumento della spesa pubblica per altre voci di assistenza. 3. Articolare il programma in un periodo medio minimo di cinque anni in grado di consentire all'industria di programmare la propria attivit� anche su una prospettiva attendibile di domanda pubblica. 4. Mantenere la farmacia come unico canale per la dispensazione in modo corretto e sicuro del farmaco sul territorio. Le dispensazioni in ambito ospedaliero vanno limitate a quei pochi casi in cui sia indispensabile procedere ad un controllo degli effetti terapeutici o avversi. 5. Utilizzare la farmacia per modernizzare alcuni servizi forniti dal sistema sanitario nazionale come, ad esempio, l'attivazione dei centri di prenotazione (CUP) di servizi sanitari via telematica. 6. Nella farmacia deve essere attivato un programma di educazione e informazione sanitaria che veda nel farmacista un "terminale intelligente" in grado di illustrare e interpretare i documenti redatti a tal fine da soggetti scientificamente riconosciuti. 86. Sanit�: prevenzione e informazione ..IL.PROBLEMA...... In Italia, di fatto, non esiste una programmazione sanitaria indirizzata a prevenire piuttosto che a curare. L'aumento di molte malattie � legato all'ambiente ed all'igiene di vita dei cittadini. E' frequente la mancata diagnosi precoce di malattie che, scoperte subito, sono curabili o controllabili, in seguito divengono letali. Il cittadino paga con la salute, il Servizio Sanitario Nazionale con un aumento dei costi di gestione delle malattie mai conclamate o cronicizzate. La scarsa circolazione delle informazioni all'interno e fra le strutture del sistema sanitario influenza negativamente la qualit� della prestazione. L'operatore sanitario non pu� accedere velocemente e direttamente ai dati del cittadino, e questo determina imprecisione delle prestazioni e pu� risultare fatale nell'emergenza. La disinformazione sulla qualit� e la diffusione dei servizi disorienta il cittadino e gli impedisce di rivolgersi alle strutture sanitarie pi� efficienti ed efficaci. ..LE PROPOSTE...... 1. La medicina preventiva � la base del programma sanitario territoriale. 2. L'azienda sanitaria definisce i fabbisogni di prevenzione e cura in base al proprio bacino di utenza, dimensionando qualit� e quantit� delle prestazioni. 3. Ogni cittadino � collocato a seconda dei rischi (inquinamento, malattie endemiche ed ereditarie, abitudini di vita, lavoro, bambini, anziani) in un circuito preventivo. 4. Il medico di famiglia indirizza l'utente nel circuito preventivo. 5. Ogni Comune al di sopra di 15.000 abitanti istituisce un centro di informazione e prenotazione in cui il cittadino riceve notizie su ogni struttura pubblica o privata alla quale pu� accedere. 6. Ogni azienda sanitaria divulga le attivit� che in essa si svolgono in modo da evidenziare la qualit� e la quantit� dei propri servizi. 7. Ogni cittadino viene dotato di una carta sanitaria che contiene i dati relativi a cure, ricoveri, consumi farmaceutici e quant'altro serva ad identificare l'assistito; la carta sanitaria consente sempre ed ovunque l'accesso ad un'informazione clinica completa e certificata, garantendo comunque la riservatezza dei dati in essa contenuti; acquisisce in forma statistica ogni dato sanitario della popolazione ai fini della prevenzione, dell'epidemiologia e del controllo dei posti. E' aggiornata di norma dai medici di famiglia e comunque da tutte le strutture sanitarie con le quali il cittadino entra in contatto, per motivi di cura 87. Sanit�: professioni sanitarie non mediche ..IL.PROBLEMA...... I processi di sviluppo della sanit� hanno comportato l'esigenza di istituire nuove professioni sanitarie e/o di ampliare ruoli e funzioni di quelle gi� esistenti. La diagnostica, i trattamenti riabilitativi, l'assistenza extra ospedaliera necessitano di una forte valorizzazione di queste nuove professioni. Non � pensabile infatti affidare alla improvvisazione l'estensione delle cure al di fuori delle strutture ospedaliere senza preparare delle professionalit� specifiche e di alto livello. Le professioni sanitarie non mediche sono alla ricerca di una adeguata collocazione che consenta loro di attuare e sviluppare le competenze professionali. ..LE PROPOSTE...... 1. Occorre attribuire autonomia specifica alle professioni sanitarie non mediche per offrire al cittadino servizi svolti da operatori - non medici - competenti e responsabili. 2. Si deve provvedere alla formazione di queste competenze con una idonea formazione professionale di carattere universitario e con conseguente riconoscimento da parte dello Stato. Il professionista formato viene accreditato e questo rappresenta una garanzia di competenza e quindi di sicurezza per il cittadino. Egli deve ottemperare ad un aggiornamento continuo autogestito (anche con finanziamenti propri). 3. Con il professionista accreditato si deve sviluppare una rete di servizi che sia in grado di fornire assistenza integrata o alternativa all'assistenza ospedaliera, soprattutto nella direzione dei servizi domiciliari e personalizzati. 4. Al professionista sanitario, non medico "accreditato", che svolge funzione pubblica direttiva, va anche riconosciuto ruolo e funzione direttiva cos� come per le altre professioni mediche. 5. Il sistema sanitario deve utilizzare il medico come unico riferimento per ogni tipo di prevenzione, diagnosi e cura; la funzione del medico deve essere idoneamente integrata dal professionista sanitario non medico formato e accreditato. 88. Bioetica e donazione di organi ..IL.PROBLEMA...... Il progresso tecnologico e scientifico nel campo dei metodi di procreazione assistita ha raggiunto in breve tempo un'evoluzione tale da creare paradossalmente inquietudine e difficolt�. Questi risultati , se da un canto sono espressione di conquiste scientifiche fino ad un passato molto recente non ipotizzabili, dall'altro coinvolgono e condizionano i momenti essenziali della vita umana, ponendo problematiche dalle delicate implicazioni etiche. Di qui l'esigenza di armonizzare i risultati scientifici con gli imprescindibili valori etici che la societ� continua ad esprimere. In questo tipo di problemi si inserisce anche quello della donazione degli organi, che vede sul territorio nazionale differenze da Regione a Regione. ..LE PROPOSTE...... 1. Regolamentare la ricerca e le pratiche nel campo della fecondazione artificiale allo scopo di garantire a qualunque nato una condizione sociale e psico-affettiva soddisfacente. 2. Potenziare le possibilit� di terapia delle malattie che trasmettono malformazioni di tipo genetico. 3. Realizzare campagne di informazione della pubblica opinione sulla donazione di organi e sui trapianti. Attivare forme di consultazione permanente (numero verde dei trapianti) nei centri di coordinamento interregionale; attivare idonei programmi per le scuole che affrontino la tematica dei trapianti e sviluppino una adeguata conoscenza e sensibilizzazione all'argomento fin dalla scuola. 4. Avviare un capillare censimento delle scelte individuali in merito alla donazione di organi, magari attraverso strumenti simili a quelli utilizzati per le pratiche relative al censimento della popolazione. 5. Omologare progressivamente la legislazione italiana alla legislazione europea vigente in materia. 89. Aids ..IL.PROBLEMA...... Secondo i dati del Centro operativo Aids del Ministero della Sanit� i sieropositivi in Italia sono circa 95 mila e 8 mila sono le persone che hanno sviluppato la malattia. Negli ultimi tempi si � riscontrata la tendenza all'aumento dei casi nelle donne, per contagio sessuale. Infatti, se nel 1989 solo il 18 per cento dei casi riguardava le donne, nel 1995 tale percentuale � salita al 24,6 percento. E' in atto, invece, una diminuzione della trasmissione della malattia tra i tossicodipendenti, anche se questa categoria rimane quella pi� a rischio. Da questi dati si evince l'andamento epidemiologico della malattia: in futuro i rapporti eterosessuali non protetti potranno diventare un fattore di rischio pi� di quanto lo siano oggi. La Legge 135/90, "Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'Aids", � stata solo parzialmente applicata; infatti, dei 2100 miliardi stanziati per la costruzione e la ristrutturazione dei posti letto nei reparti di malattie infettive, ne sono stati utilizzati solo la met�. Stesso discorso per quanto riguarda l'attivazione dei servizi per il trattamento domiciliare dei malati: sono stati attivati dalle Regioni meno della met� dei posti letto previsti. ..LE PROPOSTE...... 1. Dare piena attuazione alla Legge 135/90 specie per quanto riguarda gli interventi nelle grandi aree urbane. 2. Intensificare gli interventi informativi e di prevenzione del contagio, da realizzarsi innanzitutto nelle scuole (sulla base della Carta europea di educazione sessuale promossa dal Governo Berlusconi), in modo da accrescere la consapevolezza del fenomeno e il grado di responsabilit� degli individui. 3. Potenziare l'assistenza domiciliare al fine di migliorare la qualit� della vita del malato. 4. Ampliare l'offerta dei servizi da sviluppare attraverso la collaborazione con le organizzazioni di volontariato. 5. Sviluppare, nel trattamento terapeutico, forme di collaborazione con le famiglie. Spesso gli individui sieropositivi hanno alle spalle una vita disordinata e carente sul piano delle affettivit� familiari, per cui sarebbe opportuno predisporre un ambiente assistenziale finalizzato al recupero di tale dimensione affettiva. 6. Semplificare le procedure per l'immissione sul mercato di nuovi farmaci contro l'Aids. 90. Droga ..IL.PROBLEMA...... Nonostante taluni interventi previsti dalla Legge 161/1990 - successivamente modificata dal referendum del 1993 relativamente alla non sanzionabilit�, se non in via amministrativa, della detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale - il traffico, il commercio, lo spaccio e l'uso di droga sono in espansione in tutto il territorio. Le potenti multinazionali del crimine hanno a disposizione ingenti mezzi attraverso i quali possono perfezionare il traffico di droga dai Paesi di produzione fino ai nostri mercati. Un fenomeno allarmante � costituito dalla comparsa di nuove droghe sintetiche a basso costo che vengono assunte in modo sempre pi� massiccio dalle nuove generazioni. Le misure terapeutiche a disposizione dei tossicodipendenti sono inadeguate per i bisogni sempre crescenti. Si ricorre alla psicoterapia per poche persone e alla somministrazione del metadone che gli stessi assuntori considerano pi� come un mezzo per ridurre i disturbi della crisi di astinenza che non come terapia. ..LE PROPOSTE...... 1. Rafforzare gli strumenti di repressione del commercio degli stupefacenti, consolidando i rapporti con gli altri Paesi occidentali. 2. Ricercare un accordo in sede europea per coordinare sia gli interventi di prevenzione, sia quelli di repressione. 3. Fare leva sull'istruzione sin dalle scuole elementari, anche con l'introduzione di personale specializzato, per migliorare la politica di prevenzione dell'uso di stupefacenti. 4. Rilanciare il recupero dei tossicodipendenti attraverso una fattiva collaborazione tra i servizi pubblici e le comunit� di recupero. 5. Predisporre un sistema di aiuti, attraverso il meccanismo degli sgravi fiscali, alle famiglie che sostengono i costi del percorso di recupero del tossicodipendente. 6. Prevedere un sistema di incentivi fiscali per associazioni, enti o privati che si occupano dell'assistenza e del recupero dei tossicodipendenti. 7. Rivedere l'intesa Stato-Regioni relativa alle iniziative per il recupero dei tossicodipendenti e all'attivit� delle comunit� terapeutiche, attraverso un immediato confronto con gli operatori pubblici e privati. I necessari controlli pubblici non devono arrivare al punto di burocratizzare e soffocare il volontariato. Bisogna rendere molto pi� rapida l'erogazione dei fondi destinati alle comunit�. 8. Promuovere un approfondito dibattito, a livello sia nazionale che internazionale, sulle convenzioni dell'ONU e, in generale, sulle politiche anti-droga per valutarne l'efficacia e gli effetti, ed eventualmente le necessarie modifiche. RILANCIARE IL RUOLO INTERNAZIONALE DELL'ITALIA PER VALORIZZARE IL LAVORO E LA CULTURA DEL NOSTRO PAESE. Il futuro dell'Italia � ancora nella Nato e nell'Unione Europea. Ha perci� il compito di dare il suo contributo alla presenza della Nato in Europa e nel Mediterraneo e di essere membro credibile a pieno titolo dell'Unione Europea di cui essa � cofondatore. E' per questo che � indispensabile riformare le Forze Armate puntando sulla qualit� pi� che sulla quantit� anche attraverso una maggiore presenza della componente professionale. Grazie a questo possiamo mettere in grado il nostro esercito di partecipare attivamente alle missioni internazionali a salvaguardia della pace. La Repubblica deve sostenere la diffusa presenza degli operatori economici e culturali italiani nel mondo e inserire l'Italia nel rilancio del baciono del Mediterraneo. Il Polo sostiene l'obiettivo della moneta unica europea a condizione che tutti i Paesi fondatori siano posti in posizione di aderirvi. Il Polo sostiene l'azione congiunta contro il terrorismo internazionale, e gli Stati che lo sostengono. Il Polo � per la ratifica della Convenzione di Schengen per il controllo delle frontiere europee e una politica selettiva e controllata a livello europeo dell'immigrazione extracomunitaria. 91. Politica estera ..IL.PROBLEMA...... La politica estera dell'Italia deve essere ripensata, quanto ai fini, e riorganizzata, quanto ai metodi. Questo in funzione della realt� internazionale del dopo guerra fredda in cui � diminuita la minaccia di uno scontro militare fra i blocchi e si profila un nuovo protagonismo degli integralismi; dove inoltre � aumentata la competizione tra gli Stati che tendono ad affermare in tutte le direzioni il loro peso economico e la loro influenza politica. Questo significa che la politica estera, non pi� protetta da schieramenti, deve mirare alla creazione di nuove forme di garanzia internazionale e sovranazionale di un ordine di pace e, insieme, richiede una nuova politica della difesa. ..LE PROPOSTE...... 1. Favorire una riforma dell'Onu e in particolare del Consiglio di Sicurezza per rendere pi� forte la legittimazione e il consenso alle azioni di pace della Comunit� internazionale in ordine al controllo e alla prevenzione dei diversi tipi di conflitti. 2. Appoggiare l'Onu, nella misura in cui questa organizzazione universale contribuisce a rafforzare in tutto il mondo il rispetto dei diritti e dei principi di libert�, in rigorosa applicazione dei principi scritti nella sua Carta, e le altre organizzazioni internazionali. Promuovere una loro riforma in funzione del rapporto tra obiettivi, spese e risultati. 3. Porre, tra gli obiettivi primari della politica estera italiana, la tutela e la promozione dei diritti umani nel mondo. 4. Partecipare in modo pi� incisivo alla Nato, favorendo il suo allargamento a Est e la sua azione di garanzia di pace, contribuendovi con un aggiornamento qualitativo e quantitativo del contributo italiano. Il potenziamento e l'allargamento della Nato devono passare attraverso una riaffermazione della solidariet� politica, economica e militare tra gli Stati Uniti e i Paesi dell'Europa occidentale. 5. Sostenere un'adesione al processo di unificazione politica europea, riequilibrato nelle sue componenti e nelle sue strutture e aperto a ulteriori adesioni, specie da parte dei Paesi dell'Est e dei Paesi del bacino del Mediterraneo, incluso Israele. Favorire su scala mondiale la liberalizzazione degli scambi commerciali, dei capitali, dei servizi, delle persone e delle idee in modo da evitare il rischio di una "fortezza europea" chiusa in se stessa rispetto al resto del mondo. 6. Il perseguimento dell'unificazione europea � un obiettivo politico globale. Per la sua attuazione, la "moneta unica" resta un obiettivo fondamentale, ma che dovr� essere perseguito congiuntamente agli obiettivi di rilancio dell'occupazione, della coesione politica e della libera iniziativa. 92. Unione Europea ..IL.PROBLEMA...... L'attenzione ossessiva posta alle regole del "Trattato di Maastricht" riguardanti la finanza pubblica ha portato a trascurare altre tematiche di grande rilievo per il processo di unit� europea. In primo luogo si pone il problema di rilanciare la costruzione dell'Europa politica e di rivedere, quindi, il Trattato di Maastricht nel senso del rafforzamento del profilo politico dell'Unione e della sua profonda democratizzazione. L'aumento progressivo delle competenze dell'Unione Europea non deve significare la crescita di un potere burocratico ma lo sviluppo della democrazia. Solo con la trasformazione dell'Unione in vero e proprio soggetto politico, l'Europa potr� svolgere il ruolo che le compete per la tutela della pace e delle ragioni del diritto nel mondo. Sino ad ora l'Italia, a causa dell'instabilit� politica e della scarsa autorevolezza dei suoi governi, non ha potuto giocare un ruolo geo-politico specifico, corrispondente alla capacit� delle sue imprese, alle sue vocazioni culturali, alle sue energie scientifiche e tecnologiche e alla sua stessa posizione geografica. Sono argomenti europei, inoltre, quelli che, guardando oltre Maastricht, riguardano le relazioni dell'Europa con il bacino del Mediterraneo, con il mondo asiatico e l'area del Pacifico, nonch� con gli Stati Uniti nel quadro ancora importante della sicurezza atlantica. ..LE PROPOSTE...... 1. Il processo di unificazione europea si effettua con tappe che non consistono solo nell'Unione Monetaria, ma anche negli altri processi di integrazione politica, economica e culturale previsti dal Trattato di Maastricht. Occorre che la revisione del Trattato conduca a un potenziamento del ruolo del Parlamento e della Commissione, sulla definizione di strumenti che diano realt� alla politica estera e di sicurezza comune dell'Unione, e alla creazione di una vera e propria cittadinanza europea. L'Italia deve puntare a un'applicazione rigorosa del principio di sussidiariet�, e cio� la definizione delle competenze dell'Unione, degli Stati membri, delle Regioni e degli Enti locali, affinch� sia rispettato l'obiettivo secondo il quale le decisioni devono essere prese "il pi� vicino possibile al cittadino" e nel "modo pi� efficace possibile". 2. Il tema del pieno impiego a livello europeo va affrontato, contrapponendo al modello di interventi pubblici e rigidit� dei rapporti di lavoro, quello della mobilit� e della flessibilit� che sono alla base della creazione di nuovi posti di lavoro. 3. Le grandi infrastrutture europee sono un'altra priorit� in cui l'Italia pu� e deve intervenire. Occorre affermare il ruolo dei nostri aeroporti internazionali; cooperare in posizione paritaria allo sviluppo delle grandi reti informatiche e telematiche; promuovere comunicazioni efficienti Nord-Sud. 4. Ci trova favorevoli l'iniziativa nei confronti dei Paesi che hanno fatto domanda di associazione, tra cui, in primo luogo, la Turchia, Malta, Cipro e alcune nazioni uscite dalla tragedia del collasso dello Stato jugoslavo, ove la cooperazione alla ricostruzione deve essere strettamente connessa all'iniziativa per la tutela dei diritti della persona, e ove l'intervento economico italiano pu� essere indirizzato a sviluppare progetti e infrastrutture. Ovviamente, si deve procedere a definire - tramite accordi bilaterali e nel quadro della cooperazione europea - il contenzioso relativo ai beni dei cittadini italiani costretti ad abbandonare le loro terre di origine dopo la II Guerra Mondiale. 5. La prosecuzione della Conferenza Euromediterranea di Barcellona, relativa alle politiche di sviluppo ed ai rapporti fra l'Unione Europea e i Paesi del Mediterraneo, compresi Siria, Israele e Autorit� palestinese, va finalizzata alla cooperazione politica e allo sviluppo economico. In questa sede dovranno essere messe a fuoco le iniziative rivolte a fornire alternative di sviluppo locali, per evitare flussi migratori eccessivi verso l'Italia e favorire il rientro di tali emigrati. 6. In questo quadro, particolare importanza riveste la prospettiva di sviluppare le relazioni economiche, sociali e culturali con i Paesi dell'America Latina, che sono un partner fondamentale dell'Europa, e nei quali vivono numerose comunit� d'origine italiana che di questa cooperazione possono e debbono essere canale privilegiato. 7. L'Italia � particolarmente interessata alla intensificazione della collaborazione con l'Albania e la Tunisia, che sono le "porte" principali dell'immigrazione clandestina in Italia e che sono legate al nostro Paese da tanti vincoli storici, geografici ed economici. La crescita economica di questi Paesi � essenziale per contenere i flussi migratori verso l'Italia e pu� entrare in sinergia con la crescita del nostro Mezzogiorno. 8. Il Ministero degli Affari Esteri dovr� promuovere, assieme alle Universit� e alle Associazioni professionali, un programma nazionale di formazione europea diretta a preparare i quadri dirigenti, la burocrazia e gli imprenditori alle sfide derivanti dall'applicazione della legislazione europea alle pi� importanti attivit� economiche e sociali. Occorre inoltre recuperare prestigio nazionale nell'ambito delle strutture dirigenti europee nei diversi settori di attivit�, con particolare riferimento agli alti funzionari, anche al fine di rendere possibile il coordinamento e la gestione delle direttive da parte del nostro Paese, spesso sopravanzato dai Paesi meglio organizzati. 9. Le Camere di Commercio dovranno coordinare e potenziare l'accesso degli utenti e delle imprese agli strumenti finanziari della Comunit� quali i fondi per lo sviluppo regionale, per la formazione professionale, per le attivit� sociali, per le strutture delle comunicazioni, fondi strutturali e per l'agricoltura. 10. L'Italia conferma la forte volont� di partecipare all'Unione Monetaria Europea fin dal suo inizio, adottando tutti i provvedimenti a ci� necessari. D'altro canto � necessario far notare con energia ai nostri partner europei l'improponibilit� di una Unione Monetaria che parta senza l'Italia, o peggio limitata soltanto a tre o quattro Paesi. Questo � detto non solo nell'interesse dell'Italia ma in quello complessivo del processo di formazione europea. 93. L'Italia al centro del Mediterraneo ..IL.PROBLEMA...... Per mezzo secolo la politica internazionale italiana non � riuscita a disegnare un ruolo credibile dell'Italia nel bacino del Mediterraneo, nonostante sia evidente che in questa area si giocano gran parte dei destini politici ed economici del nostro Paese. L'Italia pu� rivendicare lo storico ruolo di ponte tra l'Europa e il Terzo Mondo nord-africano e mediorientale, sviluppando un'azione incisiva dal punto di vista politico, socio-economico e culturale. Su questa base � anche possibile contenere il fenomeno della immigrazione extracomunitaria, con una politica di cooperazione che crei sviluppo ed occupazione sia in Italia che nei Paesi del Nord-Africa e dei Balcani da cui si originano i flussi migratori. ..LE PROPOSTE...... 1. Rilanciare la presenza politica e diplomatica in tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, che devono trovare nell'Italia un primo essenziale interlocutore per stabilire rapporti politici ed economici con l'Unione Europea, ruolo questo da confermare anche in sede comunitaria, con precise deleghe da parte degli altri Stati membri. 2. Indirizzare il nostro modello di difesa verso il teatro mediterraneo, in modo da renderlo un efficace strumento di dissuasione nelle aree di crisi e di tutela degli interessi italiani in quest'area di primaria importanza. 3. Approfondire il dialogo culturale con i Paesi islamici e con Israele, in modo da eliminare tutti i pregiudizi che hanno reso finora difficile la reciproca comprensione e il rispetto dei differenti modelli di civilt�, in modo da non lasciare spazio culturale all'integralismo islamico e ad ogni forma di intolleranza etnico-religiosa. 4. Concentrare le energie disponibili per la cooperazione internazionale verso i Paesi del Nord-Africa e verso il neonato Stato palestinese, dalla cui stabilit� e prosperit� dipende gran parte del processo di pace dell'intera regione meridionale. 5. Offrire su base bilaterale e su base europea un contributo efficace alla lotta contro il terrorismo internazionale con particolare riguardo al diritto e alla sicurezza dello Stato di Israele che oggi � particolarmente sottoposto ad una intollerabile minaccia. 94. Politica internazionale a sostegno delle imprese italiane ..IL.PROBLEMA...... Nel mondo cos� come si � configurato dopo il periodo della guerra fredda, l'articolazione delle relazioni internazionali ha messo in evidenza l'importanza della competizione economica tra i diversi sistemi-paese. Caduta l'ideologia e con essa il confronto militare che ne derivava, la relazione tra politica ed economia si � fatta pi� stretta anche sul piano internazionale. Alla diplomazia degli schieramenti subentra la diplomazia degli affari e la promozione degli interessi economici nazionali in un mercato mondiale che si va unificando sotto il segno dell'efficienza e della concorrenza. Gli imprenditori privati, specie di un Paese che affida le proprie fortune economiche alle capacit� di esportazione, non sempre riescono con le loro sole forze ad affermarsi sui mercati esteri e pertanto hanno bisogno del supporto sistematico di una diplomazia preparata e attenta. ..LE PROPOSTE...... 1. Diffondere a tutti i livelli delle amministrazioni pubbliche corsi di formazione alla cultura delle relazioni internazionali, soprattutto nei suoi aspetti commerciali e giuridici, per far conoscere le opportunit� che queste offrono alle nostre imprese. Far conoscere, in particolare, le normative e le strategie degli altri principali Paesi in tema di appalti di forniture pubbliche. 2. ICE (Istituto per il Commercio con l'Estero) e SACE (Sezione speciale per l'Assicurazione del Credito all'Esportazione) devono essere ampiamente riorganizzati amplificando il ruolo di sostegno alle piccole e medie imprese nel loro processo di internazionalizzazione. 3. Far circolare fra gli operatori economici, tramite le reti telematiche e i rapporti periodici a cura delle ambasciate, dell'ICE e della SACE, le informazioni sulla realt� politica ed economica degli altri Paesi, anche di quelli lontani ma inseriti in aree di accelerato sviluppo economico, come � il caso dell'area Asia-Pacifico. 4. Coordinare, conseguentemente, gli spostamenti dei consoli di carriera e degli addetti economici delle ambasciate affinch� le esperienze maturate nei Paesi dell'Unione Europea possano essere utilmente impiegate, secondo una programmazione accurata, nei Paesi dell'Est europeo e dell'Asia, e viceversa. 5. Istituire sportelli attrezzati per gli operatori economici in ogni ambasciata e consolato, particolarmente nei Paesi pi� promettenti per lo sviluppo degli affari. 95. Forze armate e compiti internazionali di pace ..IL.PROBLEMA...... L'internazionalizzazione del ruolo delle Forze Armate ha messo in luce alcune carenze della preparazione militare italiana. La partecipazione al controllo degli accordi di pace richiede una forza militare adeguata. E' finita l'epoca delle garanzie militari esterne, cio� sostanzialmente quella degli Stati Uniti. La presenza americana in Europa � necessaria per garantire l'equilibrio e la pace nel Vecchio Continente, ma non supplisce pi� alle carenze dei singoli Stati quando sono chiamati a svolgere compiti per il mantenimento o la restaurazione della pace. Emerge la necessit� di un sistema di sicurezza che preveda la possibilit� di interventi di pacificazione. La "liberazione" dalla logica bipolare ha, infatti, aperto una fase di crisi che si prolungher� nel tempo, perch� diretta - anche in Europa - alla sistemazione dello scenario post-bellico. Occorre procedere verso una effettiva integrazione militare europea nell'ambito della politica estera e di difesa comune. Il bilancio della Difesa � stato sempre squilibrato a favore delle spese per il personale e correnti. Esso deve essere ripensato in funzione dei nuovi possibili compiti che si prospettano per le Forze Armate nell'ambito della diplomazia multilaterale. ..LE PROPOSTE...... 1. Le Forze Armate mantengono il loro compito fondamentale di difesa del territorio nazionale e di garanzia della pace e della sicurezza degli italiani. Le modalit� dell'espletamento di questa missione devono essere ripensate nel quadro della mutata situazione internazionale e nell'ambito del sistema delle alleanze internazionali del Paese, in particolare nella prospettiva della costituzione di uno strumento di difesa europea integrato. 2. E' essenziale accelerare la professionalizzazione delle Forze Armate, accrescendo la componente volontaria e individuando i compiti probabili cui esse possono dover fare fronte soprattutto in funzione delle missioni multilaterali per il mantenimento o il ristabilimento della pace. Restringere progressivamente il servizio obbligatorio di leva. 3. Impostare un nuovo modello di difesa adeguato alla disponibilit� ormai consolidata nel tempo di 22.000 miliardi, ai valori attuali. 4. La funzione militare deve svolgere un ruolo di addestramento. Cos� intesa essa pu� svolgere un ruolo di formazione alla organizzazione del lavoro e all'uso delle tecnologie pi� avanzate. 5. L'esigenza di rinnovare e di ammodernare lo strumento militare italiano in termini di armamenti e tecnologie pu� costituire uno stimolo diretto all'industria dell'alta tecnologia, con ricadute positive sull'economia civile. 6. Il cosiddetto "nuovo modello di difesa" deve essere inquadrato in questi principi e in funzione delle caratteristiche proprie dell'Italia e dei suoi probabili impegni, privilegiando quindi la mobilit� e il trasporto (Marina), l'efficacia di intervento (Aeronautica), la presenza operativa sul territorio (corpi dell'Esercito ad alta specializzazione). Non si deve dimenticare in questo quadro la necessit� di disporre di servizi di intelligence ad alta professionalit�. 7. Aprire le Forze Armate al servizio femminile per rispondere alle istanze sociali anche nel quadro del diritto alla pari opportunit�. 8. Dare il giusto spazio alle Rappresentanze attraverso una revisione della normativa che le riguarda in modo da esaltare l'importanza della loro funzione di organismi rappresentativi in seno all'istituzione. 9. Riconoscere il diritto all'obiezione di coscienza nel rispetto della Costituzione, delle esigenze di difesa e della responsabilit� dei singoli e delle associazioni che vi operano. Organizzare in modo serio e rigoroso il servizio civile. 10. In relazione al riconoscimento internazionale che gode la Croce Rossa � necessario il potenziamento del relativo corpo militare, riqualificandolo per poter operare in scenari militari. 96. Organizzazioni internazionali .IL.PROBLEMA...... L'adesione dell'Italia ai principi internazionalistici � un dato acquisito, ma le forme concrete di partecipazione hanno lasciato spesso a desiderare. La partecipazione allo sforzo militare della Nato � sempre stato prodotto al minimo livello. La questione del ruolo dell'Italia nell'ambito dell'Onu sta soffrendo da qualche tempo a causa della prospettiva di una sua esclusione dal gruppo dei Paesi permanenti di un riformato Consiglio di Sicurezza. In ambito europeo si � registrata una assenza italiana non solo nelle poche posizioni di vertice, ma soprattutto in quelle intermedie, che svolgono il lavoro di routine essenziale per le direttive della Commissione che vanno ad incidere sulla realt� economica dei Paesi dell'Unione. ..LE PROPOSTE...... 1. Rivedere il ruolo, le funzioni, i compiti relativi alle organizzazioni internazionali, in primo luogo delle Nazioni Unite e delle altre agenzie specializzate delle Nazioni Unite. In questa chiave il ruolo che l'Italia deve assumere potr� essere di maggiore profilo e la sua politica estera pi� autonoma e in qualche caso pi� decisiva in particolari scacchieri. 2. E' necessario insistere perch� nella prossima riforma del Consiglio di Sicurezza venga salvaguardato il ruolo dell'Italia. Non � possibile che ci si limiti ad ampliare i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza senza tenere in debito conto il ruolo dell'Italia. E' invece opportuno che i membri permanenti rimangano quelli storici e si istituisca una nuova categoria di membri semipermanenti, di cui facciano parte Germania, Giappone ed Italia insieme ad alcuni grandi Paesi emergenti (India, Brasile, ecc.). 97. Volontariato internazionale e cooperazione .IL.PROBLEMA...... Il volontariato internazionale si affianca alla diplomazia tradizionale e, sotto alcuni aspetti, alla cooperazione. Ma esso � anche una bandiera nazionale, un'opportunit� per un Paese di essere presente nel mondo. Le aree di intervento sono sempre pi� numerose e possono affiancare la politica estera e commerciale in modo efficace e pi� accettabile per i Paesi destinatari. Il Dipartimento della cooperazione del Ministero degli Esteri � stato sottoposto negli ultimi anni a numerose e spesso giustificate critiche. Pi� che l'interesse nazionale, esso ha servito interessi di parte, disperdendosi in iniziative confuse, lente e a singhiozzo, anche per i continui mutamenti nelle regolamentazioni organizzative e amministrative, causando anche forti delusioni presso i Paesi beneficiari. ..LE PROPOSTE...... 1. Mettere a punto una normativa favorevole allo sviluppo del volontariato internazionale da considerare un fattore di promozione dell'Italia all'estero e di efficace collaborazione alla soluzione di problemi concreti che possono essere rapidamente affrontati senza l'intermediazione delle strutture ufficiali degli Stati. 2. Sostituire la cooperazione a pioggia e da Stato a Stato con una cooperazione selettiva, fondata su politiche di credito agevolato per imprese miste e project financing, nei Paesi in via di sviluppo a medio reddito, nonch� su trasferimenti agli organismi europei ed internazionali e al volontariato per la componente sociale e umanitaria promuovere l'integrazione europea degli interessi umanitari e delle politiche di aiuto dello sviluppo. Nell'aiuto, destinato ai Paesi a basso reddito, si dovranno privilegiare le forme di aiuto in formazione e tecnologie, fermi restando gli aiuti emergenziali immediati e diretti agli strati pi� bisognosi della popolazione. 3. Trasformazione del Dipartimento per la cooperazione del Ministero degli Affari Esteri in un'agenzia governativa autonoma, in grado di coordinare, controllare e snellire le procedure dei progetti di cooperazione proposti dagli enti istituzionali e dalle Organizzazioni non governative. 4. Sburocratizzare la cooperazione esaltando il ruolo del volontariato e delle Organizzazioni non governative, sottoposte a controlli seri e rigorosi ma con procedure snelle e di facile applicazione. 98. Valorizzazione della cultura italiana nel mondo .IL.PROBLEMA...... Nel mondo contemporaneo, gran parte delle capacit� competitive e del peso politico di qualsiasi Paese dipendono anche dall'immagine culturale che esso sa darsi. Al momento occorre purtroppo riconoscere che gli Istituti italiani di cultura operanti nel mondo non riescono a offrire - salvo qualche rara eccezione - un'immagine n� significativa, n� adeguata del nostro Paese. ..LE PROPOSTE...... 1. La funzione fondamentale degli Istituti di cultura italiana, e delle iniziative culturali italiane all'estero, deve far conoscere e valorizzare nelle altre comunit� nazionali il patrimonio culturale, scientifico e artistico del nostro Paese. Deve inoltre metterne in luce la continua creativit�, non soffermandosi solo sulle pur grandi eredit� del passato, ma puntando anche e soprattutto sulle molte novit� emerse nel corso di questo secondo dopoguerra e, soprattutto, emergenti oggi. 2. Per rilanciare gli Istituti di cultura italiana all'estero bisogna operare in tutti e tre questi campi: selezione del personale, potenziamento delle strutture, adozione di forme pi� moderne di organizzazione della trasmissione dei messaggi culturali. 3. In questa opera di "diplomazia culturale" proponiamo che un particolare ruolo di "battistrada" sia riservato al mondo dell'arte, della cultura e dello spettacolo, in tutte le sue varie componenti. 99. Commercio estero .IL.PROBLEMA...... Il futuro dell'Azienda Italia � condizionato dall'insorgere e dal progresso di un duplice fenomeno: - la radicale trasformazione dei processi produttivi e distributivi; - la reperibilit� di uno spazio economico globale a seguito della nascita dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). La presa di coscienza della nuova realt� produce conseguenze: - in primo luogo all'interno ed all'esterno dell'impresa; - in secondo luogo nei rapporti tra ordinamento giuridico e cittadini, produttori, consumatori ed utilizzatori di beni e servizi; - in terzo luogo nel riscontro della funzione che lo Stato assume rispetto all'economia. Da tale quadro ne consegue: - un'interdipendenza sempre pi� stretta tra economia internazionale ed economia interna tendenti ad articolarsi in un unico sistema; - la nascita di un nuovo modello concorrenziale che si impone sia alle imprese che alla macchina amministrativa dello Stato; - una revisione ed approfondimento del settore specifico che rientra nelle funzioni del Ministero del Commercio con l'Estero. ..LE PROPOSTE...... 1. Superare la pratica degli interventi non coordinati che ha fatto il suo tempo e che corrisponde alle superate logiche della territorialit� e della segmentazione. 2. Passare dagli aiuti in ordine sparso alla formazione, all'informazione mirata ed all'identificazione di progetti su cui concentrare una strategia globale, in tono con l'evoluzione del quadro mondiale. 3. ICE (Istituto per il Commercio con l'Estero) e SACE (Sezione speciale per l'Assicurazione del Credito all'Esportazione) devono essere ampiamente riorganizzati, ridisegnando la gestione e amplificando il sostegno alla piccola e media impresa nel suo processo di internazionalizzazione. 4. Diventa inoltre improrogabile una riforma della SACE che assicuri nuove regole distinguendo tra rischio politico, laddove l'intervento dello Stato rimane indispensabile, e rischio commerciale che pu� essere anche coperto alternativamente attraverso il ricorso al mercato privato. 5. Infine occorrer� razionalizzare il rapporto tra i diversi enti che operano all'estero. A tal fine sar� utile iniziare ad operare insieme in alcune aree con un approccio unitario sotto un profilo promozionale, finanziario, assicurativo e di stimolo all'aggregazione (joint-ventures, trasferimento di tecnologie, cooperazione industriale, ecc.). 100. Immigrazione .IL.PROBLEMA...... In Italia il problema dell'immigrazione � stato affrontato in modo frammentario. La legislazione italiana in materia � abbastanza recente ed � intervenuta per disciplinare una situazione che ormai aveva i caratteri dell'emergenza. In alcune Regioni italiane, infatti, il fenomeno � esploso improvvisamente. Di conseguenza, la mancanza di idonee strutture organizzative ha fatto s� che si acuissero sempre di pi� i problemi dell'integrazione e della convivenza con i cittadini, in particolar modo nelle grandi aree metropolitane. Una seria politica per l'immigrazione deve far propria la logica dell'accoglienza regolarizzata: non possiamo far entrare nel nostro Paese pi� immigrati di quanti non ne possiamo accogliere, senza garantire loro un lavoro e prospettive di vita decorose. ..LE PROPOSTE...... 1. Ridefinire la normativa relativa alla programmazione dei flussi migratori prevedendo, nella fase di definizione degli stessi, la consultazione delle categorie produttive. 2. Adeguare la normativa italiana in materia di ingresso e soggiorno degli extracomunitari agli accordi europei di Schengeen e rispettare le convenzioni internazionali. 3. Aumentare i controlli per combattere l'attivit� delle organizzazioni che agevolano l'immigrazione clandestina e il lavoro nero. 4. Fissare delle chiare regole che, nel rispetto dei principi del diritto, disciplinino l'espulsione degli extracomunitari che entrano illegalmente in Italia. 5. Attuare una coerente e responsabile politica dell'accoglienza che non pu� essere lasciata alla discrezionalit� degli Enti locali. 6. Prevedere misure che facilitino l'integrazione degli extracomunitari e incentivare i corsi di lingua italiana e di avviamento al lavoro. 7. Mantenere chiara la differenza tra rifugiati politici e immigrati. 8. Potenziare la nostra rete diplomatica all'estero, che deve compiere una prima indispensabile opera di filtro rispetto ai flussi migratori provenienti dai paesi del Terzo Mondo, in modo che si compongano, fin dal loro sorgere, sulla base di una sufficiente preparazione ad affrontare la vita e la cultura del Paese di accoglienza. 9. Prevedere un punto di coordinamento della politica dell'immigrazione nella struttura del Governo nazionale e in sede locale, utilizzando in modo pi� efficace le strutture esistenti. Finito di stampare nel mese di marzo 1996 presso il Centro Grafico Linate Via XXV Aprile, 5 (S. Donato Milanese) Committente responsabile: On. Domenico Lo Jucco, Amministratore del Movimento politico "Forza Italia" | ||||||||||||||||||||||||
............don Sturzo la pensava cos� | ||||||||||||||||||||||||
Perch� Sturzo era antistatalista L�influsso di Leone XIII. Nel 1897, a 26 anni, Don Sturzo fond� �La Croce di Costantino�, il giornale cattolico di Caltagirone che aveva come obiettivo la crescita morale e materiale dei pi� deboli, ossia della maggioranza della popolazione di quell�epoca. Sulla testata del giornale era impressa la seguente riflessione di Leone XIII: �Non si pu� negare l�esistenza di un movimento democratico universale, che sar� � secondo lo zelo che noi impiegheremo � socialista o cristiano.� Rivolgendosi ai cattolici, Leone XIII si preoccupava che le nascenti democrazie � dopo secoli di governi autocratici e aristocratici � non fossero dominate dal socialismo. La RERUM NOVARUM del 1891 fu la risposta al messaggio rivoluzionario di Marx, che istigava all�odio di classe e che dava un ruolo dominante allo Stato. Questo doveva essere il vero centro del sistema, con la persona umana in posizione subalterna, confusa nella massa indistinta. Leone XIII, invece, auspicava che la rivoluzione della democrazia fosse guidata e gestita da forze politiche, che si ispirassero ai valori cristiani. Questi, se testimoniati e applicati bene, avrebbero potuto garantire l�armonia fra le classi, sino a creare nel tempo una classe sola, perch� Dio non ha creato gli esseri umani per dividerli in classi. I valori cristiani pongono la persona in posizione preminente, al centro del sistema, con lo Stato al servizio del cittadino e non viceversa. Pertanto, l�antistatalismo di Don Sturzo ha origine innanzitutto da motivazioni di carattere morale: lo Stato al centro del sistema � una mostruosit� immorale, perch� umilia la dignit� dell�uomo, creato per essere protagonista e libero, soggetto soltanto alla propria coscienza e non ai diktat di uno Stato tuttofare. E� dalla immoralit� della violazione di una legge naturale (l�uomo prima di tutto) che poi discendono conseguenze negative di tipo politico, economico e sociale. La sintetica e incisiva espressione di Leone XIII in difesa e promozione dell�iniziativa privata e quindi della propriet� privata (TUTTI PROPRIETARI NON TUTTI PROLETARI), rimase impressa nella mente di Don Sturzo, che ag� con soltanto 5 parole, che abbattevano d�un colpo il monumentale impianto dottrinale di Marx. Fu Luigi Sturzo, in piena sintonia di pensiero con Luigi Einauidi, a coniare negli anni �50 la parola �statalismo�, che voleva dire �degenerazione dello stato�. Per lui lo statalismo era la prima �malabestia�, che avrebbe poi nutrito le altre due �malebestie�: la partitocrazia e lo sperpero del denaro pubblico. �L�errore fondamentale dello statalismo� scriveva Don Sturzo � � quello di affidare allo stato attivit� a scopo produttivo, connesse ad un vincolismo economico che soffoca la libert� dell�iniziativa privata. Trasferire il capitale privato allo stato e farlo operare nei larghi settori dell�industria porta danno al Paese, alla sua economia e alla stessa operaia (��.) Lo statalismo fa la parte del riccio, entra nel buco con le spine abbassate e poi le va alzando via via per farsi quanto pi� largo possibile.� Lo Stato arbitro e giocatore. Pertanto, sin dalla sua giovent� � grazie all�influsso di Leone XIII � Don Sturzo aveva ben chiaro il seguente principio-guida: non si pu� favorire lo sviluppo di una societ� civile, se a prevalere � lo stato panteista , lo stato factotum, lo stato tanto sottilmente manipolatore delle menti dei suoi sudditi che pone a parole molta pi� enfasi sui diritti anzich� sui doveri. Propaganda soprattutto il diritto di stare bene anzich� il dovere di darsi da fare per stare bene. In sintesi, lo stato panteista dice ai suoi sudditi: fidatevi di me, ci penso io a farvi stare bene, perch� io sono arbitro e giocatore, giudice e parte in causa, impegnato sia a regolare il traffico che a �fare traffico�. Questo messaggio suadente � quanto di pi� diseducante si possa immaginare per la persona umana, che � invece chiamata a vivere responsabilmente, cio� a fare buon uso del bene pi� prezioso che dispone: la libert�. Buon uso, perch� nel concetto di libert� � implicita la pi� pericolosa delle libert�: la libert� di sbagliare. Libert� pericolosa, ma necessaria al dispiegarsi del processo dialettico del bene e del male di cui � fatta (e continuer� sempre ad essere fatta) la storia dell�umanit�. Infatti, se l�uomo non avesse anche la libert� di sbagliare, non sarebbe veramente libero e le sue scelte responsabili non avrebbero valore n� merito. I valori fondamentali dei �Liberi e Forti�. Ebbene, logica, buon senso e oramai anche l�esperienza storica ci dicono che non � possibile educare le persone all�uso responsabile della libert�, se nella societ� manca il consenso sulla validit� di alcuni valori fondamentali, indispensabili per creare un popolo di �liberi e forti�. Elenco una serie di convinzioni di Don Sturzo dalle quali emergono questi valori comuni: A) un sistema democratico diventa forte e stabile soltanto se alla democrazia politica si affianca una diffusa democrazia economica; B) la democrazia economica � tanto pi� diffusa quanto pi� � diffuso il diritto di propriet� privata che � un diritto naturale dell�uomo e in quanto tale non pu� essere ostacolato, ma semmai favorito in tutti i modi da chi governa ( da ci� discende che la dottrina marxista � contro l�uomo perch� � contro natura); C) propriet� privata non significa soltanto possedere un pezzo di terra o la casa d�abitazione o beni di consumo durevoli, ma significa anche partecipare direttamente o indirettamente alla propriet� dei mezzi di produzione dell�economia; il che vuol dire essere tutti coinvolti e cointeressati alla salute dell�economia; D) per promuovere nei fatti e non a parole l�iniziativa privata (e quindi la propriet� privata) � necessario valorizzare la cultura del rischio produttivo, cultura ben diversa da quella del rischio puramente speculativo o delle scommesse; E) valorizzare la cultura del rischio produttivo significa innanzitutto dare prestigio sociale a chi ha la capacit� di creare ricchezza per s� e per gli altri, ossia a chi ha la capacit� di fare impresa e di saper rischiare; F) dare prestigio sociale all�imprenditore (e non discredito sociale come spesso � avvenuto in Italia) significa diffondere una moderna cultura del profitto, che non va demonizzato, perch� dalla sua esistenza dipende la salute di tutto il sistema economico; G) non pu� esistere una buona cultura del profitto, se non � curata la cultura della trasparenza che a sua volta esige un sistema fiscale intelligente, capace di stimolare la trasparenza. A proposito di fisco, � importante ricordare che Leone XIII, nel lontano 1981, esprimeva questo profetico concetto nella RERUM NOVARUM: �L�inviolabilit� del diritto di propriet� � indispensabile per la soluzione pratica ed efficace della questione operaia. Pertanto le leggi devono favorire questo diritto e fare in modo che cresca il pi� possibile il numero dei proprietari. Di qui risulterebbero grandi vantaggi: in primo piano una pi� equa ripartizione della ricchezza nazionale. (�.) Si avverta peraltro che tali vantaggi dipendono da questa condizione: che la propriet� privata non venga stremata da imposte eccessive. Il diritto della propriet� privata, derivando non da legge umana, ma da quella naturale, lo stato non pu� annientarlo, ma solamente temperarne l�uso ed armonizzarlo con il bene comune, ed � ingiustizia ed inumanit� esigere dai privati, sotto nome di imposte, pi� del dovuto�. Questo ammonimento veniva pronunciato quando una piccola minoranza di italiani pagava le imposte, perch� tutti gli altri erano cos� poveri da non avere un reddito imponibile per il fisco. Eppure il Papa gi� prevedeva la diffusione del benessere e metteva in guardia dal fisco rapace, figlio legittimo dello statalismo. Valori cristiani e liberali E� opportuno riassumere i valori fondamentali di una societ� civile e responsabile, con la persona � e non lo stato al centro del sistema: a) la democrazia politica deve essere affiancata da una diffusa democrazia economica: � il valore del capitalismo popolare o partecipativo; b) ci� richiede una larga diffusione del diritto di propriet�: � il valore della propriet� privata; c) per diventare proprietari c�� bisogno di grande capacit� di iniziativa: � il valore dell�iniziativa privata; d) non si pu� avere iniziativa, se non si coltiva la cultura del rischio: � il valore del rischio che educa e rende responsabili; e) iniziativa e rischio vanno giustamente remunerati, se producono benessere diffuso: � il valore economico del profitto; f) l�imprenditore merita rispetto e prestigio sociale come principale creatore di ricchezza e di occupazione :� il valore sociale dell�impresa; g) il profitto viene ben coltivato laddove � valorizzata la trasparenza, anche in virt� di un sistema fiscale giusto, non oppressivo: � il valore civile della trasparenza. Ovviamente a questi valori va aggiunto il valore pi� importante che � il valore della moralit�, senza del quale tutti gli altri valori sono incapaci di creare l�utile sociale, che � il conseguimento del bene comune, concetto ben diverso dal bene comunista, bene che nella realt� non � mai esistito, n� esister� mai. | ||||||||||||||||||||||||
.........per confrontarci ci siamo dati una scadenza | ||||||||||||||||||||||||
Incontri settimanali di dibattito sui temi di attualit� | un modo per conoscerci e per confrontare le nostre idee ogni marted� dalle 18:00 alle 20:00 in viale Monza, 137 (MM1 Turro) Marted� 27 - Kosovo "Conflitto militare e conflitto istituzionale: ruolo e responsabilit� dell'Europa nella NATO" (Breve relazione dell'incontro) Marted� 4 - Presidenza della Repubblica "Un altro Scalfaro? Io non ci sto!" (Breve relazione dell'incontro) Marted� 11 - Immigrazione "Accoglienza s�, buonismo no" (Breve relazione dell'incontro) Marted� 18 - Il massacro di piazza Tiananmen "Studenti per la libert�: dieci anni dopo" Marted� 25 - Unione Europea "Vincolo o libert� ?" Marted� 1 - Riforme istituzionali "Adesso che c'� Ciampi, ripartir� la Bicamerale ?"
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